giovedì 31 ottobre 2013

VENEZUELA E SAN PIETROBURGO

In Venezuela è in atto una recessione. Manifestazioni, malessere, e violenza. Il 3 settembre di quest’anno un black out ha lasciato al buio metà Paese. Il ministro delle finanze dichiara che, a questo punto, sono necessari crescita e indipendenza dalle importazioni.
Cambiano avvenimenti e circostanze ma la storia vale per un gran bel numero di Paesi.

Intanto al vertice di San Pietroburgo si va in direzione ostinata e contraria ma non nel senso che tali aggettivi accoppiati vengono a significare da quando un nostro poeta li ha cantati. 
Ogni incontro al vertice è in nome dell’abbattimento del protezionismo e in favore della sottoscrizione di accordi commerciali multilaterali, aree di libero commercio (FTA), e accordi commerciali preferenziali (PTA). Nonostante, soprattutto riguardo ai PTA, gli economisti si dividano tra coloro che ritengono tali accordi di ostacolo alla realizzazione di un libero scambio globale (in quanto rivolte solo ai Paesi aderenti e a discapito di chi ne è fuori) e coloro che li considerano un passaggio necessario per raggiungere l’obiettivo (potete trovare approfondimenti a cura di Paul R. Krugman, Maurice Obstfeld, Giorgio Basevi, Giacomo Calzolari, Gianmarco Ottaviano, Giuseppe Celi, e molti altri), il risultato per le terre e i popoli resta invariato.

In ordine sparso, per chi aderisce: obbligo di importazioni, si è costretti a comprare ciò che si potrebbe produrre, (e spesso lo si deve comprare non dal produttore più efficiente e a scapito della tutela e sicurezza dei lavoratori nel Paese esportatore), obbligo di produrre ciò che il mercato chiede anche a prescindere dalle proprie peculiarità oggettive, stravolgimento di agricolture locali (coltivazione di specie non indigene, monocolture intensive,…), salari al ribasso, disoccupazione, diminuzione* o aumento dei prezzi al consumatore a seconda che si tratti di un cittadino di un Paese cosiddetto sviluppato che compra un manufatto ad esempio dalla Cina, o di un cittadino del terzo mondo il cui Paese sia costretto a importare merci, per quanto a tariffe dette agevolate, e svalutare le proprie per stare nel gioco. 
E per chi non aderisce, prima o poi, la necessità di mettersi in ginocchio pur di partecipare. 

Inoltre le disquisizioni degli economisti di cui sopra sono oziose. Perché contrappongono metodologie, quali i PTA, al libero scambio globale. Avrebbe senso la contrapposizione se quest’ultimo fosse sinonimo di un’amministrazione globale del pianeta e dei suoi abitanti secondo criteri di equilibrio, conoscenza dei territori, delle potenzialità e dei limiti degli stessi, recupero delle risorse e tutte le buone cose che potrebbero essere. 
Ma non è così. E non credo vogliano sia così. 

*si tratta di una diminuzione fittizia, perché i costi indiretti (quelli che le aziende chiamano esternalizzazioni) prima o poi si pagano e con gli interessi. E senza disturbare la Cina, facendo un esempio nostrano, se voglio comprare un chilo di formaggio a un terzo del prezzo ragionevole che dovrebbe avere, è ovvio che gli operai del settore saranno pagati meno, che le vacche mangeranno peggio, che un po’ di sofisticazione sarà la norma, che il settore patirà una crisi e per stare a galla, vedi competitivo, dovrà produrre sempre più a meno, e il tutto avrà un peso sociale in termini di cassa integrazione, perdita di posti di lavoro, degrado ambientale, quindi tasse. Ma d'altronde diminuendo il nostro potere d’acquisto, a noi un chilo di formaggio va benissimo pagarlo un terzo del suo valore. Dobbiamo pur farli saltare fuori i soldi per il nuovo modello di I-Phone. 

5 settembre 2013

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SCOPERTA CURA PER L'AIDS

Scoperta cura rivoluzionaria per l’Aids. Nasce con l’Aids ma c’è la cura. Dopo tre anni non ha più l’Hiv. Buone notizie per una bimba di tre anni del Mississipi. Libero news divulga il 24 ottobre. 

Mi viene in mente un’altra storia. Ma invece di scriverne a lungo io, vi propongo di cercare e vedere l’interessante e per nulla noioso film documentario “Fire in the blood”, in lingua originale sottotitolato. 

E cosa sarà mai, affrontare un po’ di fatica, contro la possibilità di avere le idee più chiare.

ALTRI LIBRI

Questa è la pila di libri di turno per essere spolverati. Abbastanza bassa da non essere in equilibrio precario. Come l’altra volta, a leggerne i titoli mentre li prendo tra le mani uno alla volta, mi domando se troverò mai un criterio logico per ordinarli.

“Lettera di una scimmia” Nicolas-Edmé Restif de la Bretonne
“Viaggio alla terra del fuoco” Giacomo Bove
“Un’eterna Treblinka” Charles Patterson
“Foglie d’erba” Walt Withman
“Ti con zero” Italo Calvino
“Siberia” Benson Bobrick
“Il prezzo della disuguaglianza” Joseph Stiglitz
“Guida all’impero per gente comune” Arundhati Roy
“Nadir” Stefano Sivieri
“Il treno” George Simenon
“Il potere dei sogni” Luis Sepùlveda
“Come vincere la guerra di classe” Susan George
“La terza rivoluzione industriale” Jeremy Rifkin
“La saga di Gösta Berling” Selma Lagerlöf
“Poesie” Emily Dickinson”
“Impegnatevi” Stephane Hessel
“La fine del mondo” Telmo Pievani
“Il cappello del prete” Emilio De Marchi
"Racconti romani" Alberto Moravia
“I nuovi rivoluzionari” Jim Lobe e Adele OLiveri
“La vita agra” Luciano Bianciardi
“Mongo” Ted Botha
“La morte difficile” René Crevel

 Buona lettura!


lunedì 14 ottobre 2013

PENNA E CALAMAIO

Venti giorni ormai senza computer in casa. Ogni due giorni controllo la posta elettronica da qualche parte. E’ così facile riabituarsi a farne a meno. Benché sia stato grazie al computer che negli ultimi anni di disoccupazione sono riuscita a procurarmi piccoli lavori, potrei con disinvoltura diluirne ulteriormente l’utilizzo. Eppure l’ultima lettera personale che ho scritto, sei pagine alcuni giorni fa, l’ho scritta digitando sulla tastiera e poi l’ho fatta stampare. Forse la persona destinataria della missiva non meritava la dedizione di una stesura manuale? O forse volevo semplicemente avere la possibilità di modificare e ampliare il contenuto senza dover riscrivere tutto? 
E’ stata la prima volta ma è accaduto senza che lo decidessi, in automatico. Come una mutazione acquisita. 

 Agosto 2012

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RICCHEZZA E MERITI

Le teorie di Smith secondo cui il perseguimento degli interessi di un’élite portano a un benessere sociale partono dal presupposto che i ritorni privati siano allineati a quelli sociali e che si riceva compenso proporzionalmente ai contributi apportati alla società. Questo ha un senso, e grosso modo è stato così fino all'altro ieri. Si deve appunto creare ricchezza intesa come benessere in senso lato per essere premiati, non toglierla agli altri. E i mercati devono funzionare su una reale libera concorrenza tutelata dai governi che devono impedire la realizzazione di profitti di natura monopolistica. Ma esistono molti sistemi che permettono al sistema finanziario di impedire che i mercati funzionino bene e quindi di arricchire indipendentemente dai meriti, anzi sempre più procurando danno. E questo con Smith non ha niente a che vedere, per cui che la smettano di tirarlo in ballo. 
Spostare il denaro dal basso verso l’alto fa necessariamente scendere i consumi e le voci attive di bilancio delle corporations arrivano da speculazioni più che da una reale risposta dal basso alle offerte di mercato. L’anno scorso (2012) le cento persone più ricche del pianeta si sono messe in tasca 240 miliardi di dollari in più rispetto al'anno precedente. Cosa si può fare con 240 miliardi di dollari? Provate a scoprirlo. Con degli esempi semplici e facendo un minimo di ricerca: quanto servirebbe per risolvere un’emergenza sanitaria in un dato Paese? Quanto per risolvere il problema della povertà o della fame? Anche se non è proprio di ulteriore denaro che c’è bisogno ma di una diversa politica. Per fare un esempio, di cibo al momento ce ne sarebbe a sufficienza per tutti e anche di medicine: è la gestione malata e fraudolenta di questi beni che ne determina un’iniqua distribuzione. Negli Usa singole compagnie hanno ricevuto in un’unica soluzione più di quanto sia stato stanziato in un decennio per il welfare; nel 2011 Wall Street ha dato 60 miliardi di dividendi e nel 2012, con buona pace di chi si è trovato culo a terra, il reddito medio dei banchieri è aumentato del 22%. Dati che compaiono nei titoli di articoli finanziari su testate ufficiali. E i tanto decantati Pil dei Paesi in crescita non misurano certo la sostenibilità della suddetta e cosiddetta crescita in corso. 
In tutto il mondo le persone stanno sempre peggio. Questo sistema non funziona. Perché la politica si ostina a sostenerlo e difenderlo, raccontandoci che è la strada giusta, oltreché l’unica possibile? Perché si avvalla anziché correggere l’attuale sistema mercato? E perché devono passarsela meglio coloro che danno un contributo negativo alla società? 
La ricchezza o la si crea salvaguardando le risorse o la si sottrae appropriandosene senza scrupoli fino a esaurimento scorte. Un sistema stagnante destinato a implodere, il nostro, ecco cos’è, basato sullo sfruttamento delle risorse (anche umane), che, a questo punto di risorse ai minimi termini, non può che diventare immobile e spaventare chi invece è abituato e determinato ad arricchire ulteriormente. L’unica strada che essi vedono è dunque procedere all'accaparramento di ciò che c’è ancora in circolazione, vedi il land grabbing, acqua, shale gas, biocarburanti a coltivazione intensiva, terre rare. Oltre agli amati oro, zinco, uranio, platino, abbiamo cerio, neodimio, disprosio, ittrio, lantanio, promezio….. smartphone, auto ibride, tv al plasma, fibre ottiche, superconduttori, e centinaia di migliaia di sfollati…. 
La disillusione rispetto al sistema politico, l’evidente ingiustizia, portano a un abbandono della partecipazione alla politica e al rischio di cedere alle promesse irrealistiche di populisti ed estremisti. La perdita di sovranità economica è perdita di democrazia, nel momento in cui comporta un dover necessariamente scendere a patti per tirare a campare. Che si tratti di un individuo che accetta lavoro nero sottopagato, o di un governo che sottoscrive accordi multilaterali sovranazionali (Nafta, Trips, ecc.). Accordi che prevedono compensazioni per le imprese i cui profitti calano rispetto alle previsioni in seguito a regolamentazioni nazionali, quando queste non siano ancora state eliminiate o adattate. I governi nazionali sono tenuti ad adottare regimi che siano conformi alle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Se un Paese non fa ciò che “piace” e serve ai mercati, questi si riprendono i soldi, abbassano le valutazioni e alzano i tassi di interesse, Gli investitori possono ritirare da un giorno all'altro il denaro da un Paese, ci pensate? 
Ma tutto ciò è stato scritto e argomentato in abbondanza e continua a esserlo, e da fonti autorevoli e note. Visibili. Ma a che serve? Se chi segue, ascolta e approva, è già del medesimo avviso? Coloro che sono lontani e inconsapevoli sono assenti. E per coinvolgerli sarebbe necessario partire dall'abicì. E non lo dico con presunzione ma la complessità degli argomenti richiede, almeno a me lo ha richiesto, un attenzione di anni e anni, e una volontà ferrea nel voler comprendere le dinamiche che muovono la società umana su questo pianeta. Purtroppo i cambiamenti di mentalità e le convinzioni collettive mutano molto lentamente. Le opinioni cambiano solo se lo fanno quelle di un numero considerevole di persone. Un cane che si morde la coda. Agire supportati da una coscienza critica appartiene ancora a troppo pochi e quei pochi spesso si fermano al sottoscrivere petizioni. Difficile scardinare un mito che è stato fatto radicare così tenacemente in tanti decenni nelle nostre teste. 
Si rinnova dunque il dubbio se abbia senso che continui a scrivere e per di più su un blog invisibile.

Giugno 2013

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CLIC

Ho sentito di questo e di quest’altro, e di quest’altro ancora, ho affrontato lunghe code sotto la pioggia, volevo sentire il parere di giornalisti autorevoli su argomenti che mi stanno a cuore, e al ritorno stasera ho bevuto un Jack in questa stanza stretta che ho trovato. Le parole udite sono in turbinio nella mia testa. E il petrolio e le aziende farmaceutiche, il land grabbing e l’informazione…ma anziché desiderio rinnovato di salvare il mondo, mi è venuta voglia di non lavarmi. Come se le due cose fossero in contrapposizione. Mi è venuta voglia di stare stravaccata sul letto con i vestiti della giornata. Sento freddo e sono sola. Arrivata l’altro ieri sera a Ferrara non ho ancora fatto la doccia. Nel bagno ci piove. E poi in fondo non sono sporca.

Tutti scrivono blog, twittano rapidi in diretta dalle conferenze, rigettano prima di assimilare, siamo come canali, anzi no cavi, lunghi cavi conduttori in un groviglio che ricopre il pianeta, oloturie della trasmissioni dati, cazzate e massimi sistemi, tutto scorre, mescolato, uniformato, archiviato. Si fa clic e si è compiuto il proprio dovere. Sperando che al clic segua quello che ci hanno promesso. Fatti. Azioni. Che non abbiamo più tempo ed energia di compiere. 
La punta del nostro indice preme enter. Come piloti di droni. 

6 ottobre

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mercoledì 2 ottobre 2013

PENA DI MORTE

Ho letto, su Internazionale n. 1018, l’articolo di Revati Laul sulla condanna capitale degli stupratori del 16/12/12 a New Delhi. 
Sono contraria alla pena di morte. Non porta da nessuna parte. E credo che molti comportamenti e atti criminali siano causati da problematiche fisiche, masse che premono zone del cervello che non dovrebbero premere, disfunzioni chimiche, e credo che si dovrebbe poter individuare le cause (come in alcuni casi è già avvenuto) e restituire serenità a chi tali comportamenti e atti non avrebbe tenuto e compiuto se non fosse stato vittima di una patologia. Non comminare pene in relazione al reato ma poter valutare caso per caso. E penso che, sempre e comunque, si debbano mettere azioni, quindi cause, positive. Non vendetta, non rancore, ma comprensione e capacità di accogliere. Ciò comporta uno sforzo, un atto di volontà, un superamento del proprio personale punto di vista, ma è questa l’unica strada che può portare a un risultato positivo. Quindi sono d’accordo con l’autore dell’articolo. 

Ma so anche cosa significa essere abusata e violentata. Lo so come bambina e lo so come donna. Quando ho letto i dettagli dello stupro mi sono immaginata là distesa, ho immaginato il dolore fisico straziante e il terrore, e ho pensato che per esseri viventi in grado di compiere certi atti la chirurgia e la chimica potrebbero solo portare ad annullarne totalmente le facoltà, non certo a guarire. E che la morte sarebbe troppo poco. Dovrebbero trascorrere il resto della vita in uno stato di eguale terrore e per sempre. Dobbiamo una buona volta accettare che non bisogna sentirsi in colpa nell’odiare chi arriva a tanto. Perché è quel genere di rabbia che se non esce, resta dentro e scava, scava, corrode, e si moltiplica, e ci fa ammalare senza scampo. Fino a morire. 

Conosco un uomo di 92 anni, ricoverato in ospedale per una brutta bronchite. Trentotto anni fa iniziò ad abusare della figliastra quando questa andava a trascorrere le vacanze estive presso la madre, e lo stesso comportamento tenne con altre bambine e con donne clienti del suo negozio. L’età e l’avvenenza erano secondari. Il padre naturale della bambina per la rabbia e il senso di impotenza iniziò a bere e si trasformò in un’altra persona fino a lasciarsi morire a soli 48 anni. Anche alla propria figlia piccolissima, abituata a dormire nel lettone dei genitori, in assenza della madre, quell’uomo laido non risparmiò toccamenti reciproci. L’aveva fatto anche con la figlia di primo letto e con una nipote, e persino con la suocera. Raggiunta l’età della pensione tenne corsi di disegno per i bambini del piccolo paese in cui abitava senza che nessuno avesse il benché minimo sospetto di chi fosse in realtà la persona a cui i figli venivano affidati. Anni dopo, al momento del ricovero per la bronchite, la figlia del primo matrimonio che, pur continuando a subire angherie, lo aveva in cura presso di sé, trovò tra le sue cose un elenco di nomi femminili. In tale occasione si confrontò con la sorella più giovane di secondo letto e scoprendo che questa da anni non parlava alla sorellastra, perché secondo lei le accuse di questa erano frutto di fantasia, avendo rimosso quanto lei stessa aveva subito in tenera età, le disse di riprendere i contatti, che era tutto vero e che il loro padre era una persona terribile. Pochi giorni dopo, questa donna, ormai più che sessantenne, s’impiccò a un albero in campagna. Nessuno disse all’uomo in ospedale dell’atto estremo della figlia maggiore, nessuno gli disse proprio niente di niente. Troppo anziano e malandato per un simile colpo! L’elenco di nomi come se non fosse mai esistito. Ora quest’uomo sta per essere portato in un ricovero, perché la figlia più giovane non ha modo di prendersene cura in casa, e quando morirà, se verrà reso pubblica la morte, al suo funerale ci sarà molta gente in lutto, tra cui molti ex partigiani come lui. Se ne loderanno le imprese e le qualità e tutto resterà sotto silenzio, e gli omicidi, se pur indiretti che ha commesso, impuniti. E gli abusi come mai compiuti. Di queste vicende tenute nascoste ce ne sono tantissime, e tantissime sono le vite rovinate malamente, e che uno stronzo simile la passi liscia mi fa ribollire il sangue.

E capisco chi vuole la testa di chi ha sventrato quella ragazza. 

2 settembre 2013


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GLI ALTRI ANIMALI

L’intelligenza è ciò che ci distingue, che ci rende superiori agli altri animali. 
L’intelligenza è ciò che ci autorizza a voler reggere le redini della vita. 
E di questa somma intelligenza abbiano le prove. 
Non siamo forse circondati dagli effetti di questa grandezza indiscutibile?


Gli altri animali sono superiori. 
Una fiutata all’aria e sanno che con un altro essere vivente, completamente diverso, è possibile entrare in relazione. Noi, anche se ci fanno un disegno, se ce lo mettono nero su bianco, se ci vien fatto toccare con mano che è possibile e funziona, ci riusciamo di rado e malamente con i nostri simili. 


(L'intelligenza può essere definita tale solo se si manifesta. Altrimenti è un attributo generico dato per convenzione e privo di significato)

agosto 2013


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UN TRONCO BIANCO

Un tronco bianco. Come osso. Una base ampia con monconi di radici. A metà del molo dei Buraxen a Imperia. 
Penso sarebbe bello prenderlo e portarlo in casa ma pesa molto. Contro l’azzurro terso il biancore levigato una bella foto. Ma non sono attrezzata. In fondo la bellezza perfetta è proprio questo tronco sollevato dalle onde sugli scogli per il tempo che ci starà. Non ha senso portarlo via né immortalarlo. 
Arriva un uomo con la figlia a valutarne aspetto e peso. Sta mettendo su casa, dice. Torna poco dopo con un amico. Stasera lo porteranno via. Ho annuito, cordiale. Non saprei spiegargli cosa stavo pensando. 

28 agosto 2013

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