sabato 12 aprile 2014

SOCIALMENTE UTILE

Con molta cautela, e a piccole dosi, ho dato un’occhiata a cosa è successo nel mondo durante la mia assenza.
Troppo perché io possa pensare anche solo di esprimere uno stato d’animo.

Mi limito quindi a una sintetica considerazione su una notizia tutto sommato marginale: la condanna a un lavoro socialmente utile del nostro famigerato.
Già su questo ci sarebbero da scrivere pagine, ma motivatore di disabili? Cos'è? Una presa per il culo?
Sarà anche per un solo giorno alla settimana, ma se lo devono ciucciare proprio dei poveri cristi?
Ma per chi è la condanna?
Questo è il meglio che sappiamo fare?

domenica 6 aprile 2014

Moleskine 5 - ISOLATA

Quindici giorni senza televisione, giornali e internet. Potrebbe essere accaduto di tutto e io sono in quest’oasi di pace. È dunque questa l’unica via? Il futuro sarà un certo numero di oasi sparse in cui pochi fortunati potranno provare serenità o un medicamento generico che le assomigli?
E tutto il resto colare a picco?
Un bicchiere di vino sull’erba e tante profonde riflessioni?

Pare strano che un senso di pace si accompagni a una sconfinata tristezza ma è giusto così.
Che resti il dolore appena sotto la superficie, pronto a emergere e procurare angoscia.
Il peso del male va suddiviso in un modo o nell’altro.

1 aprile 2014

Tutti i diritti riservati

venerdì 4 aprile 2014

QUELLO CHE VIENE DOPO

Più cerco di capire la società in cui sono immersa, più mi convinco di essere nel mezzo di una profonda trasformazione, di cui la maggior parte di noi non è consapevole. Ho sempre ritenuto che le cause di questa estraneità fossero la non attenzione, la superficialità o, peggio, il disinteresse,  ma la mia idea di trasformazioni sociali è sempre stata quella dedotta dai libri di storia, quelli classici di scuola, con un prima e un dopo definiti e netti. Ma tra il prima e il dopo c’è un lasso di tempo che raramente questi libri contemplano. Trovarsi lì, immersi nel flusso e riflusso confuso di idee che sottendono i grandi mutamenti, non è facile. Vedere con chiarezza richiede un grande sforzo intellettivo che non è comunque garanzia di comprensione. Badare al linguaggio, a come si trasforma, aiuta, perché fa intravvedere, e inquieta, perché arduo riconoscerne la reale portata. Le nuove parole, i nuovi abbinamenti di termini, penetrano nei nostri cervelli e ci cambiano in modo apparentemente indolore. Nei fatti vediamo che alcune faccende non vanno, e che altre vanno proprio male, ma non riusciamo a capire come ci siamo arrivati a un certo stato di cose. Il fermento è ovunque e non sappiamo dove ci porterà. 
Vorrei poter arrivare a vivere quel momento che viene dopo, in cui ci si può volgere indietro e vedere ciò che è stato. Guardare a tutta la fatica e i conflitti che hanno condotto a una nuova era come a qualcosa di superato.

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mercoledì 2 aprile 2014

DA PORTO MAURIZIO A ONEGLIA

Cammino da Porto Maurizio a Oneglia lungo la “superstrada”. Il primo tratto in realtà lo percorro di sotto, in prossimità del parcheggio del nuovo porto. 
Alcuni camper sono parcheggiati. Vedo una coppia di pensionati sull’uscio del proprio chiacchierare con una coppia di giovani. Una ragazza e un ragazzo dall’aspetto trasgressivo, tatuaggi e orecchini a profusione, e due cani killer che saltano giù dal loro camper parcheggiato accanto al primo. 
La donna anziana ora è china a coccolare i due quadrupedi e sorride. 
Sorrido anch’io. E penso che la soluzione di tutto è così a portata di mano. 
Sbuco all’imbocco del nuovo parco urbano ma, per questa volta, proseguo lungo il marciapiedi che fiancheggia la strada carrozzabile. Il bordo strada è zeppo di spazzatura. Ne raccolgo un po’ poi rinuncio. All’altezza dell’ex discoteca Nova, poco prima e poco dopo, la vegetazione inselvatichita, il tripudio di versi di uccelli che la animano, il rumore tra l’erba di lucertole e altri piccoli animali che hanno trovato un buon habitat, mi fanno pensare che la zona potrebbe diventare una piccola oasi faunistica. Altrove sarebbe già cosa fatta. Non che mi piaccia il concetto di oasi ma a ciò siamo ridotti. 
Più avanti il moderno edificio, peraltro non brutto, con vista sul depuratore, conferma il contraddittorio e insensato spirito urbanistico che ha sempre caratterizzato Imperia, già quando non aveva nome. Giunta al pianoro deserto della parte portorina delle ex Ferriere Voltri, penso come ogni volta che mi manca l’imponente scheletro narrante. 

 25 febbraio 2014

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BARCONI E SPECCHIETTI PER LE ALLODOLE

Si chiede a gran voce riparazione dei danni e torti subiti, ma prima ancora e soprattutto si chiede vendetta. È l’unico diritto che ci resta, tutti gli altri ci sono stati a poco a poco sottratti, a questo non rinunceremo. 

Ogni nostro atto, che ci piaccia o no, che lo vogliamo o no, implica un danno o una sofferenza altrui. Ma il nostro immaginario etico ormai è plasmato per prendere eventualmente in considerazione una responsabilità individuale solo quando riteniamo che un determinato atto sia la conseguenza di una precisa intenzione malevola. E noi non siamo cattivi quindi non abbiamo responsabilità.
E ci infastidiscono molto le soluzioni che impongano di prestare attenzione alle nostre mancanze, ai nostri difetti, alla nostra disattenzione. Che ci chiedano di mettere in discussione il nostro stile di vita.

Se manca il lavoro o se i servizi funzionano male, se lo stato non ha il denaro per far fronte alle necessità dei propri cittadini, è colpa dei barconi e di quelli che ci stanno sopra. Riconoscere che le motivazioni reali sono riconducibili ad altri ambiti, che il nemico sta in casa e siede alla nostra tavola comporterebbe un’onestà e uno sforzo che nessuno ha più voglia né forza di sostenere.

La diaspora sempre più accentuata e irreversibile della popolazione mondiale. L’interdipendenza planetaria. Ma chi ce lo fa fare di pensare in questi termini? Bisogna già correre così tanto per restare dove si è. Mettersi a ricercare le vere cause è roba da sofisti. L’importante è mantenere l’integrità di se stessi e dei propri beni. Tanto più se ci sono soluzioni preconfezionate e colpevoli sotto vuoto e senza data di scadenza. Ci hanno sobbarcato dell’onere di trovare da noi le soluzioni ai nostri problemi? Bisogna individuare e punire dei colpevoli? Perché andare a cercarli lontano? Questi addirittura ci arrivano in casa belli pronti ed etichettati.

E a chi ci dice che benessere, democrazia, libertà, e sicurezza o ci saranno per tutti o non ci saranno più e che non esiste più un dentro e un fuori e che siamo tutti insieme, rispondiamo all’unisono:
Andate a farvi fottere!

Per dirla con Platone, all’uomo piace essere imbrogliato. O, per usare una locuzione francese imparata di recente, se laisser embobiner.

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PROGETTI DI SVILUPPO

I progetti di sviluppo sono un pilastro del progresso umano. È nostro preciso dovere portare il progresso laddove non c’è. Non vi è alcuna retorica in questo. Ed è dovere di tutti sostenere investimenti e progetti volti alla promozione dello sviluppo e della crescita nei Paesi in difficoltà. 

Porteremo posti di lavoro e ci sarà un incremento dei profitti per le aziende che investiranno e che quindi pagheranno tasse che andranno a beneficio degli Stati che, automaticamente, miglioreranno i servizi per le popolazioni locali, la sanità, l’istruzione, le infrastrutture. 
Stiamo parlando di tecnologie non verdi ma verdissime. Gli impatti e i costi ambientali saranno minimizzati e, comunque, tenuti sotto controllo. 

Chi afferma che i posti di lavoro si rivelano sempre inferiori a quelli promessi, che i salari sono gestiti al ribasso e le condizioni di lavoro precarie e pericolose, chi dice che sono inesistenti o irrisori i trasferimenti a livello locale dei proventi ricavati dalle cessioni di sfruttamento delle risorse a favore degli investitori, chi denuncia che i territori verrebbero addirittura violentati e avvelenati, sfruttati all’osso per poi essere abbandonati, ecco per tutti costoro che blaterano senza sapere di cosa parlano, esistono solo poche definizioni.

Criminali! Sabotatori! Terroristi! 

 novembre 2011

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GIOVANNI AMADEO

Troppo presi dai nostri problemi. L’affitto, la salute, le relazioni sentimentali. Non solo questi e non necessariamente in quest’ordine. E ci si scopre ignari di qualcosa che è accaduto vicino a noi. Il giorno seguente non abbiamo letto la cronaca locale sul quotidiano e il giorno in questione ce ne stavamo tappati in casa e non abbiamo incontrato anima viva, qualcuno che potesse informarci. 
E così, due mesi dopo, m’imbatto a Diano Marina nel pittore Pier Giovanni Scremin che mi dice, Hai visto? È mancato il nostro comune amico. Ecco, con imperdonabile ritardo, scopro della morte di Giovanni Amadeo, titolare della Grafiche Amadeo di Imperia. Ne parliamo Scremin ed io e mi ritrovo a fare quella cosa che non ho mai sopportato: elogiare qualità e meriti di chi scompare. Eppure mi sono salite dalla pancia le parole per quest’uomo con cui ho avuto a che fare così poco, veramente poche decine di minuti in tutto, e che di fatto non conoscevo, ma in quel apparente nulla ho potuto riconoscerne presenza, gentilezza, disponibilità ed educazione. Un bel viso aperto e lo sguardo diretto. Mi dava l’idea di un uomo dai convenevoli misurati, dotato di senso pratico e capace di ascoltare. Giusto un mese fa ho pensato di chiamarlo per chiedergli un parere su un progetto editoriale. E, invece, no. Semplicemente no. 
Tutto qui. E pensavo fosse giusto scrivere anche solo poche righe in suo onore.

 23 marzo 2014