martedì 27 dicembre 2016

NATALE ERRANTE

Fin verso le undici ho vagabondato per le strade di New York con le tavole di Giacomo Bevilacqua*. Il cielo terso dalla finestra di fronte al mio letto ben si accordava con quello dei suoi disegni. Terminata la seconda abbondante tazza di caffè, mi sono alzata e vestita per uscire.

Dopo dodici anni ho brindato insieme al mio ex compagno di una vita, suo fratello, la moglie con l'attuale marito, mio nipote, la sua fidanzata. È stato piacevole, se pur un poco strano dopo tanto tempo. Quando si sono messi a tavola me ne sono andata per raggiungere casa di mia madre. Lasciarla sola con quell'acida di mia nonna e con un marito le cui mani ormai si sono fuse l’una con il telecomando televisivo, l’altra con lo smartphone, mi pareva crudele.

Mi sono messa in auto alle 13.30. Strade deserte.
Seduta a una fermata del bus, vedo una donna anziana, di buona corporatura, abbottonata nel cappotto beige, un foulard in testa, la borsa della spesa ai piedi. La supero ma al primo incrocio devio per tornare indietro. Raggiungo nuovamente la fermata e mi accosto tirando giù il finestrino. Chiedo alla donna se le serve un passaggio. Non credo, le dico, che l’autobus passi a breve. Non risponde. Mi guarda e sorride. Le do il tempo di valutare la sicurezza di salire sull’auto di una sconosciuta, sorridendole a mia volta. Dove deve andare, le chiedo. Continua a sorridermi e non risponde. I suoi occhi dicono: grazie ma non ho bisogno di un passaggio, sto bene qui. La saluto augurandole buon natale, faccio inversione, e mi allontano.

Devo percorrere circa mezz’ora di strada. Il percorso è periferia, centro, costa, campagna. Faccio caso a chi vedo. Arrivando in centro qualche automobile la incrocio. Qualcuno in ritardo per un pranzo, qualcuno che l’ha già stranamente terminato, qualcuno che starà andando al lavoro o ne starà tornando. Noto le persone a piedi. Poche, isolate. Camminano per far passare il tempo.  È evidente dall’andatura. Sono le persone sole. Quelle che hanno deciso di non stare chiuse in casa ma di godere della bella giornata. Forse incontreranno qualcuno con cui scambiare due parole. Si appropriano della città ferma e silenziosa. Lo faccio anch’io spesso di errare nelle ore deserte. Anche oggi, in fondo. Mi sto spostando per toccare squarci della mio passato in pacifica solitudine.

L’ultimo tratto è tra gli ulivi. Accosto e mi siedo sul ciglio tra l’erba per qualche minuto prima di raggiungere casa di mia madre. Si sta bene. C’è un buon odore nell’aria.

25 dicembre 2016



*“Il suono del mondo a memoria” Bao edizioni

venerdì 16 dicembre 2016

OSPEDALE DI IMPERIA

A parte tutte le legittime considerazioni su reparti che se vanno, progetti di ospedali unici, personale carente, con tutte le problematiche annesse, quindi quell'insieme di faccende imputabili ai livelli amministrativo, politico, imprenditoriale, vorrei scrivere giusto due righe a favore dell’ospedale di Imperia.
È molto facile infatti partire da taluni disservizi per denigrare in toto una realtà professionale al servizio del cittadino. Personalmente, in trent'anni, a parte alcune estenuanti attese in pronto soccorso, non posso che parlare bene dell’ospedale di Imperia. Operatori sanitari, infermieri, medici, addetti agli sportelli, tutti inclusi. Certo c’è chi un mattino si alza con il piedi sbagliato e non riesce a lasciare fuori dal reparto il proprio malumore, ma siamo umani, cerchiamo di comprenderci l’un l’altro. Chi sta male fa più fatica senz'altro ad accettare uno sgarbo o un modo sbrigativo, ma chissà che c’è in quel momento nella vita della persona da cui riteniamo di essere stati maltrattati.
Diamo spazio e luce a quello che va, che funziona, che c’è di buono.
Giusto l’altro ieri e stamane ho avuto a che fare con una dottoressa del reparto di radiologia (senologia). A fine visita le ho stretto la mano dicendole che era stato un piacere, augurando a lei e all'infermiera buona giornata e buon lavoro.
Ma quando mai si esce da una visita  medica dicendo che è stato un piacere? Se è accaduto vuol dire che concretamente queste persone si sono rapportate nel migliore dei modi.

Succede, succede spesso. In tanti ambiti della nostra quotidianità. Forse però siamo talmente chiusi in noi stessi da non accorgercene o, peggio, da non permettere al prossimo di dare il meglio di sé.

MERAVIGLIOSE SORTI E PROGRESSIVE


Direi che è sotto agli occhi di tutti che abbiamo sbagliato. Abbiamo. Noi.
Noi che ne siamo stati attivi fautori. Noi che abbiamo preso tutto per buono e delegato. Noi che abbiamo colto i segni ma siamo stati  zitti. Noi che ci siamo sentiti piccoli e impotenti e ci siamo arresi. Noi che non ce n’è mai importato nulla purché il nostro status venisse garantito. Noi che ci siamo sbrodolati addosso l’un l’altro di aver ragione nelle nostre nicchie autoreferenziali. Non tutti ma sicuramente la maggior parte rientriamo in almeno una di queste categorie.

Un mondo perfetto e giusto, senza barriere, un mondo fatto di solo progresso e innovazione, che però esiste solo nella nostra fantasia o nei salotti di chi può permettersi di crederci perché ne gode e usufruisce.

SICUREZZA

È triste udire persone da sempre considerate di intelletto brillante pronunciare frasi come la seguente:

«Personalmente mi va benissimo che abbiano accesso a ogni mia comunicazione, messaggio, o quello che è, che mi circondino di telecamere. Per me le possono mettere dove vogliono, purché mi garantiscano protezione e sicurezza. È giusto mettere tutti quanti sotto controllo. Videosorveglianza, accesso ai dati, quello che serve. Chi non è d’accordo evidentemente ha qualcosa da nascondere.»

ZTL, PARASIO, CLIMA

Ho letto della causa che il signor Giacomo Raineri deve affrontare riguardo al proprio permesso di accesso alla ztl del Parasio. È accusato di aver dichiarato il falso al momento della richiesta del permesso, in quanto l’auto da lui condotta in realtà sarebbe intestata alla moglie che non la usa mai ma, lavorando presso un’assicurazione, ha il mezzo intestato per usufruire di uno sconto di cui, come dipendente, gode. Fermo restando che della vicenda so solo quanto appreso dal giornale, e a ciò mi attengo, direi che si tratta di un inutile dispendio di tempo e denari.
Ho già scritto in passato  sull'argomento ma questa notizia mi costringe a tornarci sopra. 
La mia domanda è:« Ma cosa vi importa di sapere a chi è intestata l’auto? Nel momento in cui si stabilisce che chi è residente ha diritto a un permesso per i propri mezzi, se un individuo residente abbina al proprio nominativo un mezzo, e quello è, quello utilizza come proprio, dove sta il problema?»
Mi è stato risposto che tanti eludono il pagamento del passaggio di proprietà e pertanto il pretendere la corrispondenza tra intestatario del permesso e proprietario del veicolo è un disincentivo nei confronti di tale cattiva condotta.
I furbi non piacciono a nessuno (dovrebbe essere così ma inizio a essere convinta del contrario, comunque questo è un altro discorso), però quando si parla di medesimo nucleo famigliare, insomma, un po’ di buon senso sarebbe d’uopo.
Buon senso da applicarsi anche nel caso in cui tre persone, di cui due residenti senza auto, una non residente con auto, decidano di utilizzare in modo intelligente un mezzo in tre, visto che per loro è sufficiente. Invece questa civile prassi viene impedita sempre in nome del disincentivo di cui sopra.  Infatti al residente che ha richiesto di abbinare al proprio nominativo l’auto del non residente è stato risposto picche. Invece una coppia che abbia due auto non ha problemi. O, ancora, perché un residente, quindi un avente diritto, che non ha l’auto ma un parente gliene impresta una per le necessità (a volte urgenti e non prevedibili) non può lasciare una segnalazione fissa della targa presso il Comando dei vigili, come mezzo usato in modo saltuario?
Perdonate ma io trovo tutto ciò assurdo. Non lamentiamoci poi che quando fanno le conferenze sul clima ci prendano per i fondelli.



p.s. Sarebbe anche il caso di eliminare le strisce azzurre di alcuni parcheggi nei quali non si può parcheggiare in quanto trattasi di passi carrai.

giovedì 8 dicembre 2016

TRUMP E LA CINA

A proposito delle varie intenzioni di Trump, quelle di innalzare una barriera di dazi nei confronti della Cina, e sabotare definitivamente il TTP (Trans Pacific Partnership), accordo nato soprattutto per contenerla la Cina, rischiano di essere una scelta strategica decisamente poco felice per gli Stati Uniti.
La Cina è il maggior creditore degli Stati Uniti e, a fronte di una tale politica da parte del neo presidente Usa, potrebbe vendere buona parte dei bond in suo possesso a garanzia del credito facendone crollare il valore e salire gli interessi con gravi conseguenze per l’economia americana e non solo. Inoltre si rafforzerebbe il Free Trade Area of the Asia Pacific che oltre ai Paesi dell’Asean, includerebbe appunto Cina, Australia, Giappone, Nuova Zelanda, India, Corea del sud, dando corpo a un nuovo blocco economico che sposterebbe di molto gli equilibri geopolitici. Trump rischia di ottenere il risultato opposto a quello che si prefissa. 

Ogni scelta in ambito economico e finanziario deve tener conto di una tale mole di fattori e implicazioni, effetti domino transnazionali,  ripercussioni sociali, ambientali, giuridiche, che si potrebbe dire che siamo in una situazione di stallo. In effetti non c’è decisione scevra da una qualche ripercussione negativa. Abbiamo creato un meccanismo sofisticato, complesso, ed enorme al punto che abbiamo il terrore che, a introdurre modifiche dirette all'equità, questo si inceppi o addirittura si scardini e frantumi lasciando il caos. Ci mettiamo delle pezze con la creazione compulsiva di organismi preposti a, di accordi commerciali, di sistemi di controllo, una rete infinita di sigle, acronimi diversi che ripetono però lo stesso contenuto e indicano la stessa direzione. Abbiamo così tanta paura e siamo a tal punto arroganti che ci rifiutiamo non tanto di riconoscere la gravità della situazione globale ma quasi l’esistenza del problema. Lo marginalizziamo. Lo riconduciamo a categorie per convincerci di poterlo controllare. Il mondo che siamo riusciti a mettere insieme è troppo fragile per essere cambiato. Di questo siamo convinti.


Il fatto che si tratti di un meccanismo fragile per cui intoccabile non lo rende però giusto. E, vista l’assenza di una reale volontà di ripensarlo, comprensibile che a qualcuno per ignoranza e fanatismo, a qualcun altro per disperazione, venga voglia di distruggerlo.

AFRICA AL PARASIO

Sono rimasta incantata nel vedere in via Vianelli, al Parasio, due donne africane camminare ognuna con una scatola sulla testa. La prima con una confezione intera di latte in tetrapak, l’altra con pacchi presumo di riso, farina, legumi.
Non so ancora dove abitano. Dove sono stati alloggiati.  Da dove vengono soprattutto. Li ho visti a due, tre alla volta e dalle fisionomie direi che saranno dieci, dodici tra uomini, donne e bambini.
Vederle procedere a quel modo, lente, ritte e fiere, ho pensato a quanto deve sembrare strano loro tutto quanto. Anche solo gli spazi, la luce, la temperatura. Gli orari, i modi, le abitudini di noi che siamo qui. I nostri problemi. Altrove, in giro per l’Italia e in giro per l’Europa, avrebbero sentito altri odori, incontrato altri sguardi, visto altri panorami. Ma tutto ugualmente bizzarro e incomprensibile per persone tanto lontane da casa.
Vivo in un posto bellissimo ma se penso alla bellezza dell’Africa, agli orizzonti aperti e profondi,  mi sembra impossibile che chi vi è nato non provi comunque una nostalgia infinita. Il comunque sta per tutti i vergognosi motivi che rendono quelle terre sempre più inospitali e mortifere.

RICICLARE I SOGNI

Com'è facile cedere alla tentazione di riciclare i sogni che abbiamo condiviso con qualcuno che abbiamo amato con qualcun altro che amiamo dopo. Funzionavano, emozionavano. Perché non dovrebbero funzionare ed emozionare ancora?
Forse perché certi sogni nascono dall'empatia che si crea tra due specifici individui, dall'amalgamarsi dei pensieri, delle idee, e delle esperienze che essi specificatamente hanno. Non è replicabile.  Una volta separati, e poi uniti ad altri individui, essi saranno causa e materia per altri sogni.
Replicare, ripetere, riproporre, pronunciare identiche frasi sarebbe solo il simulacro di qualcosa che non è più. Sarebbe una veste di misura sbagliata, qualcosa di posticcio e sistemato sopra.
Mi si strizzerebbe il cuore se un domani, per fare un piccolo banale esempio, mi innamorassi e mi sorprendessi a parlare di mettere su un piccolo bistrot in campagna con un paio di camere annesse.
Certo, tutto è già stato. Si arriva a un punto in cui ci si ferma, un po’ ci si arrende, e semplicemente ci si pacifica di fronte all'ascolto di chi sente per la prima volta un sogno del nostro passato credendolo vivo e pulsante. Ma noi sappiamo bene che si tratta soltanto dell’ombra di qualcosa che non siamo stati in grado di realizzare.

SANTA BARBARA E GLI ULTRA NAZIONALISTI

Mi ha fatto uno strano effetto leggere della riunione dei movimenti ultra-nazionalisti a Varsavia presso la chiesa di Santa Barbara. Sarà che mi chiamo Barbara, sarà che l’ho letto, in ritardo, proprio il 4 dicembre. Sarà che pensare al cattolicesimo unito a certe ideologie mi fa venire i brividi. Croci celtiche, bandiere nazionali e bibbie.Così ci si difende dall'invasione nemica. Con le medesime armi. Sic et simpliciter.

mercoledì 23 novembre 2016

GRAMMATICA DELL'ITALIANO ADULTO

Ho finito di leggere il saggio di Vittorio Coletti "La grammatica dell'italiano adulto" e tra tutte le cose che ho letto, note e non, ce n'è una che non comprendo.
A pagina 109, scrivendo della particella ci/ce, l'autore spiega la funzione intensificante o modificatrice che essa determina unendosi a taluni verbi. 
In linea di massima spesso si può attribuire al ci il ruolo di un avverbio di luogo: anche nel verbo entrarci o non entrarci (ad es. noi c'entriamo eccome in questa faccenda; lei non c'entra nulla;) il significato è riconducibile a un luogo, se pur figurato. Nel primo esempio tale luogo è espresso da in questa faccenda, che rappresenta anche una dislocazione a destra, sarebbe a dire una sottolineatura di quanto già implicito nel c'.
L'esempio ci vogliono due uova per fare la frittata, lo traduco (forse sbagliando) invece con un pronome personale atono che indica un generico a noi servono due uova per fare la frittata, e l'esempio ci conto lo traduco con su questa cosa conto, quindi in qualche modo sempre un luogo,
Vengo al dunque. Quando, invece, trovo:
"Hai l'ombrello?"
"Ce l'ho."
mi chiedo perché non si possa dire semplicemente "L'ho". Come si può tradurre il ce?
E nel verbo avercela, avere + ce + la, dove la si riferisce alla collera, alla rabbia o, comunque, a un qualcosa che si ha/prova nei confronti di qualcuno, il ce che cos'è? Solo un suono? O lo si può ricondurre a una funzione logica? 
Gentile signor Coletti, ho apprezzato molto la lettura del suo testo e le sarei grata se mi chiarisse anche questo punto. Diverse volte mi hanno posto la questione e non sono stata in grado di rispondere.
Ne approfitto anche per ringraziarla per i lumi sui verbi disfare e redarre, nonché per avermi insegnato che si dice complementarità e non complementarietà.

martedì 22 novembre 2016

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI

"NON CAMBIARE STILE DI VITA, CAMBIA SUPERMERCATO",

ho letto su un volantino di una nota catena di supermercati.

Lo commento riportando quanto segue:

"Ai consumatori non importa se un prodotto è sostenibile su tutta la filiera. Non sanno manco cos'è la filiera. Dati astrusi su un'etichetta. Se si dovesse veramente indicare tutto quello che concorre a determinare un prodotto ci vorrebbe un libretto delle istruzioni. I consumatori non sono disposti a spendere di più per un prodotto migliore e sostenibile sotto ogni punta di vista. Vogliono solo quello che costa meno. Se una cosa diventa cara, semplicemente ne comprano un'altra. Quindi i prezzi devono restare bassi a prescindere. A prescindere dai costi occulti che ci sono e che devono rimanere tali. Non ha senso mettersi a fare le cose per bene. L'unico risultato sarebbe quello di essere tagliati fuori dal mercato che conta. Chi lo fa e crede che sia la strada da prendere non ha capito un bel niente di come stanno le cose. Sono degli illusi." 
(confidenze su un treno)

Balance- Oscar Winning Cartoon



Semplice e chiaro.

lunedì 14 novembre 2016

UNA FASCETTA NON SI NEGA A NESSUNO

Fascetta Nera: Più fascette per tutti

A PROPOSITO DELL'ELEZIONE DI TRUMP

A proposito dell'elezione di Trump, ho letto anche un po' di rassegna stampa statunitense: forse per la prima volta la denuncia della gravità di un accadimento è tanto condivisa e i toni e le parole usati da molti editorialisti non lasciano spazio a fraintendimenti.
Speriamo che a Trump non monti il prurito da purghe come a quello stronzo di Erdogan.

lunedì 31 ottobre 2016

L'IMPERO INVINCIBILE

Un'interessante articolo di Michael Pollan sul tema del cibo.

http://www.territorialmente.it/wordpress/wp-content/uploads/2016/10/22-ott-INTERNAZIONALE.-Limpero-invincibile.pdf

AUSTRALIA: BALENE E RICHIEDENTI ASILO

Ho sempre avuto ammirazione per il popolo australiano per via della mobilitazione delle persone comuni ogni qualvolta gruppi di balene pilota si sono arenate sui loro litorali. Commovente e straziante. E, visto che si dice che chi non ha rispetto per gli animali non umani non può averne profondo e sincero per quelli umani, da tanta dedizione mi ero persuasa di essere di fronte a una porzione di società evoluta. Le politiche di Canberra nei confronti dei richiedenti asilo mi fanno però ricredere. Le condizioni degli internati sulle varie isole adibite allo scopo sono una vergogna. Non so, se come annunciato, sia stata chiusa la struttura sull'isola di Manus per la decisione della Corte Suprema della Papua-Nuova Guinea che definisce illegale la detenzione dei migranti sull'isola-prigione, resta comunque fermo sulle proprie posizioni di totale chiusura il governo australiano. Insensibile anche a quella parte della popolazione che chiede rispetto dei diritti umani, e preme per una svolta moderata delle linee guida.
Mai identificare infatti la politica di uno Stato con il pensiero dei propri cittadini (anche se la mia esperienza di cittadina italiana mi porta a dire che ognuno ha i governanti che si merita), per cui voglio credere che coloro che s'immergono in acqua ad aiutare le balene pilota nel tentativo di far loro riprendere il mare, siano le stesse persone che s'indignano per le condizioni disumane di detenzione di chi altrettanto disperatamente le coste australiane ha tentato di raggiungere per essere accolto.

giovedì 27 ottobre 2016

TERREMOTI

Fin da bambina ho sempre avuto una sensibilità particolare per la percezione dei terremoti, spesso lontani. Ieri sera ero allungata sul divano a pensare e ho avuto la sensazione che la terra tremasse. Una vibrazione profonda e appena percettibile, sorda. Sicuramente dovevo essermi assopita e aver sognato. Dopo un po' sono andata a verificare su internet e ho saputo della scossa. Mi è montata un po' di inquietudine e ho perso il sonno. Per distrarmi mi sono messa a leggere un documento che avevo stampato qualche giorno fa: il Manifesto del movimento DiEM25 (Democracy in Europe Movement 2025), di cui ecco il link.


Vi esorto a scaricarlo e leggerlo fino in fondo. Sono solo nove pagine. Non vi anticipo nulla. Che siano le parole in esso contenute a solleticare il vostro ardore.

Al termine della lettura ho deciso di aderire e sottoscriverlo. Non rappresenta ogni mio pensiero ma c'è risonanza con una visione in cui credo e, soprattutto, c'è passione.
Nell'elenco dei sottoscrittori ci sono diversi nomi che fanno parte di un mio personale elenco dei buoni che nel tempo provvedo ad aggiornare. Insomma, alla fine mi sono coricata sorridendo, con una buona sensazione nell'anima.
Un'altra scossa bassa e profonda si sta propagando.

mercoledì 26 ottobre 2016

CONSIGLIO DI LETTURA: "Responsabilità e speranza" di Eugenio Borgna

"Noi siamo in relazione ininterrotta con gli altri, e dovremmo riflettere senza fine sul problema delle correlazione fra identità e alterità. Non si giunge alla conoscenza di una persona altra da noi, divorata dal dolore e dalla sofferenza, se non siamo capaci di avvicinarla senza pregiudizi: accogliendola e rispettandola nella sua alterità, nella sua diversa forma di vita, e nella sua ardente comune umanità, ferita dal dolore, e nondimeno animata dalle attese ideali e dalle speranze che sono in noi: benché non identiche alle nostre, e non di rado più autentiche delle nostre."

Il testo dello psichiatra e docente Eugenio Borgna, edito per Einaudi, collana Vele, s'intitola "Responsabilità e speranza" ed è nato come relazione sul tema della responsabilità per una serie di seminari organizzati dalla Vidas, associazione che opera assistenza gratuita ai malati terminali.

Un'agevole e ottima lettura e un buon vademecum universale per ognuno di noi.

domenica 23 ottobre 2016

ESPRESSOWINE


Da tempo ormai, salvo rare occasioni, evito i supermercati. Ricordo l'entusiasmo all'apparire dei primi, quando bambina vivevo a Torino: semplificavano la vita, permettevano di ottimizzare gli orari e ben si inquadravano nella visione di un futuro di benessere dilagante e alla portata di tutti. È trascorso del tempo, le cose sono cambiate, e bisognerebbe ripensare il tutto ma non è di questo che voglio scrivere ora.
Guardate l'immagine.


Che senso ha?
Le esigenze di coloro che vivono soli e hanno poco tempo o di quei nuclei familiari i cui componenti per ragioni diverse hanno abbandonato l'abitudine di pranzare insieme ha indirizzato verso il massivo confezionamento monodose, possibilmente precotto e velocemente riscaldabile al microonde. Innumerevoli confezioni di plastica il cui peso a occhio pareggia quello delle tre stitiche fette di prosciutto all'interno.
E ora il "ready to drink!, in confezione personalizzabile e 100% riciclabile, vincitore nel 2010 del Campionato mondiale quale miglior proposta tecnologica nel mondo del vino (!) appare sugli scaffali.
Di cosa penso riguardo alla plastica riciclabile e alle pessime abitudini che abbiamo acquisito per pura pigrizia ho già scritto altrove, quindi tralascio, ma da semplice amante del vino a me questa cosa onestamente ricorda il commento di Fantozzi sulla Corrazzata Potёmkin.





lunedì 17 ottobre 2016

ANIMA

«Credi nell'anima?»
«Ci credo scientificamente, nel senso che non me la sento di escluderne a priori l'esistenza.» rispondo d’istinto.
In epoche passate alcune mie spiegazioni mi avrebbero fatto rientrare tra gli animisti, tra i panteisti poi. Forme di immanentismo. Quello è.
Da un lato lo spettacolare meraviglioso incastro di atomi che è l’Universo in ogni sua minima manifestazione.
Dall'altro il pensiero che tutto è traducibile in onde e le onde si propagano ma non terminano, affievoliscono, semplicemente si smorzano fino a essere impercettibili. Ma nel loro percorso hanno incontrato altre onde e il reciproco influsso è la trasformazione che determina il moto perpetuo dell’essere, per cui nulla, alla resa dei conti, termina.
Poi ancora la consapevolezza che la morte è solo un brutto abito che abbiamo messo a una componente essenziale della vita perché abbiamo qualche difficoltà ad accettarla.
Infine i limiti del nostro intelletto.
Quante volte ci siamo dovuti ricredere?
Esistono realtà a prescindere dalla nostra capacità di vederle, misurarle, provarle. Un vero scienziato deve sempre ricercare la verità e non può procedere per dogmi ma deve avere l’umiltà di non escludere ciò che non può (ancora) capire.
Quella cosa che chiamiamo anima è probabile esista. Liquidare la faccenda come roba da bigotti è una presunzione.

Che poi ci sia capitato di credere erroneamente di coglierla nel profondo dello sguardo di qualcuno, questa è materia da trattarsi altrimenti.

APPUNTI SU IMPERIA

Devo trovare il tempo per passeggiare di nuovo un po' per la città. Scattare qualche fotografia a Imperia, giusto per avere un minimo di archivio personale sulle fasi del cambiamento che prosegue.
Ho sospeso per qualche anno ed è il momento di riprendere.
Inoltre, passando in scooter, vedo nuovi abitanti che camminano lungo le vie. Non voglio restare ai margini di questo nuovo cosmopolitismo giunto anche qui. Voglio farne parte. Anche se sognavo che sarebbe sorto da altre cause.


16 ottobre 2016

giovedì 13 ottobre 2016

DIGRESSIONI

Ottobre, ore 11.00
Nella sala d’aspetto del reparto di dermatologia sette persone, inclusa me, in attesa.
Una donna minuta oltre la settantina rivolgendosi alla donna seduta di fronte, come a riprendere un discorso appena sospeso, esclama infilando le dita per allentare la morsa del collo alto:

«… ho la maglia a collo alto perché ieri sera quando mia figlia mi ha portato al pronto soccorso faceva fresco e non immaginavamo che sarei rimasta fino a stamattina e quando l’ho chiamata per dirglielo, perché era andata via poi ieri sera perché era in ritardo con la baby sitter, è una ragazza straniera la baby sitter, brava con il ragazzo e tanto attaccata anche ai nostri due cagnolini, sono così belli, affettuosi, sa, quei bassotti con il pelo ispido, prima stavano da me però ora stanno da mia figlia che ha un bel giardino grande, pieno di piante e fiori, c’è anche l’orto, dovrebbe vederlo, lo curava sempre mio marito finché era vivo, è morto due anni fa mio marito, lo stesso anno del suo migliore amico, un amico di vecchia data, si conoscevano dalla guerra e hanno continuato a vedersi e andavano a caccia, io non ero tanto d’accordo perché è pericoloso andare per boschi, abbiamo una certa età ormai, gli dicevo, fa’ un altro sport, mio nipote fa la pallanuoto, ma non qui, a Genova… che caldo che fa… »

FO E DYLAN

Oggi muore Dario Fo e riceve il Nobel per la letteratura Bob Dylan. Pare proprio un passaggio di testimone.

13 ottobre 2016

IL MINISTERO DELLA FELICITÁ ASSOLUTA

Ho letto dell’uscita, la prossima estate, del secondo romanzo di Arundhati Roy. S’intitola "Il Ministero della felicità assoluta" e vedrà la luce vent'anni dopo "Il dio delle piccole cose", il suo esordio narrativo che le è valso il Premio Booker nel 1997.  Vent'anni durante i quali si è dedicata con fervore all'informazione di alto livello attraverso inchieste e saggi. Attenta alla realtà sociale e politica del proprio Paese, l’India, e partendo da essa, con forte e contagioso trasporto, ha scritto e scrive di chi siamo tutti noi su questo pianeta e quali sono le dinamiche che decidono le umane sorti, mettendoci di fronte all'imperativo categorico di un’assunzione di responsabilità individuale e quindi collettiva. Leggere i suoi libri, forti di un’estrema chiarezza espositiva unita a una profonda capacità di trovare il filo rosso che unisce gli eventi, è un’esperienza formativa, culturale, e filosofica. Fa bene all'anima sentire quanta energia trasuda dalle sue parole e viene una gran voglia di esserne contagiati al punto da riuscire a fare altrettanto. Almeno per me è così.
Quindi, pur prediligendo la Roy giornalista, non vedo l’ora di poter leggere il suo nuovo romanzo, a proposito del cui titolo vorrei raccontare un aneddoto. Cercando su internet per quale casa editrice italiana uscirà "Il Ministero della suprema felicità", mi sono imbattuta in un altro libro: "Il Ministero della felicità". Chiaramente incuriosita sono andata a vedere. L’autore Sabino Acquaviva, sociologo, docente all'Università di Padova e di Trento, prolifico autore di pubblicazioni scientifiche, ha pubblicato nel 2011 per Cairo Editore questo romanzo di fantascienza ambientato in Italia. Ne ho letto la trama, dopo aver scorso i titoli delle sue varie pubblicazioni e il risultato è che mi è venuta voglia di leggerlo. Apprezzo quando capitano queste cose.

sabato 1 ottobre 2016

OTHERING

OTHERING, AREE DI SACRIFICIO, RAZZISMO AMBIENTALE, LINEA DI ARIDITÁ...

Sicuramente dobbiamo arricchire il nostro vocabolario.


L’articolo apparso su Internazionale numero 1169 riporta un estratto dell’intervento di Naomi Klein in memoria di Edward Said, tenuto a Londra a maggio di quest’anno.
Vi propongo vivamente un’attenta lettura.
Amo il giornalismo che cerca comuni denominatori, che supera gli scollamenti tra gli avvenimenti per offrire un filo rosso che induca consapevolezza. Premessa necessaria per avere almeno qualche possibilità di trovare una reale soluzione, “soluzioni integrate” le definisce la scrittrice canadese, ai mali del mondo.






settembre 2016

ESORCISTI CERCASI

Mancano gli esorcisti. Non si riesce a soddisfare la richiesta crescente di esorcismi. È necessario attivare all'interno di Santa Madre Chiesa dei corsi ad hoc per contrastare il dilagare di pericolosi ciarlatani.
So che ci sarebbe ben altro su cui meditare ed eventualmente scrivere ma, per qualche motivo recondito, la notizia mi colpisce più di altre, tanto più che la ritrovo su diverse testate.
Non conosco le cifre di tale domanda in crescita ma se pensiamo di essere indemoniati ( il che non è in fondo quella gran stupidaggine) e invochiamo l’intervento di abati talari, be’ allora siamo messi proprio male. Nei termini di un’analisi socio (psico) storica il fenomeno è degno di nota ma, appunto, di interesse antropologico si tratta. Con i piedi nel terzo millennio ho come l’impressione di affacciarmi su un passato remoto. Ma, si sa, nei flussi che precedono i grandi cambiamenti epocali ci sta tutto. In primis paura e smarrimento.

Chi stipa all'inverosimile la dispensa, chi si barrica, chi si fa saltare in aria, chi si arricchisce meschinamente, chi vive solo più nella rete, chi ammazza con l’iprite, chi si tiene tutta l’acqua, chi crede soltanto nel superenalotto, chi va dall'esorcista, …

SUSHI FUN

Con tutto che ciò che sta succedendo nei mari del pianeta è allarmante e che lo è in misura maggiore perché invisibile, mi piace mangiare pesce.
Le risorse* ittiche si stanno esaurendo, stiamo raggiungendo il punto di non ritorno ma ciò non ci tocca perché, come si dice, lontano dagli occhi lontano dal cuore.
Il mare non è che una distesa dalle varie tonalità di blu su cui far scivolare lo sguardo verso l’orizzonte. Quello che c’è sotto, fantasiose e colorate storie d’animazione a parte, nell'immaginario collettivo, non esiste appunto se non nell'idea di una fonte inesauribile di cibo.
Resta il fatto che mangio pesce. Di stagione e preferibilmente acquistato da uno dei pochi pescatori all'antica rimasti nella città in cui vivo. Di quelli che tornano a terra con pochi chili di pescato vario e spesso con niente. Però nell'ultimo anno mi sono lasciata contagiare dalla moda del sushi e, in qualche occasione, ho accettato di aggregarmi a cene in compagnia in questi ristoranti a catena che spuntano ovunque. Finché, la scorsa settimana, mi sono seduta in un incubo degno di Orwell. Qualcuno racconterebbe il fatto in termini di tripudio. Non solo sushi ma pesce in tutti i modi, self service, prezzo fisso, all you can eat, turni di centinaia di avventori, code, nastri trasportatori, tonnellate di plastica, frenesia alimentare. Trovo più idoneo il termine orgia.
In chiusura chili di cibo finiscono nei bidoni della spazzatura. Non ciò che è stato ordinato e avanzato nei piatti ma quanto è stato cucinato in esubero ed esposto invano. Preparazione di piatti a cottimo sulla previsione di un afflusso x. Il cibo non deve mancare. Deve arrivare alle menti il segno dell’abbondanza. Ovunque lo sguardo si posi deve trovare vassoi colmi, il cibo deve entrare negli occhi, colmare la visuale rendendoci ciechi. Il senso di appartenenza fa il resto. Bipede con vassoio che straborda in mezzo ad altri bipedi con vassoi che strabordano.  Dai che domani si va al centro commerciale. Sì, dai, che vendono anche il set per farsi il sushi da sé. Mi sento un’aliena mentre vago in questo girone infernale. Al tavolo mi sento un’aliena. Tutti gozzovigliano e decantano. Tutti quelli che ci sono stati ne parlano con entusiasmo. Io, giuro, non ci metto più piede. Né stomaco. Prima e ultima volta. Amici che sgranano gli occhi. Non capiscono cosa mi disturba. Avrò avuto una giornata pesante.
Una dote che non possiedo è spiegare l’evidenza. Il problema è che per me ormai troppe cose sono evidenti e mi si è ridotto di molto lo spazio di comunicazione. Mi viene in mente Cecità di Saramago.
Mentre sto lì, il vociare assordante, per i più ormai assimilato a rumor bianco gestibile, la luce chiara e intensa, l’andirivieni di strani animali eretti, il bancone su cui squartano un tonno appena scaricato e, di fronte, i bidoni. C’è un tipo che, vista l’ora tarda, preleva dal nastro trasportatore i sushi non consumati e li getta. Ecco, mi gira la testa. Nausea e vertigine. Non è il sangue del tonno. Lo so. Nessun problema con il sangue né con la morte in quanto tale. Mi sale un pensiero cattivo. Che tutto e tutti si sprofondi nelle viscere della terra.
Con buona pace dei salmoni compostati con la Philadelphia.


*Uso il termine “risorse” malvolentieri ma questo è il linguaggio in uso ed entrare in un dibattito sull'argomento, per quanto utile, amplierebbe la discussione in misura non sostenibile dall'attenzione dei più. La capacità di concentrazione è sempre più breve e ci si deve accontentare, almeno in prima battuta.

domenica 25 settembre 2016

BIG BANG


Ricordo mio padre, frequentavo le medie, in una discussione sulla nascita dell’universo. Diceva che non può esistere un punto di inizio assoluto, in quanto presupporrebbe un “prima” in cui l’essere ancora non è e ciò è una contraddizione. Accomunava l’idea scientifica di un momento in cui tutto, per concentrazione estrema e calore, si sarebbe violentemente espanso, all'idea altrettanto poco plausibile della creazione. Prima ci dovrebbe essere il nulla, diceva, il non essere, ma il non essere appunto in quanto tale non è. All'epoca ritenni che il ragionamento filasse e ne sono profondamente e consapevolmente ancora persuasa.
Oggi leggo su Pagina99 un articolo che riprende la questione sulla scia di un dibattito nato negli ultimi anni in ambito accademico scientifico. Iniziano a essere parecchi i detrattori del modello Big Bang, detto anche “singolarità iniziale”, definizione di per sé eloquente. Alcuni cercano di mediare tra le attuali conoscenze sicuramente perfettibili, teoria delle stringhe, fisica quantistica, gravità, e via discorrendo, ma certo è che la strada è lunga e il percorso complesso.
Resto dell’idea che la logica abbia già fornito una risposta. Restano da definire termini e modalità.



Settembre 2016

sabato 24 settembre 2016

LAVARSI IN MARE

Per un problema idraulico non ho modo di fare la doccia in casa da due giorni. Siamo  a fine settembre e il clima, secondo me, è ancora mite anche se il mare ha già odore di mareggiate. Mi ci sono lavata nuotando e da due giorni giro in moto ancora nei miei vestitini estivi con i riccioli del sale e la pelle di alghe. Mai come in questi due giorni ho incrociato tanti sorrisi maschili. Evidentemente emano trasgressività in mezzo a quanti, la maggior parte, adattano l’abbigliamento in base alle date del calendario.

BAGNI FUORI STAGIONE

Da bambini non fa freddo. Il gioco e la gioia riscaldano. È quella parte di me ancora tredicenne che mi consente di fare il bagno a qualsiasi ora e in qualsiasi condizione climatica.

I LUNEDÌ AL SOLE


12 settembre, la stagione agli sgoccioli, il lavoro diminuisce. Me ne sono venuta sul molo di buon’ora, come per andare a lavorare. Al sole. Con un libro e le pinne. Mi viene in mente un bel film spagnolo di dieci, quindici anni fa, con Javier Bardem: “I lunedì al sole”. I protagonisti, disoccupati, anch'essi si ritrovavano il lunedì di buon’ora sul mole, al sole.


12 settembre 2016

LA PAZZIA

La pazzia viene dalla frustrazione. La pazzia viene dalla rabbia. La pazzia viene dal dolore.
Ci sono onde e odori. Suoni e situazioni. Ci sono cibi e digiuni. Ogni cosa ci nutre, ci prosciuga. Ogni cosa ci muta. Nel sangue, nella chimica. Le ghiandole inaridiscono, si seccano, o gonfie non prendono pause. Allora bisogna stimolare, in altri casi chetare.
Ma la pazzia viene dal dolore, Viene dalla rabbia. Dalla frustrazione.
Accettare che non esiste un comune linguaggio umano è un impresa vittoriosa per pochi. Per tutti gli altri restano negazione o pazzia.


Agosto 2016

martedì 30 agosto 2016

IL QUOTIDIANO AL BAR

Tra gli altri, alcuni buoni articoli su La Stampa di oggi 30 agosto.
Bello l’articolo di Gian Luigi Beccaria dedicato alla lingua italiana: “Dimentica l’antilingua e parla come mangi”. Viene segnalato anche il suo ultimo libro “L’italiano che resta. Le parole, le storie.” edizioni Einaudi.
Contenta di aver letto anche del documentario “Ombre dal fondo” di Domenico Quirico, buon giornalista di cui ho già consigliato il libro “Esodo”, insieme a Paola Piacenza, giornalista del Corriere della sera.
Interessante e da approfondire l’articolo sulle motivazioni della tacita coalizione tra Siria, Iraq e Turchia contro i curdi.

Infine, nella scelta di testi letterari rievocanti terremoti, scelgo quello in cui subito mi sono riconosciuta, di Lucio Anneo Seneca, e lo riporto nella foto che segue.





giovedì 25 agosto 2016

SUL MOLO

Uno braghette gialle, fisìco spesso
l'altro magro tatuato
entrambi cinquanta suonati
una donna inerte
di poco più giovane
una biondina
sotto i trenta
il figlio bambino del tipo tatuato

Man bassa di ricci. Almeno li mangiano. A decine, con ostentazione. Noi sì che siamo uomini veri che sanno sopravvivere nella natura.
Fanno man bassa anche del molo. Il tipo in braghette ha un tono che manco Mussolini.
Dice che nell'entroterra i paesi son tutti Cottolenghi. Si incociano tra loro, dice, basta vedere sull'elenco del telefono. Gli stessi cognomi. Han facce strette e brutte, dice.
Arriva sulla riva una famiglia con sedie pieghevoli e armamentario completo da ricreare un salotto.
Guarda che spastici, dice.
Arriva un'indiano che vende cocco. Non è simpatico e il cocco lo mette a due euro al pezzo.
Il tatuato, dammi quattro pezzi, dice. Sarebbero otto euro. L'indiano gliene chiede sei e aggiunge un secondo pezzo in omaggio per il bambino che si sta divorando il primo.
Il tatuato gli allunga tre euro e, in soldoni, gli intima di camminare. Al venditore non sta bene e chiede il dovuto. Gli viene risposto che deve ringraziare di prenderne tre. Allora l'indiano si riprende dal bambino il pezzo dato in omaggio.
Il tatuato gli urla ladro, lo minaccia, ti getto in mare, e gli va contro con fare aggressivo. Quello retrocede. Se lo spinge si fracassa sugli scogli.
Il molo è affollato. Nessuno interviene, tanto meno io. Per incredulità. Per stanchezza.
Me ne vergogno.
L'indiano se ne va. Una signora lo trattiene e gli dà due euro come mia nonna mi infilava complice qualche moneta in tasca per i dolciumi.
Bella figura di merda, esordisco.
Il tatuato si volta con l'espressione di chi ha trovato sostegno. Lo deludo. Non alludevo all'indiano.
Spero che almeno gli venga un solenne mal di pancia con tutti quei ricci.

Una mezz'ora dopo, una donna sui quaranta e un bambino sui sette, otto anni, arrivano in cima al molo. Sono tedeschi. Il figlio trova una bottiglia di plastica tra gli scogli e la getta in mare.
La madre lo riprende e gli intima di recuperarla, al punto da calarlo in mare. Il bambino frigna, allora lei lo tira fuori e con un legno, recuperato anch'esso tra gli scogli, riesce ad avvicinare la bottiglia e prenderla.
Si sa, i tedeschi sono avanti in queste cose, penso. Solo che la donna getta la bottiglia esattamente nel punto in cui il figlio l'aveva trovata.
Mi alzo con flemma ieratica, passo sui piedi alla donna, mi chino, allungo il braccio, raccolgo la bottiglia, la accartoccio, torno al mio posto e la infilo nella borsa. Senza una parola.
Ma come stai girata? Cosa ti dice il cervello? La capisci la gravità, le capisci le implicazioni di questo tuo apparentemente banale e insulso gesto del cazzo?

Considerato che non ho il potere di farli sparire, l'unica opzione che resta è che dobbiamo schiattare. Tutti. Con buona pace delle anime pure.

E no, non sono tollerante.


21.08.2016

ESSERI INUTILI E DANNOSI

Lo ribadisco.
Esseri inutili e dannosi. Superflui. Abbondano.
Stamane sul molo ho provato quel desiderio che da un po' mi monta di fronte all'idiozia quando questa si fa arroganza e prepotenza. Un desiderio di eliminazione selettiva,
Non mi vergogno a dirlo e non intendo sentirmi in colpa. La mia coscienza, e la mia anima eventualmente, ne risponderanno.
Anche la mia abnorme comprensione delle ragioni del prossimo ha un limite. Quando nel prossimo non ci sono ragioni. 
Chi sono per dirlo? Chi sono per giudicare? 
Basta con l'ipocrisia. Ognuno di noi giudica. In ogni piccolo gesto, in ogni minima scelta quotidiana.
Si associa il giudizio al disprezzo e alla superbia. No. Il giudizio è esercizio di responsabilità individuale. Avere il coraggio di prendere posizione in nome di quei valori di umanità che siamo sempre pronti a sbandierare. Senza esso non esiste crescita. Non esiste società. Essere sempre politicamente corretti non paga.
Mi faccio carico dei miei sbagli e delle mie colpe ma questo non mi impedisce, né mi esenta dal dovere, di vedere. 
Di fronte alla tracotanza arrogante e aggressiva, con tutte le attenuanti che si possono addurre, credo sia legittimo un no fermo. 
Esseri inutili, superflui, dannosi. Brutti. Brutta umanità.
Di troppo.


21.08.2016

DARKNET, DEEPWEB

Finalmente leggo il termine Darknet in un articolo in seconda pagina di un quotidiano. Nelle discussioni occasionali sugli attentati c'è sempre qualcuno che dice:« Ma com'è possibile nel giro di pochi giorni procurarsi un'arma per compiere una strage?»
Com'è possibile, chiedo io, che qualcuno ancora si ponga un simile quesito? Dieci click o poco più e ti vendono pure un bambino vero per giocarci, figuriamoci un'arma.
Anni addietro, ricordo, lungo Dora, e suppongo su altri mercati simili, non era difficile trovare pezzi di kalashnikov. Con lo scambio di occhiate giuste facile che ti fornivano quelli mancanti. Un po' di denaro, un po' di scaltrezza e metti l'arma nel tuo carrello.
Quando, molto tempo fa, feci una ricerca sulla pornografia online che si trasformò in buona parte in una ricerca sulla pedopornografia online, mi chiesi perché gli inquirenti non indagassero con metodo e costanza nel darknet (che, per intenderci, è la parte più profonda e oscura del deep web). Non ottenni risposte da un responsabile della Polizia Postale perché per rilasciare un'intervista serviva il nulla osta del ministero a Roma. Non essendo accreditata come giornalista rinunciai.
Mi dissi anche, e ne scrissi, che comunque era sufficiente il web superficiale, quello in cui quotidianamente navighiamo. Come me che, con estrema facilità e senza volerlo fare, ero arrivata con poche pressioni del mouse a situazioni orride, agli investigatori non sarebbe mancato di che lavorare alacremente. Potrebbero, e dovrebbero, andare a bussare a certe porte di abitazioni private. Forse si cercano i pesci grossi ma oggi è tutto in franchising. Piramidi ce n'è ancora ma più che altro in ambito finanziario, per il resto il male si propaga in modo orizzontale. Lo si vede con la mafia e il terrorismo di ultima generazione. 
Un nuovo delirio si propaga, quello di poter essere qualcuno chiunque si sia. Se poi nella depravazione, nell'istinto omicida, o in qualsiasi altra forma malata, è secondario. Molto meno impegnativo eccellere in negativo.


9 agosto 2016

martedì 23 agosto 2016

AYLAN E OMRAN

Le immagini. A che servono?
Prima era Aylan, ora è Omran. Ho impiegato un quarto d'ora a farmi venire in mente il nome del bambino riverso sulla battigia. Sul perché ciò sia possibile potrei ragionare a lungo. La sostanza è che, a intervalli più o meno regolari, il cervello deve mettere in atto delle difese. Archiviare.
Fare dei backup da andare a ripescare in caso di bisogno. Comprimere per far spazio a nuovi dati. Ma, alla fine, succedono sempre le stesse cose, e dovrebbero essere proprio i nomi a rimanere, solo che sono troppi. Cerimonia al milite ignoto. Quella storia lì. 

giovedì 11 agosto 2016

LA DIMENSIONE DELLE STELLE CADENTI

L’altra sera un caro amico mi ha detto: « Mi piacciono le stelle cadenti anche solo per il fatto che tanto minuscoli granelli di materia hanno una così grande influenza emotiva su noi esseri umani.»
Momenti in cui viene ripristinato il giusto ordine di grandezza.

FASTIDIO

Che fastidio.
Quando vado a fare le pulizie in giro, accendo la televisione.
E, appunto, in genere provo fastidio.

Corsa agli antifurto. Solo il 2,7 % dei ladri vengono presi. I furti non sono in diminuzione, anzi. Risultano meno denunce perché i cittadini non si fidano delle istituzioni e pensano da soli alla propria sicurezza. Guardie private, allarmi, grate, telecamere, sensori, barriere.
Tra i servizi appena precedenti, uno descriveva le nuove frontiere dell’Europa (mi viene in mente l’ultimo libro di Bruno Arpaia), l’altro paventava drammaticamente la prossima comparsa in Italia di innumerevoli "giungle di Calais", un terzo descriveva le nuove telecamere biometriche in dotazione ai girelli d’ingresso degli stadi.

Sta andando tutto molto velocemente. Impresa ardua non restare invischiati.

HO AVUTO PAURA


L’uomo è mio padre. Io sono io ma nata in una vita diversa.
C’è una grande stanza dove sto con altre donne di età diverse e parecchi bambini.  Percepisco qualcosa di sbagliato nella situazione anche se l’atmosfera in un primo momento pare tranquilla e il luogo accogliente. Un’ampia vetrata che raggiunge il soffitto dà su un giardino alberato. Mi avvicino, le porte finestre sono sigillate. Fa molto caldo. Guardo intorno. Non c’è traccia di cibo né acqua in giro. Oltre al lato con la vetrata ci sono tre pareti senza sbocchi a parte la porta d’ingresso.
Il rumore di una serratura, la porta si socchiude, una voce mi chiama, esco dalla stanza. Mio padre mi porge un catino in acciaio piuttosto profondo coperto da un telo ripiegato. Ne scosta un lembo e mi indica il contenuto: una lama da rasoio lunga una ventina di centimetri con l’impugnatura rivestita di cuoio. Mi dice sottovoce «Sai qual è il tuo compito.» e mi sospinge verso la porta per farmi rientrare nella stanza. Mi irrigidisco, i piedi incollati al pavimento, il corpo obliquo in avanti per la pressione della sua mano. Si para di fronte a me e afferra i miei occhi con i suoi  «Devi farlo. Se non lo fai molte persone moriranno e tra queste molte che ami. Vuoi questa colpa sulla coscienza? Non credo. Quindi va’ e uccidi tre donne e tre bambini e raccogli il loro sangue qui dentro.» scandisce scuotendo il catino che stringo al petto. L'assurdità del male. Non aspetta risposta o reazione e mi spinge all'interno della stanza richiudendo la porta alle mie spalle. Nemmeno per un secondo penso che, scoperte le mie intenzioni, tutte quelle persone potrebbero attaccarmi e avere la meglio. Penso però che ho una gran paura. Visto che sono io ma nata in una vita diversa, non ho idea di chi siano le persone che amo e che morirebbero se non ubbidissi, resta il fatto che in questa vita altra ci sono da qualche parte persone che amo e che devo proteggere. Ma non so chi siano, è come se fossi colpita da amnesia, forse la parte di me cosciente nel sogno accorre in mio aiuto, c’è solo vuoto nei ricordi, forse è tutta una messa in scena. Stanno bluffando, non hanno niente in mano. Non hanno nessuno in mano. Mi accorgo che mio padre è diventato plurale, è diventato un loro. Ecco forse posso rigirarmi e puntare la lama verso ciò che ci aspetta fuori dalla porta. Dobbiamo andarcene di qua. Se non io qualcun altro entrerà per uccidere. Non so perché, non capisco cosa succede. Solo un istinto di fuga verso la salvezza. I secondi scorrono rapidi e pregni, la mia immobilità attira l’attenzione. Ho paura perché so che devo prendere una decisione in fretta. Sento che qualcuno o qualcosa sta avendo la meglio su me, mi sta dominando, mi ha messo in una situazione che non appartiene alla vita che conosco, ed esito. Non sapere, non capire, non ricordare fa montare una frustrazione furibonda. Chi è il nemico? Impazzisco. Forse devo uccidere tre donne e tre bambini e raccoglierne il sangue? Forse questa azione è decisiva per un corso positivo degli eventi? Eventi che non conosco. Come posso decidere senza sapere? Mi prende il terrore perché so con certezza di non essere io la persona che pensa una cosa tanto assurda, riconosco il corpo, le mani, mi guardo riflessa in uno specchio. Sono io e ricordo che io non avrei avuto dubbi, appena visto il rasoio lo avrei impugnato con fermezza contro l’ordine assurdo, invece per alcuni interminabili secondi un’altra me ha preso in considerazione di poter uccidere innocenti per salvare altri innocenti. Cosa accade nel cervello quando si è soggiogati? Quando si perde ogni punto di riferimento. Quando ci vengono iniettati diffidenza, paura, senso di colpa. Quando ci viene sottratta la possibilità di sopravvivenza. Cosa accade? Di cosa siamo capaci quando le nostre pulsioni peggiori hanno il beneplacito da parte dell’ordine costituito, in qualunque forma esso si manifesti? Quando ormai abbiamo assimilato un linguaggio stuprato.
Mi accuccio appoggiando il catino a terra, le donne si avvicinano a cerchio, e ne rivelo il contenuto. Retrocedono di un passo, mi guardano incredule, poi si accucciano anche loro. E aspettiamo.

Mi sveglio e rimango con un dolore in corpo.

giovedì 4 agosto 2016

ALTRI LIBRI 2

Questa volta non si tratta della pila di turno di libri da spolverare ma dei pochi libri che sono riuscita a leggere negli ultimi mesi. Tutti buoni libri, sono stata fortunata.

Telmo Pievani e Valerio Calzolaio - Libertà di migrare
Davide Pinardi - Narrare. Dall'odissea al mondo Ikea
Roberto Negro - Sinfonia per un delitto
Domenico Quirico - Esodo
Pietro Carlini - Spiriti mali
Stefano Liberti - Land grabbing
Evgenij Zamjatin - Noi
Rivka Galchen - Innovazioni americane
Bruno Arpaia - Qualcosa, là fuori
Nicola Lagioia - La ferocia

mercoledì 3 agosto 2016

ATTACCO

A casa di mia madre.
Servizio del Tg5 del 2 agosto.
Attacco dei cinghiali. Difendersi dall'attacco dei cinghiali che oltre a invadere le nostre città determinano nelle campagne danni ingenti all'agricoltura, costringendo alla chiusura molte piccole aziende. Animali selvatici in sovrannumero che ci assediano. Non possiamo vivere blindati in casa.
La Coldiretti in piazza Duomo a Firenze, portando striscioni con scritto "riprendiamoci il territorio" porta una coppia di cinghiali invitando a immaginare un futuro in cui orde di ungulati scorrazzassero per le vie cittadine. Mi viene in mente quando nel 1926, un gran numero di antenati di questi malvisti quadrupedi furono portati allo Stadium di Torino per una spettacolare caccia in costume regionale. Aneddoti.
Mi trattengo dall'entrare nel merito della questione, anche perché, mentre inizio a scrivere, gioco con il telecomando della televisione e i pensieri mutano direzione. Pubblicità e altre notizie vengono sciorinate con estrema disinvoltura nella scelta dei termini: attacco dei mercati, attacco dei batteri, eliminazione degli odori, golpe sui rifiuti, assedio del caldo, confini del benessere, guerra delle tariffe, divisione degli spazi... 
Normalmente rifiuto l'estrapolazione di una frase o di una locuzione dal contesto in cui è inserita ma so anche che esistono diversi tipi e diversi livelli di linguaggio e relativa comunicazione e, non so perché, ormai da parecchio tempo a questa parte ho come sviluppato un sensore nuovo, non so in quale organo situato, forse negli orecchi, che fa sì che dal fiume di parole che sento, alcune mi giungano evidenziate e si uniscano in un ipertesto sul quale l'unico dubbio è in che misura sia dettato da mie convinzioni e in che misura sia ciò che il committente intende far narrare e di cui intende convincere.

2 agosto 2016

IL SALMO DI WISLAWA SZYMBORSKA


Spero di non contravvenire alle regole sui diritti d'autore riportando dalla mia copia Adelphi di tutte le poesie di Wislawa Szymborska una delle sue più note composizioni.

SALMO
Oh, come sono permeabili le frontiere umane!
quante nuvole vi scorrono sopra impunemente,
quanta sabbia del deserto passa da un paese all’altro,
quanti ciottoli di montagna rotolano su terre altrui
con provocanti saltelli!
Devo menzionare qui uno a uno gli uccelli che trasvolano
che si posano sulla sbarra abbassata?
Foss’anche un passero-la sua coda è già all’estero,
benché il becco sia ancora in patria. E per giunta, quanto si agita!
Tra gli innumerevoli insetti mi limiterò alla formica,
che tra la scarpa sinistra e la destra del doganiere
non si sente tenuta a rispondere alle domande “ Da dove? ” e “ Dove? ”
Oh , afferrare con un solo sguardo tutta questa confusione,
su tutti i continenti!
Non è forse il ligustro che dalla sponda opposta
contrabbanda attraverso il fiume la sua centomillesima foglia?
E chi se non la piovra, con le lunghe braccia sfrontate,
viola i sacri limiti delle acque territoriali?
Come si può parlare di un qualche ordine,
se non è nemmeno possibile scostare le stelle
e sapere per chi brilla ciascuna?
E poi questo riprovevole diffondersi della nebbia!
E la polvere che si posa su tutta la steppa,
come se non fosse affatto divisa a metà!
E il risuonare delle voci sulle servizievoli onde dell’aria:
quei pigolii seducenti e gorgoglii allusivi!
Solo ciò che è umano può essere davvero straniero.
Il resto è bosco misto, lavorio di talpa e vento.
Wislawa Szymborska

giovedì 28 luglio 2016

GABBIANI AL PARASIO

Sui tetti che vedo dall’appartamento in cui abito, ogni anno ho modo di assistere al rito del primo volo di una nuova generazione di gabbiani. La paura del primo lancio, lo sbattere inesperto delle ali, gli atterraggi rovinosi. Lo strillo sgraziato e ripetuto a oltranza che suggerisce acquisti di fionde. Già grossi ma ancora grigi pennuti che mendicano dal becco di genitori di eguale misura bocconi di cibo rigurgitato. E quegli stessi che sventrano i sacchi di spazzatura, attaccano i piccioni, portano via carogne di gatti morti, eccoli a esaudire le richieste di una prole già ben in carne con devozione genitoriale.

Johnny, il gabbiano gigante che bazzica i dintorni con fare spavaldo, sta rivelando un’indole gentile che non avrei sospettato.

martedì 26 luglio 2016

UCCISIONE A SAINT-ETIENNE

Mi ammazzo di ore di pulizie. Sono stanca.
Non ce la faccio. A star dietro.
Immagino il sorriso sarcastico di Oriana da dove sta. Ho odiato quel suo libro. Dopo averli amati più o meno tutti. E voglio continuare a odiarlo.
Poi le mie considerazioni di fondo restano le stesse. Già scritte, in modi diversi, ormai parecchie volte.
Stasera ha la meglio il bisogno di silenzio. Solo i rumori che arrivano da fuori le finestre.
Si insinua il senso di colpa per essere viva. E poterci ragionare su. 
Non ammazzata, non torturata, non esiliata, non stuprata, non incarcerata, non imbavagliata, non schiavizzata, non annegata, non saltata in aria, non sgozzata, non defraudata.

STRAGE A MONACO DI BAVIERA

Che fastidio.
Sono davanti a RaiNews24 e stanno parlando da ore dell’attentato a Monaco di Baviera. Non fanno che ripetere che non sanno se è un attentato islamico o di estrema destra. Ripropongono  senza sosta le medesime immagini.  Il cadavere di uno che faceva jogging, i piedi di un altro divaricati che sbucano da sotto un lenzuolo. Forse l’attentatore, dicono.  Però forse sono tre. Uomini non meglio identificati sul tetto del centro commerciale.
Rifletto che sull'onda dei fatti recenti, per non dire da dopo il 2001, la tentazione al sensazionalismo è forte.  Ciò che in passato sarebbe rientrato nella categoria dei gravi fatti di cronaca, oggi diventa un assai probabile attacco alla democrazia occidentale da parte del mondo musulmano.
Probabilmente verrà rivendicato, visto che ora l'Is viaggia in franchising, ma il punto non cambia.
Monaco è blindata. Le anteprime delle prime pagine dei quotidiani titolano Guerra civile, Guerra tra religioni, Attacco alla Merkel, Daesh colpisce ancora, Monaco sotto attacco,…
La Germania chiude i confini.
Fuori dalla finestra scoppiano i fuochi d’artificio.



Imperia 22 luglio 2016

lunedì 25 luglio 2016

GOLPE MILITARE IN TURCHIA

Scrivo a caldo mentre seguo in  notturna le vicende del colpo di stato in Turchia. Seguo ciò che accade con i pensieri ancora su Nizza. Spero ci riescano, che il colpo di stato vada a buon fine. Che Erdogan e i suoi accoliti vengano tolti di mezzo. Non so perché. Istinto.
So che se anche Erdogan favorisce i movimenti dell’Is, elimina gli oppositori al suo regime, imbavaglia l’informazione, arresta chi non gli va, un governo militare pur di matrice laica, non sarebbe quella gran cosa. Però se falliscono si mette male. Erdogan si ritroverebbe tra le mani l’alibi perfetto per portare al limite estremo l’eliminazione degli oppositori al suo regime. Secondo me non gli sembra vero. Sempre che…  Avete presente la domanda che bisogna sempre porsi: cui prodest? Comunque sia, se non ce la faranno, sarà un bagno di sangue.

È strano però che dopo ore nessun capo di Stato si sia fatto vivo. Me li immagino tutti a stringere i braccioli delle poltrone, protesi in avanti verso gli schermi televisivi, con i cellulari in piena attività e l’aria sempre più imbarazzata man mano che scorrono i minuti. Levarselo di torno senza muovere un dito sarebbe bello, ma vedi mai che invece il golpe fallisce e non abbiamo comunicato subito il nostro sostegno contro questo attacco alla democrazia…

Non riesco a richiamare le informazioni depositate da qualche parte nel mio cervello per fare un’analisi critica della situazione fino a fornire motivazioni il più possibile obiettive e ragionate a supporto del mio propendere per un esito o il suo opposto. Predomina l’istinto. Incrocio le dita. Fa’ che non riesca più a tornare. Fa’ che non torni al potere. Altrimenti farà fuori, in un modo o nell'altro un sacco di gente.
L’istinto, mentre guardo e ascolto, però continua a ripetermi che dal potere probabilmente non si è mai allontanato e lo detiene saldamente mentre se la svolazza sui cieli d’Europa.


15 luglio 2016

STRAGE DI NIZZA

Non voglio nemmeno cercare di capire come sia stato possibile che un tir sia potuto entrare in una zona pedonalizzata e controllata dalle forze dell’ordine. Mi limito a sperare che sia un pazzo. Qualcuno frustrato uscito di testa.  Uno di quelli che un giorno si sveglia, si procura un’arma e fa una strage. Semplicemente perché ha perso il lavoro o perché la moglie lo ha tradito. Spero sia così. Che non ci sia una rivendicazione di stampo islamico né altro.

Il dolore per le vittime è congelato. Sovrastato da un dolore più grande, un dolore in anticipo. Per tutti i morti a venire. Che saranno milioni. Vittime della paura e della non comprensione che si faranno chiusura, muro, rifiuto, odio. Sete di sangue.
Se ci sarà una rivendicazione l'impegno sarà reso vano, i morti fino a oggi saranno resi vani, e l’impresa delle persone di buona volontà sarà ancora più ardua. Le parole che dicono accoglienza, integrazione, umanità, incontreranno interlocutori sordi e ciechi, e solo urlanti. Continueranno a morire innocenti.

15 luglio 2016

BREXIT 2 - appunti al volo


Avrei voluto scrivere un pezzo sull'esito del referendum britannico ma sto facendo la stagione con orari assurdi, per cui soprassiedo. Riporto qua sotto gli appunti su cui avrei lavorato. meglio che niente.

Utopia retrograda
Classe operaia + popolazione borghese piccoli centri
Mondo senza più fissità e certezze
Persone smarrite e arrabbiate che cercano qualcuno cui dare la colpa
Prima si stava meglio
La paura del futuro (economico) induce alla colpevolizzazione dei lavoratori immigrati (dinamica nota e ricorrente nella storia) anziché rivolgersi alle cause reali.
E se non fosse così grave il risultato del referendum britannico?
Magari dà il la a una seria riflessione sull'Unione europea.
Il problema del rispetto della democrazia nell'esaudire la richiesta di rifare la votazione.
Non è detto che ciò che decide la maggioranza sia democratico. Abbiamo rappresentanti politici di un’ignoranza abissale ( discorso buona e malafede a parte),  l’uomo comune spesso lo è di meno ma a sentire certi commenti per strada, le ragioni che vengono fuori sono ben lungi da quello che dovrebbero essere.
Rivoltare e demolire? A volte lo si può fare senza salire sulle barricate. Ma non c’è aria di rivoluzione. Rivoluzione umana. Solo una fottuta paura di perdere sicurezza materiale. Costi quel che costi.

Per principio va difeso l’esito del referendum. Per lungimiranza e senno, no. Anche se comprendo la voglia di disfare tutto e vedere se almeno così succede qualcosa (di buono).

26 giugno 2016

sabato 23 luglio 2016

CASSANDRA


L’altra sera si parlava di lavoro con un’amica. Anni di precarietà a far le pulizie, si presenta l’occasione di vendere impianti a led. A buttarcisi dieci ore al giorno c’è da tirare su uno stipendio degno. Perché non lo fai? è la domanda della mia amica. Mentre le rispondo man mano metto a fuoco qualcosa che ho sempre saputo.
Non sono una venditrice. 
Non mi interessa un lavoro che occupi tutto il mio tempo vitale.
Non mi interessa fare carriera. Non mi è mai interessato.
Ora meno che mai.
Siamo a un punto della storia in cui a breve verremo chiamati a schierarci e tutto ciò che fa parte della nostra quotidianità sarà da perdere. Da una parte i valori e i principi di umanità per cui è lecito dire no. Anzi è imperativo morale fare obiezione di coscienza. Dall'altra il mondo di chi vuole solo stare tranquillo.
Ci sarà un dentro e un fuori.
Ci sarà un gran bisogno di persone che riescano mantenere aperte le falle di un sistema che altrimenti dividerà l’umanità in due gruppi: pochi privilegiati dentro e tutti gli altri a scannarsi vicendevolmente non riuscendo ad accedere ai luoghi di un dignitoso vivere.
Non intendo andare per il mondo a fare rivoluzioni ma so che se domani per strada vedrò un’ingiustizia lampante e mi sarà chiesto di far finta di niente o, peggio, di essere complice, accetterò prigionia o morte come occasione di rivendicare con forza i valori senza i quali non possiamo chiamarci uomini.
Ho citato Cassandra nel titolo, richiamandomi ai sogni che facevo da bambina, di cui ho già scritto, e che definivo sogni di resistenza. I tempi sono più che maturi. Oggi e qui i miei timori di allora si sono fatti sostanza e non posso voltarmi altrove.

2 luglio 2016


LA STORIA DELL'UMANITÁ

Donne, giovani, meno giovani, rassegnate alla solitudine, alziamo lo sguardo da terra e volgiamolo attorno a noi. Quanti uomini, giovani, meno giovani, semplici, istruiti, molto istruiti che sia, da ogni parte del mondo stanno giungendo? Alcuni con famiglia, altri separati da essa, molti però soli, con il desiderio di costruirsi una vita migliore, di conoscere, di dare, di incontrare.
Gioiamo di questa inattesa possibilità.

E accogliamo e amiamo, noi donne sterili, senza utero, donne cui non è capitata l’occasione o l’incontro per procreare, donne che abbiamo avuto paura quando era l’età giusta, donne che abbiamo curato genitori e parenti ritrovandoci ormai troppo vecchie, qualunque sia la nostra storia, accogliamo e amiamo questa moltitudine di bambini che arrivano ritrovandosi da soli.

Uniamoci, mescoliamoci.


Questa è la storia dell’umanità.




BREXIT - Opinioni sentite per strada

-          Figuriamoci se fanno la Brexit. Non conviene a nessuno uscire dall’Europa.
-          Non è uscita la Grecia…
-          Ma i greci non è che volessero proprio uscire… i britannici sì
-          Tanto l’Europa non esiste. Dobbiamo uscire tutti
-          Le regole dovrebbero essere uguai per tutti in Europa ma non è così. Guarda l’Iva, i passaggi di proprietà, gli stipendi dei ministri, i bolli, le tasse, i salari
-          Ma se noi italiani nel Parlamento europeo dislochiamo quelli che non sappiamo dove mettere…, li mandiamo in vacanza
-          Essere parlamentari delll’Unione dovrebbe essere un traguardo politico di prestigio e responsabilità molto ambito
-          Tanto è l’Unione europea delle banche, i cittadini non contano
-          Del buono però c’è, non si può mica buttare tutto all’aria
-          Bisogna uscire per fargliela capire
-          Non escono perché se no salta il TTIP. Il Regno Unito è la testa di ponte in Europa
-          Se escono mi trasferisco su
-          Se escono mio figlio può continuare a lavorare a Londra?


20 giugno 2016

PASSEGGIATA A VENTIMIGLIA

Passeggiavo sul lungomare di Ventimiglia oggi pomeriggio per raggiungere il luogo di un appuntamento. Pochi passi davanti a me due giovani uomini italiani, massimo trentenni, si lamentavano della situazione generale.
“ A me mi girano i coglioni lavorare per mille euro. Come cazzo si fa a vivere con mille euro?”
“ Io se non avessi i miei che mi hanno dato l’appartamento e si pagano pure tutte le spese…”
“E questi cazzo di neri che arrivano e ci fottono il lavoro… fanno bene dove mettono il filo spinato.”
“Non basta il filo spinato…”
“Meno male che ogni tanto annegano… (fa il gesto con il pollice in giù)”
“Bisognerebbe fare qualcosa così tutti capiscono che ce li dobbiamo levare di torno una volta per tutte!”
“Ma cosa? Che se t’incazzi con quelli non sei politicamente corretto.”
“Guarda tutta ‘sta gente alla spiaggia… Con i loro bei lettini, gli ombrelloni, le ferie. Non gliene fotte niente. Si lamentano ma poi non fanno nulla, non si fanno sentire.”
“Sono zombie. Non sanno neanche da che parte stanno girati.”
“Gente così, se vivono o muoiono non fa differenza…”
“Cosa vuoi dire?”
“Che bisognerebbe farli saltare in aria, spararli tutti. Lì, così, in mezzo ala spiaggia, alla sera quando vanno a prendersi il gelatino… seminare il terrore (risata)”
“E poi? Cosa risolvi?”
“Poi si dà la colpa ai neri, a questi cazzo di terroristi islamici di merda, così li rispediscono tutti a calci in culo da dove sono venuti”
“Sarebbe da fare veramente.”
“Non è così difficile, sai quanto ce n’è come noi che non vedono l’ora?”

Sarei dovuta intervenire. Avrei dovuto chiamare le forze dell’ordine. Fargli una foto a questi due. Qualcosa insomma. Invece ho continuato a camminare con un unico pensiero: ci siamo, il nemico è dentro di noi.

Ci vuole una grande forza interiore, una grande volontà di capire, di non accontentarsi di ciò che appare, la determinazione di andare a vedere come stanno realmente le cose ma ciò è un lusso, ormai divenuti appendici dei nostri devices, privi di una cultura degna di tal nome, privati del tempo e dell’opportunità di poter essere uomini.



6 luglio 2016