domenica 27 dicembre 2015

AZIONISTI E INVESTITORI SI ALLONTANANO DAI COMBUSTIBILI FOSSILI

Leggevo un articolo sul fenomeno dell'allontanamento crescente, a livello mondiale, dai combustibili fossili da parte degli investitori che iniziano a fare il giro largo dalle aziende che li utilizzano quasi esclusivamente o li estraggono. Quasi in chiusura ho trovato una frase che mi ha colpito perché è la risposta sintetica e chiara a una domanda che mi sono posta più volte. Una risposta cui ero già giunta ma il vederla stampata così, senza pudore, come considerazione ovvia, è stato una conferma di cui avrei fatto volentieri a meno.

È un’illusione che il denaro tolto al nostro obsoleto sistema energetico venga rivolto all'innovazione e all'alternativa pulita nel medesimo settore. Il denaro in questione andrebbe ad altri settori azionari da migliaia di miliardi, come l’informatica e l’immobiliare (non nel senso della TRI - terza rivoluzione industriale-, purtroppo), in quanto le “infrastrutture di investimento” dell’industria delle rinnovabili non sono ancora abbastanza robuste per accogliere ampi flussi di capitale, soprattutto provenienti da grandi investitori istituzionali, e il mercato dei green bond è ancora nella sua fase infantile.

E io che cercavo di capire come mai non si spostassero tali risorse da qui a là, visto che in termini economici, di posti di lavoro, e crescita, ci sarebbe solo da guadagnare.


È semplicemente troppo presto per una tale operazione, prendiamocela comoda, aspettiamo che l’eccitazione aumenti!

LA CORONCINA DELLA DIVINA MISERICODIA

Dedicata a Santa Faustina Kowalska, con un messaggio speciale di Papa Francesco, la coroncina della Divina Misericordia, è un rosario elettronico in vendita a euro 59,90, batterie incluse, spedizione veloce, diritto di recesso.

Ho visto il lunghissimo spot alcuni giorni fa per la prima volta e sono rimasta allibita.

Certo, siamo nell'era delle tecnologie, dell’e-commerce, e dei devices, ma ho trovato la cosa inquietante.

Radio3 Suite

Il 24 dicembre poco dopo le nove di sera, da poco terminato di lavorare, ho guidato nella notte verso casa di mia madre. Non c’era nessuno per le strade. La radio, sempre su 99.90, con la splendida programmazione di Radio3 Suite, mi ha accompagnato. Grazie per questo e per tutti gli altri momenti in cui i programmi del vostro palinsesto non solo hanno attenuato la sensazione di essere sola ma l’hanno trasformata in occasione creativa e di riflessione.

p.s. Sì, nonostante quanto scrivo, ho un auto. L’ho rimessa in strada, dopo sei anni di parcheggio in campagna, in funzione di un lavoro che si è rivelato poi una fregatura. Ormai ho pagato l’assicurazione per un anno: la userò ma con parsimonia. Giusto per evitare la pioggia scrosciante in moto o se dovrò trasportare qualcosa.


Il verbo scrosciare mi fa venire in mente uno verso molto bello di Paolo Conte: … la musica scroscia come un grande applauso… E visto che la pioggia scarseggia da un po’, mi viene in mente una frase di un vecchio articolo di Ceronetti: … si tocca con la lingua la siccità che avanza

IL CORAGGIO E LA VERGOGNA

Sto pensando a quanti restano nella propria intransigenza nei confronti dei musulmani. 
Perché se è vero, dicono, che i terroristi sono una minoranza esigua e, a quanto pare, cresciuta nel mondo occidentale, perché i musulmani buoni con coraggio non li denunciano? Non si dissociano e li isolano?

Il riconoscimento, la denuncia, la vergogna.
Questi tre punti.
Che, umanamente, riguardano ognuno di noi.

Quanto è difficile riconoscere il “peccatore” (intendendo colui che procura male)?
Quasi sempre egli simula così bene da non suscitare sospetto. E quando anche qualche segno ci metta in allarme, quanto è arduo ammettere che nostro padre, nostro figlio, nostra sorella possano essere dei mostri? Le violenze domestiche, la pedofilia, e altre analoghe nefandezze, insegnano.
E quando capiamo, quando scopriamo, quante volte tratteniamo in noi e taciamo? Prima non vogliamo credere, poi dubitiamo di aver esagerato e preferiamo convincere noi stessi che forse non è così grave come sembra. Se, invece, non possiamo negare l’evidenza, abbiamo paura che si venga a sapere, temiamo il giudizio, ci vergogniamo, ci chiediamo ossessivamente quali potrebbero essere le ripercussioni sociali e quasi sempre optiamo per il silenzio. Talvolta lo imponiamo anche a chi ci è vicino costringendolo a una complicità involontaria. E non stiamo bene. proprio per niente.

Chi, onestamente, può affermare di non aver vissuto qualcosa di simile, o di non conoscere nessuno che l’abbia vissuto? Un’omertà non necessariamente mafiosa, generata dal timore e dalla sensazione di isolamento e impotenza.
La gravità resta ma cerchiamo di comprendere le difficoltà umane e reagiamo con l’aiuto e non con la condanna.
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Nel 2015  c’è stata una media di due attentati all'ora, di cui più dell’80% nel Sud del mondo. E la gran parte contro etnie musulmane.

sabato 26 dicembre 2015

GIULIO PISCITELLI - FOTO DEI MIGRANTI

Le foto di Giulio Piscitelli sui migranti e sulle nuove città. Da vedere. La rappresentazione precisa di ciò che visualizzavo ogni volta che ne ho scritto.

http://giuliopiscitelli.viewbook.com/from-there-to-here

Dedicate per favore un'ora del vostro tempo a guardarle. A vedere.

lunedì 14 dicembre 2015

#COP21 seconda parte

L’hanno partorito. Dopo un travaglio di vent’anni, ce l’hanno fatta. L’hanno partorito e ha un gran bel faccino che commuove ma è corrotto da una qualche tara mortifera. Si vede.

Me lo sono letto il documento finale della #COP21.
Certo, sarebbe potuta andare molto peggio visti i precedenti quindi è andata bene. Una lunga sfilza di ammissioni riguardo la gravità del problema e la promessa di un sincero impegno da parte di tutti, senza esclusione, a risolverlo. Il tutto condito con l’impegno a dare una mano economica ai Paesi in via di sviluppo, peraltro i più esposti (per ora) ai danni procurati dal cambiamento climatico in atto. Bene, un gran bel punto di partenza ma, ragazzi, guardate che questo doveva essere un punto d’arrivo. Vi dovevate incontrare per mettere dei paletti e anche ben piantati.

Perciò, in soldoni, solo di promesse si tratta: nessuna Carbon tax, non esiste una data per l’azzeramento delle emissioni, i controlli consisteranno in un’autocertificazione degli Stati su quanto succede a casa loro.
Praticamente, ogni cinque anni, ci si incontrerà e ci si racconterà cosa si è fatto, promettendo di fare meglio per il quinquennio seguente. Stop. Non c’è altro.
E ciò che si sarà fatto sarà stato su base volontaria, in quanto non esiste alcuna regolamentazione vincolante o sanzione in assenza di ottemperanza.

Per finire, l'accordo entrerà in vigore nel 2020 a seguito di ratificazione di almeno 55 Stati che rappresentino il 55% delle emissioni globali. C’è l’invito a provvedere alla sottoscrizione, chi vuole, durante la cerimonia di apertura alla firma convocata per il 22 aprile 2016 a New York, a disposizione fino al 21 aprile 2017.

#COP21

Scrivevo quanto segue circa una settimana fa.

L’obiettivo della #COP21 preannunciano sarà universale e vincolante. Molto bene. Però a partire eventualmente dal 2020. Perché? Dal momento che si concorda sulla necessità di raggiungere la neutralità carbonica entro la fine del secolo sennò fine del film, perché non da domani?
Le grandi aziende iniziano a dichiarare pubblicamente ciò che sanno da un pezzo: il cambiamento climatico in atto potrebbe compromettere i loro affari (il fenomeno del Land grabbing insegna). E le assicurazioni chiedono che i 100 miliardi all’anno, da dedicare a progetti finalizzati alla trasformazione dei metodi di approvvigionamento energetico, vadano in buona parte a finanziare l’istallazione di stazioni meteo, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, in modo da permettere di creare modelli precisi di previsione e poter così determinare al meglio polizze e premi, in particolare laddove c’è ancora terreno vergine. Rischi calcolati significano guadagni. Si temono inoltre disinvestimenti azionari nei confronti di aziende che sfruttano o producano combustibili fossili.  Insomma l’incognita del cambiamento climatico deve smettere di essere tale perché una volta sotto controllo, nel senso di prevedibile a prescindere dagli scenari, può far guadagnare! Quindi almeno sul fatto che il problema esista, forse, finalmente non si deve più discutere.
Inoltre sappiamo che i migranti e gli sfollati per cause ambientali sono stati ben più di 150 milioni negli ultimi sei anni. Quelli generati dalle guerre, sono tre volte di meno. Peccato che le stesse (deliri di onnipotenza a parte) siano tristi conseguenze di conflitti legati agli stravolgimenti ambientali, alla corsa all’accaparramento delle risorse da parte di chi può farlo, e alla diaspora di disperati. Quindi la cifra sale e le cause sono le stesse. Pensiamo alla siccità che ha colpito la Siria nei quattro anni fino al 2010 rendendola deserta al 60%: un po’ di peso la cosa l’avrà avuto. Ai contenziosi legati ai fiumi e all’erezione di dighe (Nilo, Eufrate, Mekong, …). Al conflitto israelo-palestinese. Insomma una marea di Paesi crollerà in ginocchio e altri ne approfitteranno. Per quanto a lungo dipenderà dalla latitudine.
Eppure a questi profughi la Convenzione di Ginevra non riconosce lo stato di rifugiati. O scappano da una guerra o sono persone che migrano volontariamente per fini economici. Non sono contemplate altre opzioni. Si nega l’evidenza, anzi l’esistenza stessa di un’intera categoria umana. In pratica, un genocidio. Solo perpetrato non da un dittatore folle ma da un élite finanziaria e politica, anzi da una congrega, sostenuta da una moltitudine di accoliti, per lo più tanto avidi quanto ignoranti.
In un contagio progressivo che arriva fino a ognuno di noi.

Eppure c'è ancora chi taccia di frivolezza coloro che si preoccupano dei problemi ambientali, come se fosse o una moda da intellettuali o una fissazione di persone rese paranoiche da una cattiva informazione, insomma una preoccupazione marginale rispetto ai problemi veri.

9 dicembre 2015


domenica 13 dicembre 2015

#GENTRIFICAZIONE



È curioso come un termine possa travolgerti da un giorno all'altro comparendo compulsivamente in articoli, inchieste, dibattiti, e programmi culturali, dalla cucina all'architettura. È come se a un certo punto si svegliassero tutti insieme e contemporaneamente vedessero la stessa cosa. Nello specifico l’esito di un processo. Ma i processi, per definizione, comportano un tempo. Possibile che nel mentre si svolgono nessuno se ne accorga? Che nessuno, notando un cambiamento in atto, senta l’impulso di analizzare, di capire, di parlarne? A quanto pare, a parte singoli individui e qualche inascoltato comitato di quartiere, no. Quale manifestazione immanente, di punto in bianco, ora abbiamo la gentrificazione. E i media iniziano a parlarne. I vecchi e scalcinati centri storici delle grandi città nel mondo, abitati sino a ieri per lo più da una classe lavoratrice operaia, ora rimessi a nuovo o in fase di ristrutturazione e rinnovamento, in alcuni casi, non nego, gradevole, sono ora meta residenziale della nuova middle class impiegata principalmente in attività imprenditoriali affaristiche e finanziarie, e amante di quel cocktail di svago, cultura, eleganza, zone verdi e vetrine chic, che ne rispecchia al meglio l’anima ottimista. Le conseguenze sociali di tale processo, dovute alle impennate dei prezzi immobiliari e commerciali, fanno parte degli effetti collaterali inevitabili di un sedicente e illusorio progresso che in realtà evidenzia quello che sarà il futuro: nuclei protetti e funzionali e tutto il resto fuori.

lunedì 7 dicembre 2015

TORNA #PAGINA99

Vorrei segnalare con grande gioia la ricomparsa in edicola di #Pagina99 .
In particolare rimando alla lettura dell’editoriale che dalla prima pagina prosegue a pagina 12 del numero del 21-27 novembre: una dichiarazione d’intenti che mi ha intimamente commosso perché è ciò che ho nel cuore sin da quando ero bambina. Ne riporto la parte conclusiva perché ritengo sia il manifesto programmatico ideale per chiunque voglia dedicarsi alla vera informazione assumendosi una responsabilità personale nei confronti del mondo che è e che sarà.

“…
Il compito per noi giornalisti è resistere alla pressione di raccontare una realtà tagliata con l’accetta in ghetti comunitari e ideologici. La nostra è una società complessa, meticcia, scossa da continue contaminazioni. Ed è questa complessità che sarà oggetto dell’indagine di Pagina99, senza le autocensure di chi per quieto vivere (o per una malintesa accezione del rispetto per l’altro) finisce col mozzare pensieri e parole.
La nostra bussola indica una rotta precisa: non ci rassegniamo al declino culturale, economico e sociale del Paese, non accettiamo le vecchie ricette sbagliate, non tolleriamo il peso crescente delle nuove disuguaglianze. Andremo quindi in ricerca dei vecchi e nuovi nodi da sciogliere e dei segnali di innovazione da coltivare, dentro e oltre le nostre frontiere. Siamo internazionalisti per necessità, oltre che per vocazione. I tragici fatti di questi giorni [attentati di Parigi ndr] confermano che l’indagine giornalistica deve superare l’anacronistica distinzione tra interni ed esteri per capire i fenomeni. Non vogliamo né possiamo interpretare l’Italia [o qualsiasi altro Paese ndr] come un universo autarchico.
Racconteremo la realtà usando il filtro dell’economia. E cercheremo nelle pulsioni culturali il possibile acceleratore dei processi di cambiamento. Non ci occuperemo di politica come ininterrotto chiacchiericcio attorno al potere, ma di politiche. Spingeremo la nostra curiosità nella zona grigia tra potere economico e potere politico, per monitorare le dinamiche reali che la governano: per questo ci è parso necessario mettere subito sotto la lente, tanto più dopo l’attacco a Parigi, l’opaca galassia di quei sovrani d’Oriente che scorrazzano nei mercati. Indagheremo su lobby e privilegi, e in generale su tutti quei fattori che premiano l’economia della rendita, bloccano la mobilità sociale, e fanno dell’Italia [e del mondo ndr ] un Paese sempre più asfittico.
Ma un giornale, com’è noto, non si racconta: si fa. Cominciamo da questo numero, provando nel nostro piccolo a contribuire al domani. Con l’ambizione di fare il giornale che ci vuole.”
Luigi Spinola – Roberta Carlini

Non avrei saputo dirlo meglio. Ho sottolineato le affermazioni che mi appartengono in quanto in esse da sempre mi riconosco.

Grazie a tutti coloro che danno vita a Pagina99.

1 dicembre 2015

I FIGLI DEGLI ALTRI

Non riesco più a starci dietro.  Alle coalizioni anti Isis. E, forse, non vale la pena continuare a sprecare energia in tal senso. Solo mi chiedo: la Francia da una parte bombarda per rappresaglia la Siria contro i sunniti dell'Isis e dall'altra diventa interlocutore corteggiato dall'Arabia saudita, ora che gli Usa “fraternizzano” con l’Iran? Arabia saudita le cui posizione e responsabilità riguardo all'Isis sono quanto meno nebulose. Forniture di petrolio a parte, l’ideologia dell'ISIS infatti ricalca l’ideologia wahabita della monarchia saudita in quasi ogni aspetto anche se il mancato riconoscimento della suddetta monarchia come guida legittima del mondo islamico rende l'ISIS una minaccia per l’Arabia saudita, non fosse altro per l’immagine che ne deriva al cospetto delle potenze occidentali. Noi stessi italiani, attraverso molti dei nostri illustri imprenditori stiamo facendo ingenti accordi economici con gli emiri perché gli affari sono affari, in barba alla lunga lista di fatawa antidemocratiche e al non rispetto dei diritti umani degni appunto del peggior integralismo. Insomma da che parte stiamo?
Senza contare il fatto che al Califfato non sembra vero questo bombardamento che sospende il lavoro di partizione della Siria, cui si cercava di mettere mano da parte dei principali poteri internazionali attraverso un estenuante lavoro di negoziati. Si tratta di una questione di potere, si tratta della volontà di restaurare finalmente un immenso Stato sunnita, utilizzando ogni mezzo, plagiando e indottrinando giovani che diventano kamikaze inconsapevoli del pragmatismo che permea le decisioni dei vertici dell'IS. Letteralmente carne da macello.

Ma qui mi fermo, perché ciò che voglio dire è semplicemente che la vera informazione è un lusso che presuppone, oltre a interesse e curiosità, tanto tanto tempo.  Alle nuove generazioni questo viene ingolfato e pertanto viene precluso il diritto a sapere, vengono negati gli strumenti per orientarsi e sviluppare un senso critico. Le si ottunde con il proliferare dei devices (ammennicoli tecnologici) persuadendole di avere a portata di mano tutto quanto serve, privandole  invece criminalmente della possibilità di sviluppare una visione d’insieme, dall'alto.
Io non ho figli ma mi stanno a cuore i figli degli altri. La mia amica Katia mi dice di essere ottimista: “Non la generazione di mio figlio, che ha 18 anni e subisce ancora l’influenza della nostra, ma quella successiva vivrà in integrazione, perché è un processo inevitabile e funzionale alla sopravvivenza. Per mio nipote, quando sarà adulto, sarà normale relazionarsi al prossimo in base ai meriti e alle qualità di questi anziché secondo l’etnia.” Mi viene in mente una vignetta che ho visto poco tempo fa. Un adulto chiede a una bambina: ”Ci sono extracomunitari nella tua scuola?” e lei risponde un po’ stupita della domanda: ”Veramente nella mia scuola ci sono solo bambini”.

E il discorso non riguarda solo il problema dell’integrazione ma tutti gli aspetti della vita su questo mondo pianeta. La mia visione in linea di principio è analoga a quella della mia amica, soltanto temo che questa futura umanità vivrà in uno spazio molto più stretto e esponenzialmente meno ospitale, in cui le risorse saranno sempre più concentrate nelle mani di pochi a discapito di una moltitudine che dovrà arrangiarsi e rifuggire la bestialità della lotta tra disperati solo grazie a una fede assoluta in quei valori che trasformano nella difficoltà un nemico in compagno.
I compagni di merenda delle conferenze sul clima e gli accordi economici transnazionali insegnano.


Siamo nel terzo millennio e di fronte a un bivio epocale della nostra storia di esseri umani. E ho la netta impressione che si stia imboccando la direzione sbagliata. Sulla spinta di coloro cui ciò torna comodo, nella loro sete malata di potere, e di una folla  sterminata che procede acriticamente perché vittima di un’indotta incapacità di vedere.

novembre 2015


(tutti i diritti riservati)