venerdì 8 febbraio 2013

MATRIX

Qualche tempo fa Edge Foundation ha posto la seguente domanda: la rete ha cambiato il nostro modo di pensare? Lo cambierà? E se sì, in che modo? Quello che vedo è che la rete conferma l’esistenza di livelli diversi di realtà, modifica ulteriormente e in modo drastico i concetti di spazio e di tempo, ci immerge negli esiti della ricerca scientifica in modo diretto. Son finiti i tempi in cui le innovazioni venivano guardate con sospetto se non anche brutalmente bandite: ora le si assimila per osmosi. Bene o male che sia caso per caso. La decrescente importanza d’essere presenti fisicamente ci permette di annullare distanze reali e scarti temporali e pare diminuisca* la nostra impronta ecologica. Abbiamo accesso a un gran numero di informazioni e le possiamo trasmettere liberamente a chi vogliamo. Possiamo studiare senza muoverci da casa, imparare lingue, aiutare qualcuno, conoscere persone che mai avremmo potuto conoscere. Sì, ora abbiamo l’accesso. La nostra materialità ci è finalmente di minor impiccio. Entrare nella rete è facile e ci si può restare per un tempo indefinito. Saremo come le macchine, onniscienti e immortali, negheremo per sempre vecchiaia e morte. Perché saremo in una realtà valida quanto quella cui eravamo avvezzi. Ed è per questo che non possiamo esimerci dal permearla di un’etica questa realtà. Un’etica che tenga conto che ciò che avviene nel virtuale ha conseguenze nel reale, quell’unico che consideravamo tale fino all’altro ieri, un’etica che dica che il pensiero e l’intenzione sono parimenti gravi che le azioni. È in atto una mutazione, a tre anni si maneggia l’elettronica per la prima volta e l’interazione aumenta in modo esponenziale; se ora noi riusciamo ancora a comunicare con chi ha vent’anni in più o venti in meno, con le nuove generazioni non sarà così scontato. Anche di questo bisogna tener conto. È una decisione gravata da una responsabilità immensa accettare che nel web tutto sia lecito, perché il web è già un mondo in cui viviamo e dovremo fare i conti con una simile scelta. Se nei giochi lo stupro non è ancora consentito, tutto il resto lo è. E stiamo parlando solo di giochi. Inoltre, quando le “macchine” si auto evolveranno al punto da poter interagire maggiormente con noi, sarà meglio aver già pronti dei principi etici da applicare anche in quel caso. Se veramente alcuni programmi potranno portare a una qualche forma di pensiero robotico, non potremo far finta di niente. Nella vita reale abbiamo un’idea di ciò che è lecito e di ciò che non lo è, ma realtà è tutto ciò cui diamo vita e in cui stiamo, pertanto i principi, i diritti, il rispetto debbono essere gli stessi. Veniamo alle note dolenti. Il sovraccarico informativo e cognitivo annienta l’entusiasmo della prima ora, perchè non è possibile stare dietro a tutto. Ci infariniamo di un velo superficiale, perdiamo memoria a lungo termine, ricorriamo a scorciatoie per gestire la complessità di quanto ci si riversa addosso, prendiamo la prima decisione che ci viene in mente o quella più riscontrata. Nonostante la libertà di scegliere tra gli infiniti percorsi possibili, spesso ci ritroviamo in un labirinto che ci cattura e ci disconnette dalla realtà. Promettendoci e permettendoci livelli sempre più alti di accesso, la rete, o chi per essa, accresce la nostra fiducia e noi crediamo di sapere ben più di quanto sappiamo. Vaghiamo come idioti in uno stato di veglia apparente, ebbri e deboli, incapaci di cogliere il senso. Mai tanta ignoranza è stata accompagnata da tanta presunzione. Lo specchio dell’anima della specie umana. Inoltre, dolorosamente, l’estensione partecipativa abbassa la qualità dell’informazione e della produzione di materiale intellettuale; ammaliati dall’idea che ci sia maggior verità per il fatto che tutti possono produrre e immettere contenuti, perdiamo senso critico. La ricerca e la verifica delle fonti è un assioma imprescindibile, ma questa è una babele in cui solo con disciplina e onestà di intenti è possibile provare a orientarsi. E poi deleghiamo in un modo nuovo, partecipiamo agli eventi con dei click, ci isoliamo, perdiamo la vista, ci spacchiamo la schiena e fumiamo di più. Senza contare le nuove implicazioni di carattere medico: in Paesi in cui l’accesso è acquisito da tempo, quali Cina, Taiwan, Corea del Sud, l’uso eccessivo del web e delle tecnologie di ultima generazione è considerato emergenza sanitaria. Psicosi reattiva e altre sindromi troveranno spazio nell’edizione 2013 del DSM (manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali). Inoltre inganniamo con disinvoltura, fingiamo di essere chi non siamo stati capaci di essere e ancor più facilmente di prima perdiamo la visione di insieme. E questa è la moneta sonante con cui è pagato il vassallaggio. Però possiamo essere visibili. Siamo tutti artisti, tutti scrittori, tutti interessanti, belli, fotografati, esposti, in primo piano. Invece siamo solo, la nostra e quella dei nostri figli, generazioni di passaggio. Esaltati dalla novità ma ancora troppo sprovveduti per maneggiarla con intelligenza ed esperienza. Sì, siamo in un’era di passaggio, di profondo cambiamento per la nostra specie e i dubbi e i conflitti sono parte integrante del processo. Non è possibile etichettare la rete, la si può far rientrare nella categoria dei mezzi di comunicazione, ma pensando a un mezzo nuovo e rivoluzionario, dove le informazioni viaggiano in più direzioni e dove anche l’energia elettrica un giorno potrà, una volta prodotta da ognuno di noi, scorrere ed essere condivisa. Una miriade di aspetti e implicazioni. Una bella sfida. Credo, in sintesi, per rispondere alla domanda di Edge Foundation, che questo strumento collettivo di intelligenza e cultura porti a un contesto nuovo di evoluzione antropologica e che, essendo su tale evoluzione che si fonderà la società futura, molto studio e molta umiltà siano necessari per poter armonizzare principi etici, diritti e doveri con gli esiti di questo passaggio evolutivo. 

2011 –aggiornato 2012 

* vedi articolo La nuvola 


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