lunedì 31 dicembre 2018

BARBARIE



Mi sanguina l'anima 
di queste sorelle e fratelli macellati
Da tutta una vita e nulla è cambiato

sabato 29 dicembre 2018

SENZA PAROLE


MERITA D'ESSERE SFOGLIATO CON LENTEZZA


Senza parole di Roger Olmos, Logosedizioni

APPUNTI SUL FUTURO

Qualche tempo fa, il mio amico scrittore Marino Magliani mi disse di dover scrivere un pezzo sul futuro. Non precisò altro ma diede a intendere che vista la complessità del tema avrebbe atteso di potercisi dedicare con la dovuta calma. Gli risposi che anch'io da tempo avrei voluto scrivere qualcosa in merito ma, per i medesimi motivi, avevo sempre rimandato. A distanza di alcuni mesi, in questa notte di insolita insonnia, ho deciso di buttar giù a ruota libera un po' di pensieri e vedere cosa ne viene fuori. Non per rubargli l'idea certo ma perché, su un tale argomento, più punti di vista i sono meglio è.
Parto dai fatti. Quelli evidenti. Li elenco. Come i termini di un problema da risolvere.
Prima di tutto il terreno di coltura su cui operare. La condizione di partenza è che siamo nel pieno di un mutamento generale della vita sul pianeta, un mutamento di una portata quale non avremmo mai immaginato e di cui non siamo evidentemente coscienti nella misura necessaria.
Innanzitutto un mutamento dell'ambiente in cui viviamo, che si è ridotto di dimensioni, qualità, risorse, con una conseguente e progressiva inabitabilità dei territori che obbliga a una revisione radicale del modello geopolitico esistente.
Poi abbiamo un'oggettiva trasformazione dei rapporti di potere, una dirompente rivoluzione scientifico tecnologica, una rivoluzione nelle modalità di comunicazione, una significativa mutazione della struttura sociale. Da ciò anche una trasformazione degli individui, una mutazione antropologica di Pasoliniana memoria. Anche se forse ormai anche e soprattutto a livello neurofisiologico, oltreché concettuale e culturale. Anzi, direi che i due livelli si stanno fondendo inesorabilmente.
Da questo primo breve elenco si potrebbe estrapolare la rivoluzione tecnologica come fattore di positività ma, per ora, manterrei una valenza neutra.
Un'altra premessa obbligata per provare a immaginare uno scenario futuro verosimile consiste nell'ammettere che la politica agli inizi del XXI secolo è una politica priva di grandi visioni. Per i singoli stati il governare si è ridotto a un mero amministrare, bene o male, la cosa pubblica internamente ai propri confini nazionali, senza alcuna funzione di guida, privi della più pallida idea di dove saranno i Paesi cui si sovrintende tra vent'anni e tanto meno di dove sarà il mondo. I politici non lo comprendono il mondo e credono di non aver alcun obbligo di comprensione al riguardo. Ben lieti di cederne l'amministrazione al mondo dell'economia e della finanza.
Governi che, rispetto alla realtà, sono in differita di minimo un ventennio. Siamo di fronte a un divario di quasi mezzo secolo tra la forma mentis e, quindi, le convinzioni che dettano le scelte dei nostri politici e la realtà su cui tali scelte dovrebbero avere un impatto costruttivo e lungimirante. Come a dire di voler risolvere i problemi del 2030 con la testa nel 1980. Del tutto ignoranti e per nulla intenzionati a colmarlo questo divario, incapaci di risolvere problemi urgenti e rispondere alle istanze dei popoli della terra, costoro creano un vuoto di potere che sarà inevitabilmente colmato da nuove e più efficienti strutture che non è detto avranno le caratteristiche di trasparenza e democrazia che diamo per scontate. Una totale e allarmante perdita di controllo degli eventi prossimi. Un fallimento senza ritorno nell'indicare una visione perlomeno ragionevole del futuro.
Gli stessi elettori, salvo eccezioni, non sanno nulla dei temi che saranno decisivi per determinare la società futura. Incapaci, senza sbuffare, di leggere un articolo di giornale dall'inizio alla fine, un romanzo che rispetti la consecutio temporum, una qualsiasi cosa che richieda una minima capacità di concentrazione, del tutto digiuni di politica internazionale e dei meccanismi e connessioni che determinano gli eventi, come si può pretendere che prendano anche solo lontanamente in considerazione argomenti tanto, apparentemente, lontani come, ad esempio, la biotecnologia, il decadimento biologico dell'ecosistema, gli obiettivi dei post umanisti, l'intelligenza artificiale, il datismo, correlandoli tra loro? Già il fatto che qualcuno possa proporre loro di farlo susciterebbe un alzata di sopraccigli e uno sguardo di scherno. Roba da intellettuali, da chi ce l'ha grassa. I veri problemi sono altri! Il fatto è che queste stesse persone percepiscono però chiaramente che qualcosa non funziona, che i governi non riescono a far fronte alle necessità, che il proprio voto non ha una presa reale sul potere e riescono solo, sulla base certo di alcuni presupposti veri, a dare colpe a caso. Ad esempio all'UE, che si sarebbe appropriata dei diritti di tutti per cedere agli interessi di una lobby occulta, e quindi vogliono uscirne o ai flussi migratori o a ciò e a chi, a turno, capita sotto. La realtà è che nessuno sa dove sia finito il potere reale. Certo non tra le mani delle persone comuni. Per quanti cortei possano percorrere le strade del mondo, non influenzeranno mai concretamente le decisioni di chi lo detiene. Perché le persone che compongono i cortei non hanno la benché minima influenza nel determinarlo. Chi regge le fila, un pugno di umani, si è adeguatamente parato le spalle e, tutto sommato, non ha bisogno del benestare di nessuno. Da opporre abbiamo solo impegno civile e partecipazione politica ma il livello di competenza di chi gestisce la politica è insostenibilmente basso e la rassegnazione collettiva a votare il meno peggio ha portato infine, in un gioco al ribasso, a una caduta libera in cui ci si arrende persino all'assenza del minimo sindacale di competenza richiesta a chi ricopre un ruolo di amministrazione e di guida. Trasformando l'elettorato in un demos inerte e viepiù privo di coscienza critica. Siamo in una democrazia demoscopica in cui il popolo si esprime su una manciata di questioni senza cognizione di causa. In tale condizione non si dà una partecipazione consapevole e attiva né si sviluppa un autentico interesse per la politica.
Perciò si continua a ragionare all'interno delle singole nazioni del tutto privi di una visione d'insieme che vada la di là di Pil, Spread, e affini.
Con un'opinione pubblica che si deteriora ulteriormente a causa dell'evidente progressivo decadere della qualità dell'istruzione e dei media. E, allo stesso tempo, un'opinione pubblica delusa dalle promesse infrante di un futuro prospero, arrabbiata, e determinata a ritrovare perlomeno una condizione di benessere e sicurezza quale la si è conosciuta fino a qualche tempo fa. Malauguratamente però troppo presa da problemi quotidiani e contingenti per guardare alla luna anziché alla punta del dito. E forte dell'illusione che gli esseri umani si stiano liberando, grazie al cyber spazio, dei vincoli fisico materiali che invece li contraddistinguono. In un processo di adeguamento alla virtualità che porta a non comprendere quasi più la materialità del pianeta in cui si vive, drammaticamente persuasi di poter rimediare indefinitamente ai Game Over con l'introduzione di un'altra monetina.
Non è una bella situazione e, oltre a lasciare gli ultimi dove sono, anzi ingrossandone le fila, che i governanti perseverino nell'ignorare e nel negare le vere cause alla base delle rivendicazioni di chi viveva in una società relativamente omogenea e ora si ritrova a non sapere più qual'è il proprio posto nel mondo, significa abbandonare una massa sterminata di persone al potere di chi sfrutta i timori a proprio vantaggio.
La maggior parte dei fenomeni politici attuali nel mondo esprimono questo sentimento di esclusione dal processo di cambiamento economico sociale. Conservatorismo e xenofobia sono le principali tra le conseguenze di tale sentimento. L'Europa, ad esempio, che ha avuto il grande merito di cancellare le guerre all'interno di un vasto territorio, infine ha soltanto promosso un pensiero politicamente benpensante ma non ha affrontato i problemi alla radice e con una strategia unitaria. In un mondo in cui il dibattito sul futuro è più che altro un catalogo di ingegnerie avanzate che mostrano come saranno le nostre case automatizzate o come saranno efficienti i nostri devices, in cui si pensa solo ad incentivare l'industria dei nuovi bisogni per evitare che la macchina produttiva si arresti, senza nemmeno considerare l'ipotesi di trasformarla, in cui è ormai evidente che gli stili di vita della “modernità” sono praticabili solo per una ristretta porzione della popolazione mondiale e che la promessa universalistica fatta dalla civiltà industriale è stata una mistificazione, cosa ci si può aspettare?
Da una parte abbiamo Pentagono e Ministeri della Difesa di USA, Regno Unito, e Australia, che considerano il cambiamento climatico e le sue conseguenze il maggior fattore di destabilizzazione sociale, si organizzano e investono la parte più grande del loro budget su tale analisi, e hanno come priorità in agenda la sorveglianza di tutto quanto correlato ai problemi ambientali. Abbiamo coloro che portano avanti quella che Christian Parenti ben definisce politica della scialuppa armata, cioè un’opzione che combina interventi contro-insurrezionali a lungo termine, frontiere militarizzate e un’aggressiva politica anti-immigrazione, laddove per gli stati-nazione la priorità sarà esclusivamente tutelare le proprie risorse tenendo a bada le maree di poveri, di rifugiati climatici, e di variamente esclusi.
Dall'altra parte abbiamo una maggioranza di individui che non presta attenzione (non in grado/non più in grado di farlo) alle tesi sensate, ragionate, circostanziate, e su cui fanno presa solo frasi sintetiche, efficaci, apocalittiche. Abbiamo discussioni sui social che sono cloache a cielo aperto, dove regnano scortesia, volgarità, stupidità, prepotenza. Abbiamo ceti medi frustrati e incapaci di identificare le cause dei problemi, e quindi di eliminarle, che si accontentano di capri espiatori subalterni. Perché coloro che sono stati aiutati a raggiungere una situazione migliore rispetto alle generazioni precedenti, sono stati sostanzialmente trasformati in buoni consumatori più che in buoni cittadini, e come tali si comportano e pretendono. Inoltre se è vero, in termini assoluti, che c'è stato un progresso nelle condizioni degli individui, e rispetto al passato sono meno le persone che patiscono fame e malattie, in termini relativi, oggi, alla luce delle reali possibilità di rendere fruibile a tutti un benessere degno, la percentuale di coloro che ne sono esclusi è la prova di un regresso, soprattutto nella misura in cui tale percentuale è in crescendo nonostante lo sviluppo tecnologico e le scoperte scientifiche. Abbiamo Paesi rancorosi e vecchi, di analfabeti funzionali, e Paesi che reclamano il loro turno. E l'educazione, come tentativo non di insegnare la verità ma di trasmettere il desiderio di conoscerla, è venuta meno. Tutto è relativizzato. I fatti non esistono. Esistono solo le interpretazioni. È possibile sostenere qualsiasi cosa. Ma non dimentichiamo che un'interpretazione è però anch'essa un fatto in quanto determina conseguenze concrete. Nel bene e nel male.
Dunque, a partire da questi due fronti, quale futuro è possibile?
Bisognerebbe pretendere che chi governa, oltre ad essere onesto e non colluso, studi, legga, si documenti, chieda consigli e decida per l'amministrazione del proprio carruggio in un'ottica di integrazione con l'amministrazione di tutti gli altri carruggi del mondo.
Sono fermamente convinta, e a più riprese in passato l'ho ribadito, che l'unica via sia quella di un governo globale del pianeta, una federazione planetaria che garantisca il rispetto di norme comuni in ambiti di interesse collettivo, a prescindere dai confini e dai vari accordi commerciali bi, tri, e multilaterali. Ambiente, salute, istruzione, agricoltura, industria, alimentazione, commercio, lavoro. Con l'intento di creare una cittadinanza mondiale che non annulli quelle nazionali in termini di lingua, cultura e tradizioni, sempre che le stesse rientrino nel rispetto delle norme di cui sopra. Un po' dittatoriale forse ma dipende dalla capacità di stabilire delle norme che possano essere di buon grado condivise universalmente. Non è così difficile. Le soluzioni ci sono. Gran parte del problema generale è infatti dato dal fatto che nessuno vuole fare il primo passo in una direzione saggia per paura di ritrovarsi a essere l'unico e sentirsi fesso. Ma se, da domani, tutti fossero costretti a fare nello stesso momento una cosa peraltro buona, si farebbe un passo da gigante verso la soluzione. Siamo a questo punto. I tempi sono stretti. Se stiamo ad aspettare che gli stronzi e gli avidi smettano di essere tali, se stiamo ad aspettare il raggiungimento naturale di una coscienza collettiva siamo fritti.
Non tutti però. O almeno non tutti subito.
E qui vengo a ciò che ho osservato in questi ultimi anni.
Aumentano le comunità nelle quali si pagano imprese private per provvedere a infrastrutture e servizi e in cui il ruolo dello stato si riduce ad amministrare settori sempre più piccoli della società con conseguente indebolimento della coesione sociale all'interno degli stati nazionali.
Quando i governi tolgono welfare e riducono la spesa pubblica, chi può si ritira in abitazioni di lusso, si rinchiude dietro mura, e si identifica con gli altri che hanno anch'essi qualcosa che può essere rubato, unendosi schiena contro schiena al centro della città e lasciando le strade pubbliche ai poveri, agli stranieri, e ai delinquenti. Anche i numeri reali dei movimenti migratori e della presenza di stranieri nelle città non vengono considerati oggettivamente ma si presta attenzione solo all'impatto percepito: la concentrazione delle etnie nei centri urbani e la concentrazione in singole zone degli stessi. Se in un quartiere c'è il 50% di stranieri, facile dedurre che sia così ovunque. Le persone infatti desumono da quanto vedono attorno a sé ogni giorno sia identico a quanto accade nel resto del mondo. Perché ciò che non è omologato lo consideriamo comunque tale attraverso un'espansione della nostra quotidianità individuale a format universale. Il problema della convivenza comunque resta ed è serio, è infatti la percezione dello stesso attraverso le sue conseguenze quotidiane e concrete che conta. Quindi i cosiddetti processi di gentrificazione diventano strumenti finalizzati a una pulizia sociale degli ambienti urbani. Luoghi pubblici dove i muretti hanno sedute in pendenza, dove spicca l'assenza di panchine, in un processo di dissuasione alla sosta, di negazione dell'agorà. Poi, gradualmente, vie pubbliche mal curate, poveri, stranieri, e delinquenti vengono spinti verso l'esterno dell'urbe da un'inesorabile forza centrifuga creata dall'aumento dei costi nelle zone centrali, elette a fulcro di potere economico, sicurezza, efficienza energetica e di servizi. Ricorda qualcosa? In tutto il mondo, nelle grandi metropoli, i centri urbani assomigliano sempre più a cittadelle all'interno delle città. Man mano queste zone assumeranno sempre più l'aspetto di città fortezza così da permettere a coloro che le abitano di poter condividere spazi comuni sicuri al di fuori delle proprie super protette abitazioni. Quel che sarà di terre, mari e cieli, sarà.
Dunque se la natura è maligna, se l'altro è il nostro rivale, se lo Stato non ci protegge, allora lo faranno i nostri denari. Con essi trasformeremo l'urbe a beneficio di noi pochi. Perché poi ci sono anche quelli che fino all'altro ieri denari ne avevano ma ora non più a sufficienza e si aggiungono man mano agli esclusi. La diga delle garanzie sociali della società liberale è ormai crollata. Il problema non è la diversità, il problema non è la disuguaglianza. Il problema è e sarà sempre più la miseria. Che dovrà essere tenuta a debita distanza. Muri contro la minaccia del terrorismo ma la cui ragione non dichiarata è l'allontanamento e lo spostamento non autorizzato dei poveri. Purtroppo l'unica forma concreta di lungimiranza appartiene a coloro che pensando a lungo termine preparano vie d’uscita per se stessi singolarmente o in ristretti gruppi di élite. Coloro che non si affidano certo allo Stato, né si fidano dei loro stessi monopoli o delle guardie armate che pagano, ma solo della ricchezza e del potere accumulati.
Io immagino un futuro banale nella sua prevedibilità distopica. Un futuro in cui l'orbe, per gli spazi ancora abitabili, sarà costellata da immensi conglomerati circolari, composti da successive fasce concentriche scollegate tra loro, dove dal centro verso l'esterno le condizioni di vita andranno da ottime a pessime. Città circolari in un mondo quale quello della Leonia di Italo Calvino. Barriere di cemento armato e muri antiesplosione, torrette, attrezzature per imaging termico, videocamere per la visione notturna, sensori di movimento, droni, blocchi stradali, tutto collegato a un sistema di rilevazione satellitare, come già accade, separeranno tali città dai desolati territori esterni abitati da una grande parte della popolazione terrestre ai limiti della sussistenza e senza possibilità di accesso. Gli esclusi, gli ultimi, vivranno, in insediamenti raffazzonati e degradati che, anziché rimandare soltanto alle abbondanti e predittive letteratura e filmografia di genere, oggi possiamo ritrovare agevolmente in notiziari e immagini del nostro mondo contemporaneo.

Sul pianeta si va verso una realtà di grandi conglomerati. Sarà un processo inesorabile e irreversibile, che presupporrà, per funzionare, la nostra capacità di comprensione e unione. L'alternativa sarà la disfatta totale. E la distopia di cui sopra.
Dobbiamo impegnarci a decifrare il caos sistemico imminente nel quale stiamo entrando, per non essere impreparati, per essere in grado di gestirlo meglio che potremo passo dopo passo.
Abbiamo bisogno, per risolvere il problema della gestione delle risorse con una popolazione in aumento esponenziale, non solo di tecnologie ma di autentiche strategie.
Siamo alle soglie di una rivoluzione tecnologica senza precedenti che permetterà di penetrare e pilotare la mente delle persone in un modo invasivo quale non è possibile spiegare senza apparire folli, inascoltate Cassandre. Ma non dobbiamo aver paura, né avere la presunzione ottusa di credere che tanto tutto si aggiusterà perché nei secoli si è sempre aggiustato. Se è accaduto e siamo ancora qui è stato perché qualcuno si è rimboccato le maniche.
Siamo di fronte a una sfida gigantesca che concerne tutto: migrazioni, economia, commercio, tutela dell'ambiente e delle risorse, diritti, sovranità, liberalismo, qualità della vita, cultura, fino alla definizione stessa di Homo sapiens.
La vogliamo vincere o no?



29 dicembre ore 4.15


P.S. Chiedo scusa per le generalizzazioni funzionali alla sintesi. Per fortuna nel mondo molte sono le persone che vedono e fanno il possibile.










LA POLEMICA SUI TAGLI ALLE PENSIONI


Perdonate ma, a prescindere da qualsiasi valutazione sulla manovra economica, i pensionati che manifestano arrabbiati e i sindacati che gridano indignati per i tagli percentuali all'indicizzazione delle pensioni mi lasciano a bocca aperta. Essendo impreparata sull'argomento mi sono fatta spiegare un paio di cose da un addetto ai lavori. Ho scoperto che si prevede un'indicizzazione piena solo per le pensioni fino a tre volte il minimo (1.530 euro lordi al mese), poi un decalage simile ma meno forte rispetto all'attuale schema reiterato dal Governo Letta in avanti e che sarebbe scaduto a fine anno. Non mi risultano analoghe levate di scudi per la situazione in essere fino a poco fa. Comunque sia, è vero che non adeguare le pensioni all'inflazione è di fatto un taglio, e che ciò che si riceve di base dovrebbe essere una restituzione di ciò che si è versato con i debiti adeguamenti, ma l'operazione dovrebbe riguardare solo le pensioni su base retributiva e non quelle su base contributiva, o sbaglio? Comunque sia, di fronte ai calcoli che hanno fatto sotto al mio naso, prendendo due scaglioni a caso oltre i 1500, scoprire che chi percepisce una pensione di 2500 euro e rotti si ritroverebbe con una sessantina di euro in meno all'anno, e chi ne percepisce un po' più del doppio, 5130 euro, si ritroverebbe con una perdita di poco più di 300 euro all'anno, pensando al putiferio che stanno scatenando, sinceramente mi vergogno per costoro. Se io riuscissi a trovare un lavoro da mille euro, 50 euro fisse al mese per aiutare qualcun altro a sopravvivere o a reinserirsi nel mondo del lavoro, ce li metterei senza minimamente esitare. Evidentemente viviamo su pianeti diversi.

p.s. non ho votato l'attuale governo 

venerdì 14 dicembre 2018

IN RISPOSTA ALL'EDITORIALE DI FELTRI DEL 14 DICEMBRE 2018


Se lei, signor Feltri, confessa di annoiarsi a scrivere di politica da tanti anni e di non poterne più delle solite banalità, s'immagini me quanto posso essere stanca di leggerne.
Mentre ascoltavo la rassegna stampa stamane, alle parole del suo editoriale mi sono detta: due righe di commento le devo scrivere. Senza entrare nel merito della giustezza della manovra finanziaria in questione o nel dettaglio tecnico di alternative possibili, né tanto meno esprimere un giudizio sulla coalizione al governo, mi limito ad alcune osservazioni su quanto da lei affermato con tanta veemenza. Concordo sul fatto che sia necessario saperne di aritmetica per far quadrare i conti e non determinare ulteriori debiti a babbo morto, caratteristica questa che peraltro pare congenita al nostro sistema, e che sia riprovevole fare promesse per raccattare voti, ma lo è altrettanto ragionare per generalizzazioni. Affermare che i destinatari dell'erroneamente definito reddito di cittadinanza sono tutti lavoratori in nero o fannulloni è offensivo. Ritengo, certo, che sarebbero altri gli incentivi da promuovere per far funzionare le cose ma penso che il riconoscimento delle oggettive difficoltà in cui versa un numero crescente di persone sia doveroso. Le faccio un esempio. Lavoro da 32 anni in una realtà urbana tale che mi ritrovo con quattro anni scarsi di contributi e retribuzioni molto al di sotto di ciò che si può definire dignitoso. Non si è trattato di connivenza per convenienza ma di impossibilità di scelta. Di necessità di sopravvivenza. Ha presente, no? I poveri sono facilmente sostituibili. All'inizio dell'anno in corso un problema di salute mi ha reso impossibilitata a lavorare e ciò alla vigilia di un nuovo rapporto di lavoro, fortunatamente quanto inaspettatamente in regola, per cui sono mi sono ritrovata senza la minima copertura a dover sopravvivere senza avere entrate. Il problema iniziale di salute è ancora in essere e ad esso se ne sono aggiunti altri. Per la prima volta in vita mia sono dovuta ricorrere a prestiti da amici. Debiti che dubito potrò onorare. Ora, le chiedo, ha mai letto Jack London? “Il popolo dell'abisso”? Di quella faccenda dell'imbuto? Che basta un accidenti fisico, che se non si hanno le spalle coperte, si è inesorabilmente destinati a scivolare giù per il suo collo? E se anche si riesce a fare qualcosa, nella migliore delle ipotesi, si sale di metro e si scende di due in un irreversibile moto di discesa? Ecco, succede questo, nella vita reale anche nell'anno del Signore 2018. Dopo una vita di lavoro, ritrovarsi in simile condizione, poco più che cinquantenne, quindi in una finestra generazionale non ideale per la maggior parte delle candidature lavorative disponibili, uno come si deve sentire? Un fannullone, forse? A mio parere dare del denaro per evitare che tante persone finiscano a dormire in auto, è moralmente giusto e economicamente lungimirante, perché si eviterebbe un maggior peso futuro sul sistema sociale da parte di una platea di incapienti sempre più numerosa. A meno che non si decida, parafrasando Swift, per un'eliminazione fisica degli stessi. Risultato che si può facilmente ottenere facendo finta di nulla il più a lungo possibile, solo che bisognerebbe poi gestire l'effetto collaterale di disordini, disturbo della quiete pubblica, derive violente. Insomma, un cane che si morde la coda. Lei veramente crede che una persona come me, e siamo tantissimi, possa essere fiera di dover aver bisogno di un redditto “regalato”? Anche se poi regalato virgola. Sarebbe il corrispettivo a risarcimento di danni causati dall'incapacità di tutti i governi che ho conosciuto di contrastare le inefficienze burocratiche e legislative, il lavoro irregolare, il clientelismo, la corruzione, l'omertà. Sa quanto avrei preferito riuscire a pagarmeli anche da sola i contributi? Ho scritto della mia fascia d'età ma è sottinteso che il discorso vale per tutti. Bisognerebbe poter valutare non in base ad essa ma caso per caso ogni singola situazione. Riconosco che non sarebbe realizzabile ma, per favore, evitiamo di categorizzare con superficialità, offendendo il prossimo. La ringrazio per l'attenzione.

14 DICEMBRE 2018 ORE 8.00

lunedì 26 novembre 2018

ULTIMI




Non avete né verità né patria
in questa regione infeconda
tra terre cui non appartenete
Restate schiavi d'eterno crocevia
esuli incatenati a una soglia
prigionieri fuori le porte

Ma quanto più è ramingo
chi esclude il fratello
dalla piena cittadinanza
del consorzio umano?
Quanto più è perduto
dalla propria impudenza
chi ha l'anima gonfia
di effimero vanto?

Ecco, i responsabili,
anch'essi coleranno via
senza lasciare traccia




(La Vita Felice edizioni)

sabato 17 novembre 2018

PERPLESSITÀ MATTUTINE

Non lo faccio mai perché non mi dedico alla promozione mediatica di ciò che scrivo ma stamattina, per curiosità, ho dato un'occhiata alle statistiche giornaliere del mio blog, tra cui quella geografica. Ci sarà anche una spiegazione ma, considerate le attuali risorse tecniche per la tracciabilità, è da dieci minuti che ho un'espressione perplessa.


mercoledì 14 novembre 2018

IL DIALOGO IMPOSSIBILE

Incontro una certa difficoltà a rispondere ai commenti di alcune persone per nulla disponibili al confronto, ma arroccate rabbiosamente e con superbia sulle proprie convinzioni. Persone a tal punto imprigionate nella bolla informativa che hanno creato intorno a sé (problema questo che, chi più chi meno, riguarda tutti, non lo nego), da saper solo più tacciare di stupidità chi ancora esercita il dubbio metodologico e considerare falso tutto ciò che non capiscono o che non rientra nella propria interpretazione del mondo. Convinte che se un'idea non rientra nella propria sfera soggettiva di pensiero ma è condivisa da molti, essa diventi automaticamente oggettiva, in questo modo rinsaldando le credenze reciproche in una spirale che si autoalimenta finché non resta altra scelta che credere a ciò cui credono tutti. Intendendo per tutti, coloro che rientrano nella propria sfera di contatti. Persone spesso prive di un minimo di substrato culturale degno di questo nome, ma colme di aggressività e, fondamentalmente, di paura. Perché è indubbiamente molto difficile e spaventa credere che la nostra nazione, il nostro dio, i nostri valori, la nostra storia, la nostra struttura sociale possano essere mere narrazioni fatte della stessa pasta di quelle altrui. Solo che, alla fine, cedendo alla difficoltà e alla paura, si perdono le capacità analitica e sintetica utili a trovare un senso al di là delle apparenze. Persone che irridono chi legge libri e si documenta con il maggior scrupolo possibile perché tutte le fonti sono corrotte e non vi sarebbe modo di farsi un'idea quantomeno decente di come stanno le cose. A meno che non si tratti della loro. E che negano realtà tangibili senza aver mai mosso il deretano per andare a verificare di persona. Un dogmatismo intransigente altrettanto pericoloso che il nemico che essi vogliono combattere. E che toglie valore persino ad alcune considerazioni interessanti su cui varrebbe la pena dibattere e per le quali far fronte comune. Ciò è triste, grave, e preoccupante.

A coloro che sono privi di una qualunque identità sociale, l'Ur-Fascismo dice che il loro unico privilegio è il più comune di tutti, quello di essere nati nello stesso paese. 
È questa l'origine del "nazionalismo". Inoltre gli unici che possono fornire un'identità di nazione sono i nemici. Così alla radice della psicologia Ur-Fascista vi è l'ossessione del complotto, possibilmente internazionale. I seguaci debbono sentirsi assediati. Il modo più facile per far emergere un complotto è quello di fare appello alla xenofobia.

Umbero Eco

lunedì 12 novembre 2018

MONDO SOMMERSO


Non dei cadaveri in fondo al mare, di un altro mondo sommerso voglio scrivere, ben più affollato. Ieri ho dedicato l'intera giornata immergendomi nella rete per valutare la portata di questo movimento di “liberi pensatori”. Quale modo migliore di descriverne le convinzioni se non attraverso le loro stesse parole?


- Ci stupiamo perché quella che stiamo vivendo è una deportazione di massa di esseri umani usati come soldati inconsapevoli per un'invasione degli Stati sovrani.
- Tutti i video e i filmati che ci propinano sono manipolati o del tutto fasulli.
- I veri poveri non si mettono in viaggio ma continuano a soffrire a casa loro
- Non esistono centri di tortura in Libia. È tutto virtuale. Come fanno a crederci?
- Le politiche nazionaliste, ora sono forse l'ultimo baluardo dei valori.
- A Malta gli danno barche, benzina e bussole perché lì c'è un centro di controllo del sistema
- Gli immigrati sono strumenti per mettere a tacere la nostra opposizione al progetto dei mondialisti.
- Il recente maltempo nel Nostro Paese è il risultato dell'utilizzo di una “bomba” meteo sull'Italia ribelle all'Europa.
- La guerra metereologica è in atto da molti decenni. La maggior parte della gente crede davvero che questi fenomeni siano dovuti al cambiamento climatico...
- I mondialisti satanisti causano terremoti e ogni altra calamità che definiamo “naturale”
- Per grandi eventi come la creazione dell'EU di anni ne hanno impiegati 300.Una domanda interessante potrebbe essere: quanto vivono esseri che fanno progetti anche (almeno) trecentennali?
- Ormai viene tacciato di fascismo che rivuole la sovranità nazionale come ultimo baluardo di una vera, significativa democrazia, contro il totalitarismo EU.
- Viene altresì tacciato nello stesso modo chi esprime idee non allineate con quelle della massa massificata.
- Salvini ha fermato una nave e questo ci è costato Genova (il ponte!)
- Chi c'è a monte di questo fenomeno non e' umano ma sfrutta i sentimenti umani per il proprio tornaconto.
- È l'elite mondialista che ha dichiarato guerra agli Stati
- La migrazione di massa in centro America è una messinscena mediatica
- La gente crede a tutto perché controllata attraverso i vaccini
- Ormai è troppo tardi, l'avevamo predetto. Prepariamoci. L'ora è prossima.
........


Su un'affermazione concordo: che per quelli che se la passano peggio la situazione è invariata.
Quanto alla conclusione, grosso modo è quello che penso anche io ma i presupposti sono del tutto diversi.








BORSA

Oggi ho visto una donna con a tracolla una borsa che recitava impresso il seguente messaggio:

Sono una brava persona perché faccio shopping. 
Lo shopping fa bene al mondo.


domenica 11 novembre 2018

IL TEMPO DELLA DISTRAZIONE


Il tempo della distrazione è finito. Ed è finito da un pezzo. Ad accampare scuse per la propria cecità non si fa bella figura, più dignitoso affermare di fregarsene. Tutto avviene sotto i nostri occhi.  Ma è ancora corretto parlare di distrazione? Il sospetto di un deficit neuronale acquisito, a questo punto, è da prendersi in considerazione. Come se una buona parte del genere umano fosse stordita da una sindrome di sospensione dell'incredulità e di incapacità di percezione e quindi fosse divenuta disfunzionale.
L'umanità si sta auto infliggendo atti di barbarie senza soluzione di continuità: soprusi, degrado, saccheggi, crudeltà. Questa sarà l'eredità che avremo voluto lasciare.
Rifiutate il cinismo, mi vien da dire, rifiutate la paura, rifiutate la connivenza. Chi ancora riesce a riconoscerli.
Infatti l'ignoranza e il caotico e rumoroso silenzio che ci circondano sono il prezzo da pagare per la sicurezza del nostro stile di vita. Siamo gli schiavi moderni: inconsapevoli e beati. Perché, in fondo, nella nostra quotidianità, aggrappati all'inviolabilità delle nostre quattro cose, tutti i benefit che ci vengono elargiti ci paiono luminosi.
Una società cui manchi la libertà di parola, anzi una in cui non si percepisca la necessità di averla questa libertà e in cui il senso delle stesse parole non venga più compreso, è un luogo buio e profondo. Quando a tale buio ci si abitua, allora, ecco, qualsiasi cosa priva di valore ma vagamente luminescente ci può essere propinata come alternativa alla luce.
Siamo individui singoli cui alla fin fine poco importa dell'altro perché con estrema difficoltà riusciamo a metterci nei suoi panni. Siamo tutti inesorabilmente e ontologicamente legati alla nostra individuale esistenza. Ma quando l'esistenza di uno è costruita sulla miseria di un altro, come si può affermare di essere in buona fede? Non vedere, a questo punto della storia umana, credo sia una colpa. Ma dai più viene chiesto: cosa c'è da vedere? Lo schermo dei nostri devices è una ripetizione modulare tascabile della parete della caverna di Platone. Il flusso ininterrotto di tragedie un efficace anestetico.
E mi chiedo, come può una società che nega i fatti, che ignora o nasconde le informazioni, ed elude le responsabilità, rinnovarsi? Su quali basi può poggiare senza una coscienza etica? Come può senza una vera conoscenza? Quella umile che sa di non sapere e brama di comprendere.

Al mondo nulla è più degno della difesa del valore della vita. E, in linea di principio, non ci sono persone che possano concedere diritti agli altri. I diritti in quanto tali appartengono già a ogni essere vivente, e invocarli non solo è umiliante ma quasi un paradosso. Né per la giustizia è necessario cercare ragioni, perché essa è una ragione in sé. Però, visto il contesto, il continuare a trovare scusanti per la propria condotta indifferente, e l'addurre cause sociali, storiche, politiche, economiche per il “problema” dei diritti umani, non sono altro che forme di indulgenza verso un'ignoranza e un'ingiustizia crescenti. Un'ignoranza attiva molto pericolosa che si crede intelligenza perché per la prima volta nella storia può esprimersi sempre e comunque e che si permette di considerare non vero ciò che non capisce. E di urlare insulti contro chi cerca di andare a fondo delle cose ed è costretto ad argomentare in modo complesso ciò che di fatto è complesso. Negando ogni possibilità di confronto perché non in grado di sostenerlo, mancando  basi culturali e abitudine all'analisi.
Il risultato, quindi, sono idee immobili che prosperano e arrestano il progresso reale, perché è più agevole far disimparare a pochi che insegnare daccapo a molti. Concetti girati e rigirati dalla giostra dei media, infusi di significati interscambiabili in funzione della convenienza del momento qualunque essa sia. Democrazia, rivoluzione, sviluppo, crescita, sicurezza, integrazione, modernità...
Ricordiamo che senza i nomi giusti le cose non sono più le stesse e alcune cessano di esistere E che se nessuno vede, le notizie spariscono, i fatti spariscono, e i problemi sembrano risolti. E si diventa irrimediabilmente ciechi. Resta solo rabbia invidiosa da vomitare su chi ancora vede sperando che siano sempre meno.



venerdì 9 novembre 2018

MIGRANTI E INTEGRAZIONE


Oggi ho incontrato Raja, un uomo indiano che conobbi anni fa mentre mendicava all'entrata di un supermercato. Ci siamo intrattenuti una decina di minuti a chiacchierare. Mi ha raccontato che in India si è separato dalla moglie* e che ora vive a Sanremo con i suoi due figli di sedici e diciotto anni. Vive con loro in una piccola roulotte all'interno di un campeggio. In cambio dell'alloggio esegue lavoretti di manutenzione. Per il resto fa qualche giornata qua e là. Ci siamo ritrovati a parlare di politica e lui ha detto di essere preoccupato per i movimenti migratori. Affermazione legittima ma sono rimasta molto sorpresa a sentirne le motivazioni.
Riporto alcune sue frasi:
I migranti Siriani ad esempio sono ricchi perché sono ricchi e anche quelli africani lo sono, perché gli danno un sacco di soldi per venire in Italia. Non hanno bisogno veramente, hanno rotoli di soldi. È solo un piano per invadere l'Italia. È la mafia africana dei barconi che vuole diventare sempre più ricca. Anche la mafia italiana. Non sono contento di questa situazione. È tutto finto.”
Ho ribattuto parlando ad esempio dello Yemen, di donne gravide che affrontano il mare, di desertificazione, di conflitti per le risorse idriche, delle reali percentuali di spostamento e della varietà di destinazioni, del diritto a migrare e di quello a non (dover) migrare, di guerra, di fame. Mi osservava con aria perplessa mentre consideravo quanto fosse surreale essere io, anziché lui, a perorare una causa che ritenevo fosse anche la sua. Ripensando all'evidente miglioramento del suo italiano, dovuto, a suo dire, all'ascolto dei notiziari e alle chiacchiere per strada, deduco che le sue convinzioni siano l'esito di un'integrazione perversa. E constato l'efficacia di certa propaganda rivolta capillarmente soprattutto ai ceti medio bassi.


*Ho un'idea abbastanza precisa della condizione femminile in India, ma ho evitato di approfondire l'argomento chiedendogli del suo caso personale, perché sarebbe stato fuori luogo e ho rimandato alla prossima occasione.

ULTIMI DUE LIBRI LETTI

Un testo con cui ho dialogato, viste le numerose note a margine della mia Bic. Per tutta la trattazione l'autore, Colin Crouch professore emerito in Sociologia, tiene fuori dal discorso la questione della giustezza del sistema che analizza, fino alle conclusioni in cui preconizza l'avvento di un governo transnazionale come unica soluzione possibile ai problemi con cui ci stiamo, almeno alcuni, confrontando.
Un centinaio di pagine interessanti e una buona bibliografia di riferimento.
Colin Crouch - Salviamo il capitalismo dase stesso - Ed. Il Mulino





Un'ottima panoramica sull'attuale, e meno noto, orizzonte scientifico attraverso il racconto di un profano, con un linguaggio per non addetti ai lavori, colloquiale e, a tratti, ironico. Un riassunto efficace di vari argomenti di cui ho letto in questi ultimi anni singole trattazioni. Anche in questo caso consiglio di approfondire i riferimenti bibliografici e video inseriti dall'autore nel testo. Dalla crioconservazione, alla Singolarità, attraversando i movimenti di estropianesimo, transumanesimo, postumanesimo, il mondo dei grinder, e quello della fede. Le correlazioni tra morte, vita eterna, intelligenza artificiale, robotica, e società.

Mark O'Connell - Essere una macchina - Adelphi

mercoledì 31 ottobre 2018

RC AUTO, GENERALI, BERSANI, TRASPARENZA

Non è mia abitudine raccontare dei soprusi e disagi che quotidianamente il cittadino medio deve affrontare perché, salvo oneroso impiego di tempo e denari qualora uno disponesse di entrambi, raramente se ne viene a capo. Oggi però sono particolarmente propensa a farlo.
Intendo fare un po' di pubblicità alla Generali assicurazioni, elencando alcuni fatti.

Il primo. Molto in sintesi altrimenti diventa una soap.
Aprile. Conducente (A) in manovra di retromarcia urta spigolo anteriore parafango auto parcheggiata e lascia propri dati. Il proprietario del mezzo (B) coglie al volo l'opportunità di rifare la fiancata intera e non sente ragioni. A si rivolge alla propria assicurazione facendo presente la situazione e dichiarando che vi è presenza di testimoni a proprio favore e fotografie. L'assicurazione risponde che un perito farà i dovuti rilievi. A ottobre, al momento di pagare il rinnovo della polizza, A, stupito dell'importo, chiede spiegazioni e gli viene risposto che il perito gli ha attribuito la totale colpa. A quindi replica che nessuno ha mai visionato il proprio autoveicolo. Gli viene detto che il perito ha visionato presso una concessionaria un auto dello stesso modello per vedere se le altezze coincidevano. Fine della storia.

Il secondo.
Sempre A riceve la classica lettera di promemoria per la propria polizza auto in scadenza il 5 novembre. Visto il ponte dei Santi seguito da un sabato e domenica e trovandosi nei pressi dell'agenzia assicurativa, decide di andare a saldare l'importo alcuni giorni prima, anziché l'ultimo giorno o in uno dei primi giorni della canonica quindicina. In tale occasione scopre che per politica interna della Generali, che non intende più occuparsi di polizze rc auto e quindi sta man mano sfoltendo il portafoglio ad esse collegato, la sua polizza è stata bloccata e non vi è possibilità di rinnovo. Nessuno si è degnato di comunicarglielo preventivamente e con raccomandata. Se A fosse andato a pagare il premio ad esempio il 7 novembre avrebbe scoperto di guidare da due giorni un'auto priva di copertura assicurativa. E anche qui non credo ci sia da aggiungere altro.

Terzo. E non ultimo.
Qui viene il difficile. Perché ci vuole un po' a spiegare tutta la faccenda, legata tra l'altro alla legge Bersani sui premi assicurativi.
Stando a quanto detto in via ufficiosa da una responsabile del ramo assicurativo, le compagnie, per rifarsi degli sconti possibili con la legge Bersani del 2015, hanno deciso di applicare un sistema di classi interna per la determinazione delle tariffe dei premi. Ad esempio un utente con sinistro (per la cronaca quello di cui sopra) che sia passato da una CU 1 a una CU 3, in questa categoria di classi interna con la Generali passa da una 2 a una 14. Tradotto in soldoni: da 310 euro a 1460 euro. In pratica la percentuale di aumento viene applicata sul montante intero, e cioè nel caso specifico su 775, in quanto lo sconto Bersani è del 60%. Dopo aver consultato una decina di agenzie, il risultato è stato una serie di preventivi tra i mille e i duemila euro. Ammetto di non aver approfondito la questione in termini legali, ma se vero quanto affermato si tratta di un cartello vero e proprio il cui operato vanifica l'obiettivo della legge Bersani di rendere più accessibili i premi assicurativi. Tra l'altro lo storico comportamentale del conducente è ridotto agli ultimi 5 anni e all'interno di questi non considera quelli presso altre compagnie e precedenti all'aver usufruito dello sconto. Decenni di buona condotta vanificati. Un po' di chiarezza e di trasparenza all'atto della stipula permetterebbero agli utenti di valutare meglio se usufruire o meno della suddetta agevolazione economica. La cosa inquietante è poi sentirsi dire che cambiando auto si può nuovamente beneficiare della legge Bersani, come se la mala condotta dipendesse dal mezzo e non dal conducente. Più tutta una serie di altri consigli che confermano la fama da trafficoni di cui noi italiani godiamo.

Se qualcuno può correggermi o illuminarmi in merito a questa questione mi farà un gran favore.
Intanto andrò a piedi. Per principio e perché non posso permettermi di pagare il premio senza chiedere un prestito 

Nel frattempo ho letto qualcosa che conferma la mancanza di trasparenza non di tutti ma di molti assicuratori che si guardano dal spiegare per bene le cose. Vero è che dovremmo essere noi i primi a informarci ma la mole di questioni tra cui districarsi non sempre lo consente e sovente scopriamo le cose quando dobbiamo mettere mano al portafogli. Bisogna pagare fondamentalmente per la propria disattenzione.

giovedì 11 ottobre 2018

AI - INTELLIGENZA ARTIFICIALE


AI – INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Ieri ho partecipato a una giornata di studio, nell'Aula Magna del Rettorato dell'Università di Torino, riguardante l'intelligenza artificiale: "Intelligenza Artificiale. Una realtà tra sogno e magia". Un argomento che seguo da anni e su cui cerco di mantenermi aggiornata. Pur avendo, o forse proprio per questo, una formazione umanistica, amo la scienza e l'innovazione tecnologica nella misura in cui possono migliorare la vita sia individuale che collettiva nonché le condizioni dell'ambiente. E mi interessano in gran misura le implicazioni filosofiche, etiche e, non ultime, legali della questione.
Si sono succeduti vari relatori e, al termine, è seguita una tavola rotonda con studenti dei corsi di Laurea in Informatica e del Politecnico. Si è rimasti sul generale, alla fine si è parlato più che altro dell'Internet delle cose, cioè della tecnologia che permette prestazioni performanti grazie all'estensione della connessione internet a oggetti e luoghi, quindi non propriamente di intelligenza artificiale. Una trattazione direi di primo approccio, nulla che non sapessi già, per cui il mio desiderio di apprendere oltre è stato in parte deluso. Dico in parte perché si è trattato comunque di un'occasione di incontro e perché al termine ho avuto modo di scambiare opinioni con alcuni uditori.
Tra essi una psichiatra che, durante il dibattito e di fronte all'entusiasmo acritico e eccessivamente specialistico degli studenti, ha fatto riferimento alle patologie psichiatriche legate all'utilizzo compulsivo di schermi come unico tramite con il mondo. Patologie da anni ormai contemplate nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell'APA Associazione Psichiatria Americana). Forse la dottoressa è uscita un po' dal tema della discussione ma ciò è servito a evidenziare come le nuove generazioni, capaci e brillanti, difettino di una visione d'insieme, come siano incapaci di guardare dall'alto. Si sono mostrati increduli all'idea che possano esistere simili patologie e non avevano mai fatto caso al fatto che nei rapporti virtuali non si utilizzino alcuni sensi, quali olfatto e tatto, e che possano esserci mutazioni posturali, indebolimento muscolare, abbassamento della vista. Sanno cos'è la linguistica computazionale ma hanno difficoltà a dare una definizione esaustiva di linguaggio. Sono fieri di quella che viene chiamata Quarta Rivoluzione Industriale, Industria 4.0, ma mi chiedo se sappiano cos'è la Terza Rivoluzione Industriale. A questo proposito sono costretta ad ammettere che la definizione che ne do io non corrisponde esattamente a quella che si trova online, intendendola infatti io nell'accezione rifkiniana, se mi passate il termine.
A un certo punto è intervenuta dal pubblico Silvia Rosa Brusin, la nota conduttrice di TG Leonardo. Sottolineando la diretta proporzionalità tra la massima prestazione di un'applicazione e la quantità di dati necessari, e cioè più vuoi che funzioni più dati ci devi mettere, ha sollevato la questione della necessità di legiferare in materia senza regalare la totalità dei nostri dati sensibili privi del benché minimo controllo sull'uso che ne verrà fatto. Anche in questo caso un misto di imbarazzo, forse maggiore vista la notorietà dell'interlocutrice, e di sufficienza, come a dire: sono in là con gli anni, non sono al passo con i tempi, non vedono le potenzialità, hanno paure irrazionali. Di fatto non hanno risposto se non in modo evasivo.
Ho preso parola anch'io chiedendo se ritenevano del tutto fuori luogo discutere di un'etica per le “macchine” visti e considerati gli obiettivi assai concreti dei movimenti transumanisti e postumanisti. Hanno tergiversato qualche secondo e sono passati ad altro senza rispondere. Evidente il fatto che non sapessero di cosa stavo parlando. Spero che qualcuno mosso da curiosità sia andato a documentarsi.
Ammiro la loro dedizione, la fiducia che hanno nel progresso, la capacità di destreggiarsi agevolmente in ambiti tanto complessi ma io non voglio una futura generazione di tecnici abilissimi, ma una di uomini capaci, riflessivi, lungimiranti, in grado di tenere le redini, non solo di oliare i mozzi delle ruote. Perdonate ragazzi, la mia è una generazione di mezzo. Tra i libri e la rete. Forse non riesco a spiegarmi perché ormai abbiamo linguaggi diversi ma concedete a me, alla psichiatra, alla signora Brusin, di ritenerci a buon diritto un amalgama felice di conoscenze. Persone capaci di vedere verso entrambe le sponde e formulare una visione d'insieme, una sintesi altrimenti preclusa.
Dovrebbe essere obbligatorio, nelle facoltà scientifiche, almeno lo studio della filosofia e della geografia sociale ma, vista la recente abolizione del tema di storia dagli esami di Maturità, la vedo dura. Si vuole eliminare dalle menti la capacità di contestualizzare e ciò è di una gravità senza precedenti alla luce della rapidità con cui tutto si sta evolvendo.
Altrettanto grave è che i relatori, per tutto il tempo di questo dibattito innescato dall'uditorio, abbiano lasciato la palla ai giovani e se ne siano stati muti.
Da menzionare, tra le cose sentite, il riferimento fatto da un relatore all'industria dell'etichettatura: il lavoro nascosto e sottopagato dei data- tagger.
Per il resto me ne sono andata via con un senso di perplessità e, credo legittima, preoccupazione.
Stamane, leggendo un articolo sull'argomento, ho trovato questa frase: “la densità delle persone è proporzionale alla densità dei dati.”. Non so spiegarlo in poche parole ma io la frase l'avrei detta almeno alla rovescia. Pensateci.

giovedì 4 ottobre 2018

L'EUROPA NON FUNZIONA?

L'Europa unita non funziona bene. L'euro non funziona bene. Grandi differenze economiche e amministrative, politiche e culturali nei Paesi che la compongono rendono quasi impossibile il funzionamento del progetto unitario. Facile attribuire ad esso la responsabilità di tutto ciò che non va.
Senza riferirmi a una personale appartenenza politica, ho apprezzato il seguente passaggio di Cuperlo riguardo la creazione di una lista civica nazionale, battezzata "Nuova Europa":

... costruiamo attorno al progetto liste inclusive di personalità solide per principi difesi e lotte vissute. Andiamo a cercare chi condivide due sentimenti. L’allarme per il ritorno di un nazionalismo violento pronto a intaccare verità scolpite della democrazia liberale; e il bisogno di rendere all’ideale europeo l’anima sociale che lustri di rigorismo hanno mortificato.

mercoledì 3 ottobre 2018

DECRETO LEGGE SU IMMIGRAZIONE E SICUREZZA


La diffidenza verso lo straniero è ormai, come si usa dire, un sentimento trasversale. L'approvazione delle misure del Decreto legge su immigrazione e sicurezza, che già nella denominazione rivela la spudoratezza di una narrazione bugiarda, ne è la prova.
A dispetto dei dati reali su reati e invasione, l'abbinata dei due termini come un unico concetto passa perché già assimilata.
Calza a pennello un pensiero che ho avuto alcuni giorni fa, e cioè che chi oggi non comprende la gravità della situazione, lo stato d'emergenza in cui siamo (ben diverso da quello sbandierato dai media), ne scoprirà attonito le conseguenze sulla propria pelle tra qualche anno. Se oggi siamo a questo punto è in buona parte il risultato del nostro disinteresse e pressapochismo. Della nostra propensione a credere che qualcun altro risolverà per noi e nel migliore dei modi i problemi, del nostro perenne delegare, del cronico rifiuto a un'assunzione personale di responsabilità. E ora ci ritroviamo di fronte a qualcosa che non ci aspettavamo, almeno non in misura così eticamente compromettente. Un minimo imbarazzo infatti ci coglie nell'apprendere che, ad esempio, la cittadinanza può essere revocata per un sentenza di condanna (che sia di primo grado è grave ma il punto è che fedina penale e cittadinanza non hanno per nessun altro qualcosa a che vedere l'una con l'altra), che il diritto alla difesa non è tutelato e lo sarà sempre meno, che il periodo di soggiorno forzato nei Centri di identificazione ed espulsione passerà da tre a sei mesi. Che nemmeno donne gravide, anziani, disabili, persone che hanno subito stupri, torture, mutilazioni, potranno accedere agli Sprar. Cittadini di prima, seconda, terza classe. Di questo si tratta. E tutto ciò ha preso forma un poco alla volta a partire dal 1995 con la detenzione “amministrativa”, per passare alla Bossi- Fini, a Maroni, a Minniti, con l'istituzione di tribunali speciali per i soli immigrati, anzi, meglio, per i soli migranti, fino al recente Decreto Legge. È così che funziona: un pezzetto alla volta, che un bel mattino è tutto diverso ma non riesci a mettere a fuoco cosa c'è di diverso, perché, finché non ti tocca in prima persona, la tua vita assomiglia più o meno a quella di sempre. Triste pensare che in tanti siano convinti di partecipare a una svolta rivoluzionaria, e impieghino tanta altrimenti necessaria energia in un processo di abiura dei diritti umani. Un delitto sociale perpetrato con noncuranza, da noi stessi a nostro precipuo danno.

martedì 2 ottobre 2018

IL DUBBIO

Lasciando fuori qualsiasi considerazione politica in merito, questa notte seguendo la rassegna stampa relativa alle reazioni dell'Unione Europea, alle variazioni dello spread, e ai commenti generali, riguardo la manovra economica italiana, con Tria che abbandona l'Ecofin (che sarebbe il Consiglio dell'Unione Europea quando è formato dai ministri delle Finanze dei Paesi membri), mi sono chiesta: Ma non è che critiche e condanne ci sarebbero state comunque? E cioè non a causa dell'errore "oggettivo" di una scelta economico finanziaria ma banalmente perché non in sintonia con l'imperativo ideologico imperante di crescita? Non so perché la mia attenzione si è focalizzata sull'accusa di Bruxelles: è tutto fuori dalle regole. Anche una proposta ineccepibile sarebbe stata liquidata malamente se fuori dalle regole? A questo punto della storia contemporanea il dubbio è legittimo.

venerdì 28 settembre 2018

CONTRO LA PLASTICA COMPOSTABILE


A fine agosto con un'amica ho trascorso una giornata in una spiaggia libera organizzata con un'ampia zona attrezzata in modo eccellente per umani con cani. Oltre a ciò, ovunque bidoni per la raccolta differenziata e tutti i contenitori alimentari del chiosco in materiale "compostabile". Derivati da canna da zucchero e amido di mais.
Ecco, io sono contraria all'utilizzo di tali materiali. So che può apparire quasi una bestemmia in questo mondo soffocato dalla plastica e che scegliere materiali biodegradabili possa apparire un comportamento virtuoso, etico, e responsabile, ma qualcosa non quadra. La prima impressione è stata di trovarsi in un'oasi felice, una rarità che dovrebbe essere regola. Chi potrebbe non auspicare una società tanto attenta all'ambiente? Il fatto è che si tratta dell'ennesima soluzione di superficie.
Quanta terra serve per produrre sufficiente canna da zucchero e mais da soppiantare l'utilizzo della plastica o diventare biocarburanti? Quante tonnellate annue di pesticidi e fertilizzanti occorrono? Quali danni irreversibili al suolo portano tali monocolture? Quali sono le condizioni dei lavoratori costretti a lavorare a cottimo e privi di tutele? Quali sono i reali costi di questa rivoluzione green?
Il punto non è sostituire la plastica ma rifiutare la cultura dell'usa e getta. Non è cambiando i materiali di qualcosa che utilizzeremo una sola volta che risolveremo il problema. Semplicemente lo sostituiremo con un problema diverso ma altrettanto serio. Dovremmo intanto iniziare facendo un reset del nostro modo di intendere la quotidianità. A partire, ad esempio, dalle grigliate tra amici, dalle mense, dalle scuole e ospedali, da tutti quei luoghi in cui si potrebbe con poco sforzo ritornare a ceramica e vetro. Smettere di credere che le risorse siano infinite. E non solo rinunciare agli imballaggi in plastica ma meditare anche sui cibi che vi sono contenuti, su quale sostenibilità abbiano. Piantarla una buona volta con la degenere filosofia dell' All you can eat. Di ogni prodotto imparare il concetto di supply chains, le catene di approvvigionamento, e non considerare solo il risultato all'interno del nostro portamonete. Riflettere che se paghiamo 750 grammi di passata di pomodoro 58 centesimi, forse qualcun altro da qualche parte sta pagando al posto nostro i costi nascosti che a noi sono risparmiati per renderci consumatori massivi e acritici. Del tutto, poi, incapaci di valutare fenomeni sociali e operare oculate scelte politiche.
Chi non comprende oggi la gravità della situazione, chi elude le domande implicite nell'attuale stato delle cose, ne scoprirà attonito le conseguenze tra qualche anno e l'unica cosa che potrà fare sarà incattivire sempre più, in un processo collettivo e inesorabile di caduta verso il basso.


6 settembre 2018

UNA POESIA


VONGOLE

Dopo il respiro lento a dare la sabbia
questo momento lungo ammonticchiate
sotto a un’acqua che si scalda di grado in grado
state severe chiuse ostinate
A trattenere immobili tra le valve
la vita unica vostra conosciuta
fino alla resa speranza che il calore mortale
non venga dall'esterno il dolore

Forse appartiene al cosmo
del dentro, allora aprirsi
ingoiare il fiato di liquido fresco
che ancora forse verrà da fuori
Le stolte!
Alcune con quale tenacia invece
resistono a schiudersi.
Lo sanno
Ma infine anche l’ultima cede

2014



(presente nell'antologia Riflessi di Ponente - Edizioni La Vita Felice)

mercoledì 19 settembre 2018

IL MOLO DAGLI SCOGLI MORBIDI


È interessante osservare come nascono convenzioni e narrazioni nei gruppi sociali. È sufficiente dare un'area circoscritta frequentata e vissuta da un certo numero di individui per constatare, dopo un certo lasso di tempo, la nascita di codici comportamentali propri ed esclusivi di quella data area. Non importa che tali codici siano comprensibili all'esterno, che venga pregiudicata la comunicazione, conta solo che consentano il mutuo riconoscimento all'interno del gruppo costituitosi.
I linguaggi sono il risultato dell'incrocio delle esperienze e delle indoli individuali ma sono in gran misura veicolati dai luoghi, luoghi che fungono da mezzo di comunicazione anche tra parlanti privi di conoscenza reciproca e di idioma comune. Dai luoghi nascono emozioni e idee. Dai luoghi nascono parole. Quindi pensieri, intenzioni, azioni.
Ed è di un luogo che voglio raccontare: un molo di Borgo Prino a Imperia frequentato da villeggianti, più o meno gli stessi di anno in anno, e da autoctoni. Ognuno si fa i fatti propri, ci si scambia un segno di saluto e un sorriso per l'abitudine a incrociarsi e talvolta un paio di battute su clima e mare. Nessuno lo insozza o lascia rifiuti. È un bel posto, ci si sta bene e tutti fanno in modo che ci si continui a star bene. A me piace andarvi al mattino molto presto e ho un mio scoglio preferito che, tra me e me, ho sempre considerato uno scoglio morbido perché comunque mi ci sdrai sto sempre comoda. Capita che arrivi in ritardo e trovi il molo deserto a parte qualcuno che ha già occupato il “mio” scoglio. Evidentemente, penso, non sono l'unica a trovarlo morbido, e dirotto su uno degli altri scogli che, nel tempo, ho appurato sufficientemente comodi. Ho sempre notato che i frequentatori del molo hanno, ognuno, una zona preferita ma, alla terza occasione in cui, percorrendo il molo per andar via, ho sentito dire da qualcuno rivolto a chi era in sua compagnia, mi metto qui perché questo è uno scoglio morbido, ho avuto conferma della forza che hanno i luoghi nel creare il linguaggio. Di farlo sgorgare nell'animo delle persone in modo indipendente le une dalle altre. Mi ha messo di buon umore scoprire che degli scogli abbiano potuto comunicare l'idea della morbidezza a più persone senza che queste ne abbiano parlato tra loro. 
Penso a quante persone vivono in luoghi inospitali. Che siano baraccopoli, terreni minati, terra crepata priva di acqua, periferie degradate, abitazioni malsane, o qualunque altra condizione analoga. Quali linguaggi possono nascere da tali luoghi? Quali pensieri e azioni? E noi, esseri umani, continuiamo a imbruttire ciò che resta. Salvo proporre a caro prezzo e per pochi un surrogato di bellezza con opere di gentrificazione e con la creazione di ricche enclavi circondate da alti muri,
Sul molo del Prino, ognuno ha trovato il proprio scoglio morbido, quello che meglio si adatta alle proprie ossa, ma ci si scambia il giaciglio di buon grado perché si è capito che si sta bene ovunque ci si metta e che tutti hanno rispetto del luogo e lo tengono bene. E ci si scambiano sguardi cordiali, soddisfatti del comune benessere.
È la bellezza che educa il cuore. Senza di essa l'intelligenza non avrà peso sufficiente.
Resto dell'idea che di questa terra si debba fare un unico luogo comune, bello, sano e accogliente, da condividere. Ed è ancora possibile farlo.

sabato 15 settembre 2018

RIFLESSI DI PONENTE


Il piacere di essere presente nell'antologia poetica edita da La Vita Felice, dedicata alla Liguria di Ponente. Un ringraziamento all'editore Gerardo Mastrullo e al curatore e amico Carlo Giorgetti.

SESSO E APOCALISSE A ISTANBUL





Raramente scrivo recensioni di libri. Mi piace consigliare la lettura di quelli che, per un motivo o per l'altro, possono a mio giudizio arricchire chi legge ma ritengo non esistano recensioni esaustive. Credo sia giusta l'asserzione che di un testo esistano tante versioni quanti sono coloro che lo leggono. Ho però deciso di recensire, ancor prima di leggerlo, l'ultimo romanzo di Giuseppe Conte, “Sesso e apocalisse a Istanbul”, stuzzicata dai molti giudizi negativi che ho sentito. Riassumendo i commenti sono stati: un testo privo di contenuti e idee, un'accozzaglia di volgarità fine a se stesse, il delirio di una persona con frustrazioni non più controllabili.
Ho terminato di leggere mezz'ora fa e ho deciso di scriverne immediatamente.
Partirei dall'avvertenza al lettore, in cui l'autore dichiara sostanzialmente che Io è un altro. Non si tratta, per me, di un mettere le mani avanti o lavarsele a fronte di prevedibili critiche ma di una chiara dichiarazione d'intenti che mi ha fatto pensare alla teoria recitativa di Stanislavskij. Teoria che presuppone l'abbandono dello “stato attorico”, in cui l'interprete simula stati d'animo che non sono suoi, per arrivare a una condizione in cui l'attore cede invece  se stesso al personaggio in un'operazione di identificazione assoluta, preparata da uno studio accurato del personaggio e del suo ambiente, al punto che lo spettatore non potrà che vedere sulla scena il solo personaggio e non più l'attore. Conte di riferisce secondo me a un procedimento analogo, l'unico che potesse permettergli di raccontare ciò che racconta senza apparire didascalico o saccente. Ha deciso di essere specchio del mondo e il mondo è volgare. Non lo è lo scrittore. Egli semplicemente presta se stesso e la propria capacità narrativa a un narratore che è lui ma non è più lui.
Quanto alla mancanza di contenuti ed idee, direi che ce ne sono in abbondanza anche se appena accennati. Nessun approfondimento, nessun giudizio, se non breve e lasciato scivolare qua e là, forse nella speranza che, in questa società con deficit d'attenzione, possa essere proprio la brevità a far attecchire un qualche spunto di riflessione. Solo un disseminare informazioni e accadimenti con una noncuranza che è specchio puntuale della noncuranza con cui accogliamo ed espelliamo in gran fretta, anche per limiti di capienza, l'eccesso di fatti che sono la nostra storia umana contemporanea.
I fatti di piazza Taksim e del Gezi Park, l'evolversi delle posizioni dell'Europa nei confronti della Turchia, e della Grecia, il capitalismo autoritario della Cina in Africa, la diaspora delle bellezze dell'Est dopo il crollo dell'Unione sovietica, il commercio di carne umana, il fascismo e la finanza globale, la povertà in Russia, compensata un tempo da sogni di grandezza che culminavano nel volo di Gagarin e oggi dal poter accedere a qualche ammennicolo elettronico e a qualche soggiorno all'estero, il mai abbastanza approfondito fenomeno sociale dei foreign fighters, i concetti di fede e di purezza, di una forza vergine e di una lotta che dovrebbero spazzare via dal mondo ogni forma di sopraffazione ed empietà e far regnare nel mondo onore e giustizia. E, ancora, la Siria in fiamme, il traffico di armi per Assad, di armi contro Assad, di armi per i Curdi, di armi per il Califfato contro i Curdi, il concetto di vita dell'universo, l'entropia, la denuncia della banalizzazione del concetto di tragedia.
Quindi il sesso, la cui presenza permea il libro dall'inizio alla fine. Ho trovato un solo paragrafo che ritengo eccessivo, per il resto le particolareggiate descrizioni di atti sessuali riflettono quella che è l'attuale e predominante tipologia  di fruizione del sesso. Non c'è erotismo, non è eccitante. La felice scelta del verbo zoomare, che ho incontrato nel terzo capitolo, è rivelatoria in tal senso, apocalittica. Tutto ciò che è normalmente nascosto, intimo, segreto, viene offerto in fotogrammi macro. Cavità, orifizi, umori. I contatti sono tra genitali non tra persone. Chi abbia anche solo una conoscenza sommaria dell'universo sessuale online, senza arrivare al mondo del web sommerso che, personalmente, ho avuto modo di sondare per una ricerca giornalistica, non potrà che riconoscerne una fedele narrazione, a mio parere persino edulcorata. Più che di volgarità il libro è colmo di disincanto, è un libro triste che sa di resa. Dove non si può far altro che ricondurre l'esistenza a quel momento in cui siamo tutti uguali come dinanzi alla morte. In cui perdiamo identità e desideriamo solo annullarci nella materia oscura di un tratto intestinale, nella cecità della carne.
Il disgusto provato da diversi lettori è prova dello stato di generale e indotta anestesia, perché tale disgusto dovrebbe essere pregresso alla lettura di un testo come questo. Dovrebbe manifestarsi quotidianamente e determinare un fermo e concreto rifiuto delle reiterate offese nei confronti dell'essere umano, dell'intelligenza, dell'humanitas, del pianeta, in sintesi della vita in tutte le sue manifestazioni.
Mi rincresce non aver letto il libro prima di partecipare alla presentazione: avrei chiesto a Giuseppe Conte conferma o meno della mia analisi.