martedì 28 maggio 2019

PASQUALE INDULGENZA

Ieri ho scritto alcune righe sull'abituarsi e stanotte è morto un amico che non si è mai voluto abituare. Pasquale Indulgenza lo conobbi poeta trent'anni fa. Una buona persona con un carattere a tratti spigoloso sempre però incline a un sorriso. Colto, attento, dedito alla causa della polis, credo sia stato sopraffatto dalla stanchezza. L'arrendersi amaro all'evidenza dei fatti che infine sottrae l'energia vitale che ci sostiene. L'ultima volta che parlammo mesi fa ci trovammo distanti su alcune considerazioni finali legate alla politica ma riconoscemmo grati la serietà intellettuale, l'onestà d'intenti, il senso di responsabilità umana che ci accomunava. Per lui ero troppo proiettata verso un futuro ancora utopico, per me lui ancora troppo legato a una concezione della politica a mio avviso obsoleta nel terzo millennio. Mi salutò ammiccando indulgente e sono certa abbia pensato, Amica mia, non hai idea di quanta strada ci sia ancora da fare.



lunedì 27 maggio 2019

ABITUARSI


Mi sto abituando al passeggio tra svolazzi di plastica, volantini promozionali, pattume di sorta. Lungo le strada, sui marciapiedi, cresce, prolifera, attecchisce. Scoraggia e dissuade dal gesto virtuoso. Avvilisce. Funziona così. Un giorno via l'altro diventa paesaggio consueto.
All'uscita dal seggio elettorale mi fermo nella piazza dei giochi e siedo a godere dell'atteso tepore. Guardo i bambini. Due piccoletti sfrecciano in bici a rotelle ignari di ciò che li aspetta. Un'esistenza misera, mefitica, malata. E sopra ogni cosa ingiusta.
Il danno maggiore sarà che nel male che proveranno non troveranno elementi da cui partire per tentare un riscatto. Perché essi non avranno più idea di un mondo diverso, né che possa esistere qualcosa di meglio. Non ne avranno memoria. Si saranno abituati pian piano a quello che crederanno sia sempre stato. Nati immersi nella distanza, ecco, li vedo, si stanno abituando fin d'ora.

The photo that sparked Haiti’s PetroCaribe Challenge "Kot Kòb Petwo Karibe a?"

sabato 18 maggio 2019

COME LACRIME NELLA PIOGGIA


Guardo le pile di libri e penso che se morissi la grandezza di pensiero contenuta in molti di essi andrebbe perduta. Più correttamente andrebbe perduta la sintesi irripetibile che dall'unione di quei determinati libri scaturisce. Più che attraverso qualsiasi parola potrei scrivere, nel compenetrarsi di tutti questi testi è contenuto quanto vorrei trasmettere.
La paziente e attenta lettura di migliaia di pagine forma l'animo di un individuo definendolo. Combinazione unica e particolare che in ogni biblioteca personale si verifica e determina scenari di pensiero unici e straordinari. Una ricchezza che dev'essere condivisa e che crea, attraverso l'unicità di ciascun lettore, ulteriore ricchezza e progresso umani.
L'unica eredità che ho da lasciare.

C'è una scena in Blade Runner che descrive perfettamente quel senso di caducità di cui ogni esistenza pare essere intrisa.

E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.”

martedì 14 maggio 2019

VACANZA LOW COST


Recentemente ho deciso di concedermi una settimana di vacanza ma, essendo al limite dell'incapienza, ho optato per una soluzione a costi ridotti. Ho spento il telefono e mi sono immersa nella lettura di due libri.
Con sempre rinnovato piacere mi sono dedicata alla prosa scarna ma efficace di Simenon ne “Le persiane verdi” (Adelphi) e con estrema attenzione al saggio di Otto Bauer (Editori Riuniti) ne “La questione nazionale”.
La seconda lettura, a prescindere dal contenuto su cui a lungo si potrebbe argomentare, mi ha fatto riflettere su quante volte ho espresso opinioni e manifestato aspettative politiche senza avere una cultura specifica in materia. A parte il "Manifesto del Partito Comunista” ai tempi del liceo e pochi altri saggi, ho letto per lo più letteratura sociale, scientifica, ed economica. Tutte trattazioni attinenti in ultima analisi alla politica ma non specifiche. Leggere ora il saggio di Bauer, pubblicato all'età di ventisei anni, quindi pensato ed elaborato in quelli precedenti, giovanissimo, mi ha emozionato al pensiero del fermento culturale di quegli anni che rendeva uomini dei ventenni quanto a cultura e capacità d'analisi. Nondimeno il trovare trattate, come anche in questo testo, idee cui sono giunta attraverso osservazione, analisi, e intuizione, mi rassicura sul fatto di non dovermi porre troppi problemi riguardo all'esprimermi su questioni politiche. Non sarò in grado di affrontare tecnicismi, né di argomentare con dotti riferimenti ma quanto a visione d'insieme sulle questioni e sulle dinamiche che necessariamente devono concorrere all'elaborazione di una strategia politica lungimirante ed equa, direi che l'unico ostacolo è la ristrettezza di vedute della maggior parte degli interlocutori. Se operanti a livello politico, si tratta per lo più di persone convinte di aver raggiunto un traguardo personale anziché di essere i rappresentanti di responsabilità collettive. Se comuni cittadini, troppo presi dalle contingenze quotidiane per buttare l'occhio verso l'orizzonte. In entrambi i casi prigionieri di particolarismi e sterile competitività.
Un consiglio finale: dopo aver avvisato parenti e amici stretti, onde evitare allarmismi, concedetevi qualche giorno a telefono spento. Superato lo spaesamento iniziale potreste essere sorpresi da un senso di benessere dimenticato.

giovedì 9 maggio 2019

CENTINAIA DI NEONATI ABBANDONATI


Orrore in Italia. Abbandonati nei campi, lungo le strade o nei cumuli di spazzatura, continua il ritrovamento di neonati. Ormai sono centinaia. Per la maggior parte di essi ormai è troppo tardi. Le immagini strazianti dei piccoli corpi senza vita danno la misura della tragedia che si sta consumando.”

Cose che succedono.
Come sarebbe a dire, cose che succedono?
Certo, succedono. Cose così e altre simili o peggiori. Quotidianamente. Qual è il problema?
Ma è inaudito! Non è possibile permettere un abominio simile.
Tanto, cosa possiamo farci?
Muoverci tutti insieme, pretendere l'intervento delle istituzioni, coinvolgere le nazioni unite, insomma, qualsiasi cosa pur di mettere fine a questa strage di innocenti.
Bene. Avete ragione. Ora però sostituite Italia con Iraq.
Iraq? Stai parlando dell'Iraq? Ma mi hai fatto venire un colpo. Perché hai detto Italia? Sei proprio stronza.

Iraq dove alle donne fuggite dalle zone roccaforte dell'Isis, violentate prima dai combattenti dello Stato Islamico, poi dai militari della parte avversa, e ora nei campi profughi dalle guardie che dovrebbero tutelarne l'incolumità, allo stremo delle forze non resta che tentare di abortire da sé o abbandonare i neonati, cui solo un futuro di vendetta è garantito.
Senza contare i circa quindicimila bambini che muoiono ogni giorno di fame, quelli costretti a imbracciare le armi, quelli venduti e comprati per vari utilizzi. Quelli storditi dalle droghe, quelli costretti a vivere tra i rifiuti, o nelle fogne per ripararsi dalle intemperie. 
Eccetera, eccetera, eccetera.
Ognuno di essi ha un volto e uno sguardo. Ognuno di essi ha emozioni e prova dolore.
Solo che sono lontani, non sono qui. Non sono i nostri bambini.

Lo so, è difficile portare il peso del dolore del mondo. Passa la voglia di vivere. Perché se scomponiamo i milioni in unità e concediamo a ognuno identità e storia, allora comprendiamo l'entità del nostro fallimento di esseri umani. Io mi sento così. Sento di avere fallito.
La provocazione qui sopra è solo un penoso tentativo di colmare l'incomprensibile divario tra chi sente troppo e chi non sente nulla. E forse non nasce più dalla speranza di riuscire a fare qualcosa, dalla speranza che il sapere sia sprone sufficiente. Forse è solo per l'invidia nei confronti di chi riesce a farsi scivolare tutto di dosso.

domenica 5 maggio 2019

FUCILARE GLI EXTRA


L'ufficio postale è gremito. Alcune persone in attesa all'esterno tengono d'occhio il display con i numeri di chi è in coda. Entro comunque e prendo un biglietto. Numero 88. Ho ventotto persone davanti. Esco, vado a bermi un caffè in un bar lì vicino, e ritorno ad attendere il mio turno restando nei pressi dell'ingresso. Dopo un po' ho solo più dodici persone davanti. Temevo peggio. Tocca al numero 76. Ma il numero 76, un tipo accanto a me che ho notato, corpulento, barba da pirata, accento albanese, è al telefono. Alcuni numeri devono aver desistito perché mancano all'appello. I tre sportelli operativi chiamano il 77, e a seguire l'84 e l'85. Nel frattempo il 76 termina la telefonata e rientra nell'ufficio. Non appena uno sportello si libera si fa avanti. Entro anche io. Colgo un brontolio sommesso che in pochi secondi aumenta di tono forse perché il disappunto è condiviso dalla maggior parte degli astanti.
- Non si fa così.
- Avrebbe dovuto prendere di nuovo il numero e rimettersi in coda daccapo
- Questi che vanno a farsi un giro e poi pretendono di passare...
- Chi si crede di essere.
È un extracomunitario.
- Sono dei prepotenti.
- Devono tornarsene a casa loro.
- Questi stranieri non meritano niente.
L'uomo si volta e reagisce in prima battuta dicendo che era in coda anche se fuori e che non era andato a farsi un giro. Poi, al crescere dell'ostilità, manda tutti a quel paese e torna a sbrigare la propria pratica.
Il disappunto generale cresce e i commenti rivolti all'uomo si fanno pesanti.
Intervengo pacatamente rivolgendomi a tutti in generale:
- Signori, la vita è già difficile, perché dobbiamo contribuire a complicarcela? Anziché prima il 76 e dopo il 77, è passato prima il 77 e dopo il 76. L'attesa è uguale. Certo il signore avrebbe potuto essere un po' più garbato ma a nessuno fa piacere essere aggredito.
Per tutta risposta una signora d'età s'inalbera:
- Questi extra (dice proprio extra, non spreca neanche fiato a pronunciare la parola per intero) son tutti gentaglia. Non sono italiani. Questi extra ci vogliono passare davanti.
Al che mi sento in dovere di precisare, educatamente e con il sorriso:
- Signora, non crede sia scorretto farne una questione di nazionalità? Se proprio dobbiamo fare una divisione, facciamola tra buoni e cattivi.
Al che la signora, rivolgendosi ai vicini di sedia, rincara la dose e io rispondo.
- Questi extra, prenderli uno a uno, raccoglierli in giro, metterli tutti in fila, e fucilarli.
- Signora, queste non sono cose da dire e soprattutto non sono da pensare.
- Non la riguarda. Di che s'impiccia?
- Be', se lei fa un'affermazione tanto grave in modo udibile in un luogo pubblico, mi riguarda eccome. E poi la memoria, insomma, un po' di cose dovrebbe ricordarsele, a meno che...
Nello stesso momento il display segna il turno dell'88. Lascio in sospeso la frase. Vado allo sportello. Sento bisbigliare alle mie spalle e colgo:
- Quella è una che se la fa con gli extracomunitari.
Terminata l'operazione mi dirigo verso l'uscita, augurando a tutti una buona giornata, senza sarcasmo né astio. Da tempo sono convinta che il nemico bisogna spiazzarlo. E dico nemico per semplificare, si è tutti vittime di qualcuno o qualcosa, fosse anche solo di se stessi. Comunque sia, gentilezza contro aggressività. Maggiori possibilità di riuscire in qualcosa di buono. Cerco nello sguardo dei presenti qualcosa che mi suggerisca i loro pensieri, le loro emozioni. Giusto un uomo mi guarda dritto negli occhi e leggo approvazione. La maggior parte distoglie lo sguardo. Nel frattempo sono entrate persone ignare dell'accaduto. L'albanese se n'è andato da un pezzo.

Lo so. È solo un piccolo fatto ma mentre m'incammino sento un peso nell'anima. Una gran tristezza. Per queste persone che vivono spente, vuote, aride. Timorose della morte e perciò aggrappate alle quattro cose che danno loro sicurezza convinte che rappresentino la sostanza della vita. Del tutto incapaci di empatia. Solo più predisposte ad alimentare le difficoltà e il malcontento, rovinando in primis le proprie giornate. Mentre costeggio i banchi del mercato penso frasi in ordine sparso. Un'impresa immane spetta alle persone di buona volontà. Il senso di impotenza. La tentazione di arrendersi. Il rifiuto di farlo.

venerdì 3 maggio 2019

MOLTO SEMPLICE


Chiunque abbia denaro può comprare ciò che vuole e in quantità proporzionale alla propria disponibilità economica. Incluse le risorse del pianeta. Inclusa la vita di chi deve ancora nascere. 
È possibile comprare terre fertili, falde acquifere, aria, minerali, cibo. Tanto per semplificare. E anche persone. Ogni moneta permette di entrare in possesso di un pezzo di ricchezza del mondo. Ma il bene più prezioso che si può acquistare, a quanto pare, è il diritto a non dover rendere conto. Né delle conseguenze sociali, in termini di diritti, giustizia, qualità della vita, conflitti, né dell'esaurimento di beni e risorse. Nessuna responsabilità nei confronti di chi non può beneficiarne oggi e di chi non ne troverà domani. Reso legittimo il derubare impunemente il prossimo e le generazioni future. Basta pagare. Ciò che ci governa è il principio che una volta morti noi, morti tutti. Finito il film. 
Se intendiamo concedere il nostro beneplacito a ciò, dobbiamo anche, senza accampare scuse e fare parole inutili, individualmente assumerci la responsabilità morale che tale posizione comporta.
Molto semplice.