domenica 10 febbraio 2013

AGATHA CHRISTIE DOCET

Ho cambiato scompartimento perché volevo stare sola. Ho detto ai due momentanei compagni di viaggio, un ragazzo e una donna con un ingombrante mazzo di fiori, che avevo sbagliato carrozza. 
Dopo una prima mezz’ora di beata solitudine, entrano nel mio nuovo scompartimento due persone. Un uomo e una donna sulla settantina, vestiti con cura e dalle buone maniere. Parlano insieme ma devono essersi conosciuti da poco. Chiaccherano di nipoti. L’uomo si scusa, si sente in dovere di farlo, confessando di sedere in un posto diverso da quello assegnato. Forse lei è lusingata: quel distinto uomo maturo avrà voluto sedersi insieme a lei e proseguire la conversazione iniziata sulla banchina. 
Ma no. Lui chiarisce. Di là, dice, nel mio scompartimento c’era un extracomunitario, e dormiva. E magari non avrà nemmeno pagato il biglietto, rincara la donna. E io taccio. 
Lui stringe tra le mani un libro di Tettamanzi, lei una spessa rivista enigmistica cui si dedica solerte con matita e gomma. Io guardo fuori dal finestrino. 

In un parcheggio da basso, il treno è fermo su un ponte, un uomo fa giocare il cane roteando una corda nell’aria per farlo saltare. 

verso Genova 2008 

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