Dal
primo di giugno il Giappone, a seguito dell'annuncio del suo ritiro
dall'Iwc (International whaling commission), riprenderà la caccia
commerciale alle balene.
Apparentemente
è una pessima notizia ma, in realtà, è il contrario.
L'Iwc
si costituisce nel secondo dopoguerra tra stati dediti alla caccia
alle balene e oggi è composta da 66 Paesi membri. Al suo interno una
sottocommissione scientifica ha avuto nel tempo la funzione di
indicare le quote per la caccia commerciale e per quella cosiddetta
scientifica. Cosiddetta perché il prelievo degli esemplari per la
raccolta di dati utili a una presupposta ricerca la maggior parte
delle volte è stato giustificato dalla semplice rilevazione del
sesso e delle dimensioni.
Senza
entrare nel dettaglio, una delle caratteristiche di tale commissione
è il diritto di veto: qualsiasi Stato membro ha, entro novanta
giorni, facoltà di opporsi alle decisioni quando esse vadano contro
propri interessi di qualsivoglia natura. Ciò esautora di un potere
reale la Commissione che nel 1986, attraverso un lungo percorso,
diviene principalmente organismo di tutela dei cetacei. Attraverso il
diritto di veto, o per banale pirateria, alcuni
Paesi, Giappone, Norvegia, Islanda, Russia, Corea e
balenieri locali di diversi altri Paesi hanno continuato indisturbati
la loro attività, addirittura incrementandola. Inoltre il Giappone
ha sempre pagato alcuni Paesi, ad esempio la Mongolia, priva di
sbocco sul mare, per avere voti di supporto nel boicottaggio delle
moratorie.
A
settembre scorso un no
secco al progetto di una riserva per
le balene nell'Atlantico
meridionale è
arrivato da Islanda, Norvegia, Russia e Giappone. Con
39 nazioni a favore, 25 contrarie e tre astenute, non si è riusciti
a raggiungere la maggioranza richiesta di tre quarti, sottolineando
la crescente frattura all'interno dell’organizzazione
internazionale.
L'uscita
dall'Iwc vanificherà la strategia del
Giappone di proporsi come nazione ricercatrice e lo porrà in una
condizione di totale illegalità. Questo sarà l’ultimo anno
di attività di caccia da parte del Giappone nell'Oceano Antartico.
La caccia alle balene come industria “legale” è finita e
le nazioni fantoccio non saranno più pagate per votare per gli
interessi egoistici delle industrie baleniere nipponiche. Finalmente
finirà la farsa della caccia a scopi scientifici: i giapponesi sono
fuori dall'Oceano Antartico e non saranno più incentivati a far
votare le nazioni fantoccio per i loro ristretti interessi personali.
Avremo forse una buona volta, grazie alla pressione internazionale,
la possibilità di far diventare l'Oceano Antartico un vero santuario
libero da bracconieri. Tanto per cominciare. C'è da augurarsi che
anche altri si chiamino fuori, in modo da dare una bella ripulita
alla Commissione trasformandola in un organismo forte all'interno
della comunità internazionale e sperare che una crescente coscienza
pubblica unita al diritto internazionale riescano a isolare gli
irriducibili.
Sono
fermamente convinta, come più volte ho ribadito, che su alcune
questioni di interesse comune, debbano esistere regole planetarie non
derogabili.
Bibliografia
consigliata:
Il
canto delle balene – Jeremy Cherfas
La
storia di Greenpeace – ed. La Spiga
Ocean
warrior – Paul Watson – ed. Mursia
Cacciatrici
di balene – F.Frilli ed.
Le
balene lo sanno – Pino Cacucci – Feltrinelli
Il
mondo alla fine del mondo – Luis Sepùlveda – Guanda ed.
Storia
di una balena bianca raccontata da lei stessa – Luis Sepùlveda –
Guanda ed.
Filmografia
consigliata:
The
cove – La baia dove muoiono i delfini – Feltrinelli
The
end of the line – Al capolinea - Feltrinelli