lunedì 29 luglio 2013

DI PASSAGGIO

 UNO

Che bei materiali trasparenti! Bisogna proprio cedere il passo. Oh la razionalità tecnologica… Che belle cosce ha questa commessa! Al di là del bancone come se il bancone non ci fosse! Tutto è vetrina! L’amplesso s’immagina facile. Una bella coscienza felice aleggia nell’aria. Oh come tutti sono entusiasti! Coinvolti. Coinvolti da tutto come solo gli indifferenti. Beati gli indifferenti che sono i primi a gioire! Sempre saranno i primi e guardinghi scruteranno gli scettici! Alla malora gli scettici! Tutto funziona a meraviglia. L’illuminazione sfaccetta la città d’inattese policromie e tutto si fa scintillante. Su in alto, agli ultimi piani, si gode la vista su questa estensione interna di case, di strade e negozi e movimento spumeggiante. Che nessuno ne sia privo! I palazzi hanno le finestre tutte rivolte verso il cuore dell’urbe. Lisce e cieche pareti fronteggiano all’esterno. Immensi condizionatori arroventano l’aria dalla cinta periferica verso lo spazio aperto. Il mondo altrove è altrove e non tocca la libera coscienza dell’oasi. Non si negozia sulla temperatura neanche d’un grado. Aria fresca, aria fresca, aria fresca! Da lontano chi giunge incontra solo il riverbero uniforme e metallico dei dorsi muti delle abitazioni, che di qua si fanno traslucide e solo iridescenze separano la vita domestica da quella pubblica. Ma chi giunge? Ben pochi. Sono sufficienti a ogni città un’unica linea ferroviaria e un’unica arteria stradale agibili. Le metropoli offrono funzionalità e benessere standard: a ognuno è bastante la propria. Per lavoro ancora qualcuno si sposta, ma nel caso lo fa per aria. Giacciono in reticolo abbandonate centinaia di migliaia di chilometri d’asfalto. Oh, la stoltezza dell’uomo! Viaggiare collegare raggiungere possedere. E’ di gran lunga bastevole starsene fermi e colonizzare lo spazio che tocca in sorte. Ognuno con meticolosità e determinazione, suggere ciò che serve o aggrada e dal centro diramare in impercettibile e inesorabile forza centrifuga. Conglomerati. Psoriasi squamosa che secca la terra che resta negli interstizi non inglobati. E’ terra che avanza! Tanta ce n’è lungo le coste.


DUE

Quel tipo ha infilato la spina del carica batterie nella presa a fianco dello specchio, si è sciacquato le mani e rinfrescato e ha fatto un po’ di boxe con l’immagine riflessa. Si è messo di schiena e sta torcendo il collo, si sta controllando il tatuaggio e la canotta che non sia troppo sporca e ora si fa un panino seduto sulla tazza del cesso. Certo è un tipo che sa come si vive sui treni. Nello sferraglio tra due vagoni ha fatto casa: ha appeso un sacchetto di bottiglie di plastica quasi tutte vuote e si è seduto su una delle piastre di ferro allungando le gambe. Però ha avuto l’accortezza di far passare il filo sotto la porta del bagno e ha portato il telefonino a portata di mano. Rimane un bel tratto dall’ultima fermata all’idea che ho in mente, un qualche mezzo di fortuna certo lo troverò, saranno un centinaio di chilometri, basta che mi porti a destinazione, per il ritorno un mezzo altrettanto di fortuna, a meno che non decida di restare in attesa del rientro. Meraviglia! Superate le squallide baracche di chi ha scelto di restare in prossimità del mare, spazio e solitudine finalmente, quello che serve per rilassarsi! La vegetazione cresce anarchica tra le carcasse abbandonate sul lido. Ci sono modelli che hanno quasi cent’anni, alcune appartenute certo a villeggianti. Esseri estinti che una volta all’anno venivano a rinfrancarsi dalle fatiche del lavoro con bagni di sole e di mare. Cumuli di macerie, in alcuni tratti delle vere e proprie colline che si susseguono a perdita d’occhio. Alla base i reperti più vecchi, di quando l’abbandono era timido e non organizzato, ma d’altronde un rimasuglio di pudore restava nel fare discarica là dove famiglie ostinate ancora si riunivano con ombrelli e asciugamani a fare spiaggia senza mare, chè il mare di giallo cromo e olii e assenza d’ossigeno e vita, d’onda e di risacca inerte lambiva la battigia. Ancora ciechi e sordi trovavano spazio tra detriti e spazzatura e giocavano a carte e mangiavano panini e leggevano riviste e bagnavano i piedi e i bimbi riempivano i secchielli e facevano castelli, quando già avevano chiuso anche gli ultimi stabilimenti più moderni, quelli delle docce disinfettanti. Agli ardimentosi che si tuffavano e a vigorose bracciate attraversavano i liquami, s’imponeva immediata una doccia. Al divieto di queste, che più non davano sicurezza, seguirono impianti che vaporizzavano acqua a offrire al posto del mare quel minimo di refrigerio vitale. Poi anche quelli chiusero i battenti. Ora, tra pochi che rovistano in cerca di qualcosa che possa tornare a rinnovata utilità, in attesa di allontanarmi da questa palla dall’odore uniforme, posso godere in pace di questo silenzio di morte.


Racconto tratto dalla raccolta "Incontri" Philobiblon edizioni
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LA PICCOLA NAPOLETANA TERRONA

Babbo: “Mettiti il costume se no non puoi entrare in acqua!” categorico
Mamma: “Non vedi che noi ce l’abbiamo?” didascalica
Babbo: “I bimbi senza costume non possono fare il bagno.” imperativo
Mamma: “Lo vuoi capire o no: niente costume niente mare?!?! Hai capito??” sull’isterico

La bimba, Matilde, due anni, piange, senza capire ovviamente.

Babbo: “Ma allora sei venuta qui per rompere le scatole a tutti? Eh, dillo! Sei venuta per dare fastidio?” aggressivo
Mamma: “ Smettila di piangere!!!! . Metti il costumino!!!” urlante
Babbo: “Non fare la piccola napoletana terrona!” disgustato

La coppia genitrice sui 25, 30 anni.
Lei incinta.

Celle ligure 19/0/2013

E queste persone votano.


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100ESIMO POST

Sono esattamente 26 giorni che non mi dedico al blog, 26 giorni che non scrivo. E’ frustrante. Da un lato la mancanza di tempo e la stanchezza, dall’altro la paralisi. L’abbondanza di argomenti mi paralizza.
Penso: devo lasciar scorrere via tutto quanto. Che i fatti parlino da sé. Non perdermi. Il necessario lavoro di approfondimento e comprensione mi sovrasta e non trovo il giusto canale di comunicazione. Non trovo il modo, o forse il coraggio, di parlare della distanza, di lamentare ad alta voce l’ostinata ignoranza, la risoluzione a non voler sapere, a non voler vedere, a non voler capire.
Tutte le parole mandate nel mondo nei secoli non sono giunte se non a pochi. E continuano a non arrivare che a pochi. Ma ho dichiarato il mio intento, per cui continuo.
Dunque, per questo 100esimo post cosa scrivere? E’ un traguardo simbolico, ma per me importante. Potrei raccontare della pietra tirata in spiaggia da un adolescente a Fratello, il nostro amico del Bangladesh, della signora che al balcone con il marito ha seguito il concerto di Uto Ughi in Piazza dei Corallini a Cervo, con l’IPad sollevato tutto il tempo per riprendere l’avvenimento. Potrei parlare delle news a scorrimento sulla homepage di Libero del 16 luglio (Squalo divora quindicenne – Scoppia la casa, bruciati vivi due bimbi – Nonna abusa della nipotina, poi la strangola), o ancora del senegalese inseguito dai carabinieri e annegato a Ventimiglia  (un amico era presente), dello spot della Apple (E’ questo. Quello che conta è questo. Come vivi un prodotto!). Potrei parlare della vergogna che provo quando apro l’armadio a muro ripieno di scarpe (ne ho di vecchissime, le conservo al meglio, pago l’affitto, non ho l’auto, sono precaria, ma tant’è)
Del barbone cui ho dato una manciata di tabacco e alcune cartine in un vicolo di Genova, di un muratore che tra una bestemmia e l’altra, sul ponteggio discorre con i colleghi del neonato erede al trono inglese. Anche della donna con maschera e boccaglio che ignara, lo sguardo rivolto al fondale, avanza tra i liquami scaricati dagli yachts in rada, dei bambini tra canotti e salvagente a sguazzare nel medesimo putridume. Della pubblicità Vola gratis: c’è il quasi scritto piccolino, ma la voce dice vola gratis. Per inculcare l’idea che possa esistere un qualcosa privo di costi (diretti, indiretti, esternalizzati). Come se la maggior parte delle persone non ne fosse già a sufficienza persuasa. Degli scontri per la Tav. Degli articoli sull’economia: “i segnali di miglioramento ci sono, scenderà il costo del denaro ma resterà pesante la disoccupazione…”. Dell’aumento sui treni interregionali (perché proprio non c’è verso: automobili, automobili, automobili), e di Italo, il nuovo treno low cost, e dell'Alvia 141deragliato in Spagna.
Senza tregua.
Ecco, senza tregua. Potrei riportare mille spunti, ma la sostanza non cambia. I temi di fondo restano gli stessi. E anche la sensazione di essere carne da macello.


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lunedì 22 luglio 2013

ELENCO 2

Nel Regno Unito tagli al welfare per circa 2 miliardi di sterline
Sempre Regno Unito: la regina potrà contare su un gettito fiscale maggiorato di circa 5 milioni di sterline.
Corsa alle terre rare in Groenlandia. L’ex premier Kuupik Kleist dichiarava - non deve accadere come in Africa - ma intanto offriva incentivi fiscali e costi di lavoro ridotti. L’attuale premier, la signora Alega Hammond, mi pare abbia le idee più chiare e intenda ostacolare i cacciatori di risorse.
È morta la Tatcher (08/04). Ma non credo sia il caso di festeggiare.
In Cina al via le riforme verso la privatizzazione delle grandi aziende di stato: energia, telecomunicazioni, trasporti, settori estrattivo e petrolchimico.
Esplosione in una miniera di carbone nella Cina meridionale (13/03)
Un’altra esplosione di gas in una miniera di carbone nel nord-est della Cina (31/03)
Esplosione in una miniera di carbone in Russia, nei pressi di Vorkuta.(11/02)
Sono esplose due pentole a pressione alla maratona di Boston (15/04)
È esplosa una fabbrica di pesticidi in Texas (18/04)
Quanto al numero di morti e di vittime presenti e future…
Le votazioni del Presidente della Repubblica: a letto con una brutta bronchite seguo dall’inizio in tempo reale la faccenda. Particolarismi, mediocrità e un fiume di parole a vuoto.
Gli ETF (Exchange Traded Fund) cercano i prossimi Paesi emergenti soprattutto in Africa. Economie di frontiera con standard di garanzie minime per gli investitori, ovvero essere poco vulnerabili agli shock finanziari globali. Appunto. Le garanzie minime che devono avere questi Paesi è sufficiente che siano quelle a tutela degli investitori.


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mercoledì 3 luglio 2013

UMANITA' CHE CAMMINA

Questi popoli che inondano le cronache, questi fiumi di genti che si riversano nelle strade e nelle piazze in ogni parte del mondo, chi sono? 
Sempre di più, sempre più stanchi, sempre più increduli. Di fronte all’evidenza di essere solo massa da gestire in maniera efficace, rapida e poco dispendiosa. 
Il riconoscimento dei diritti essenziali, questo chiedono a gran voce. Dignità. In ogni parte del mondo. Lingue diverse per la medesima domanda: perché? Perché l’offesa, perché il non riconoscimento, perché l’oppressione? 

Mi ricordano le visioni apocalittiche di un futuro devastante per la maggior parte dell’umanità di tanta letteratura e cinematografia dei decenni passati. Quando tali visioni potevano ancora avere una valenza ammonitrice, esorcistica, un timore forte ancora scongiurabile. 
Ora, invece, è. E dunque camminano. E camminano. Tutti insieme. A nord, a sud, a est, e a ovest. 
Camminiamo. Miliardi di minuscoli esseri in bilico tra speranza e disperazione. Perché è questo che fanno gli esseri umani di buona volontà quando stanno male: scendono in strada e camminano. Con quella rabbia tra le mani e nel cuore che precede la rassegnazione definitiva. 

E’ dunque questo il terzo millennio? 
Questo il risultato della nostra magnificenza? 

Tutto l’impegno della controparte, poco ma ben studiato, va nell’addomesticare. Nelle menti degli avidi non esiste che l’opzione di arginare il malcontento. Risolverlo troppo costoso in termini di risorse e di volontà, soddisfare le esigenze di una moltitudine crescente troppo audace, lungimirante e giusto, e il potere non va di pari passo con tali attributi. 
Allora alveari di cemento con vista su distese di campi chimici e interni di tecnologie ultrapiatte. 
Che l'alienazione porti all'autodistruzione.

Rinunciare al dominio… 

Ma siamo ormai perduti. 


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