Altro che un inno e un invito alla cooperazione tra culture e alla produzione e commercializzazione di prodotti di qualità, dove per qualità s'intende anche la sostenibilità del contributo umano e ambientale dell'intera filiera. L’Expo è la celebrazione di una
dicotomia: il cibo (presumibilmente) buono, biologico e ogm free per chi ha i
soldi e per tutti gli altri no: agricoltura e allevamento intensivi con le
tecniche che tale produzione massiva implica, fitofarmaci, diserbanti, e ormoni
come se piovesse, ingredienti scadenti e additivi poco salubri, grande
distribuzione a prezzi popolari e camminare. Senza contare i costi
esternalizzati a cascata: degrado del territorio, inquinamento delle acque, lavoro
sottopagato, pessime condizioni di lavoro.
E i milioni di euro spesi per
istallazioni pretenziose sono un’offesa alla fame presente in quei Paesi che
tali totem vanno a glorificare.
Sono ben altri i passi da fare per realizzare ciò che gli spot di Expo decantano.
Altro che Black Block
(infiltrati, figli di papà, o sinceramente arrabbiati che siano), manco un bombardamento intelligente potrebbe
cambiare le sorti di un mondo che si vuole rigorosamente diviso in due. Dove
quello che ancora di decente avanza non può essere certo distribuito a tutti.
28 aprile 2015
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