martedì 28 aprile 2015

MONURIL E #CANDYCRUSHSAGA

Non frequento i forum di discussione: ci capito saltuariamente cercando informazioni su qualche prodotto. Non m’inserisco nelle conversazioni ma leggo gli interventi. Stamattina l’ho fatto perché cercavo precisazioni sulla posologia del Monuril. A parte la diffusa convinzione che non si tratti di un antibiotico ma di un disinfettante da prendersi associato ad altro antibiotico, per l’ennesima volta mi sono scontrata con un’inquietante, per la sua diffusione, non conoscenza della lingua italiana. E parlo di basi. Da pensare che certi errori vengano fatti apposta. L’ignoranza non è una colpa e un paio di righe fa ero tentata di scusarmi per quella che potrebbe essere interpretata come supponenza, ma non intendo farlo perché è grave e inquietante quello che vien fuori. Sa di analfabetismo. Sa di discriminazione. E se davvero il livello di scrittura è questo che incontro mentre leggo, come si può pretendere una comprensione di lettura da parte di queste persone?
I fiumi d’inchiostro, reale o virtuale, che ogni istante ci travolgono, e tra i quali dovremmo saper distinguere quelli d’acqua sana cui abbeverarci, per poterci districare e riuscire a capire qualcosa di ciò che accade attorno a noi, a cosa servono? Chi li legge? E cosa ne trae?
Gli ammennicoli elettronici, nostre nuove propaggini per l’interconnessione e la comunicazione, dunque solo per App, WathsApp, Onlineshop, e Candy Crush Saga? Induzione tanto pressante al quasi esclusivo utilizzo ludico di strumenti altrimenti rivoluzionari, da richiamare alla mente Giovenale*. Anziché contribuire alla crescita intellettiva, arrivano a ottunderla anche in chi possiede una base culturale.
Come fanno queste persone ad avere una visione analitica dei fatti? Come fanno a distinguere tra una tesi e un’altra? A dare una valutazione sociale, economica, politica consapevole? Come faranno a cavarsela coloro che stanno crescendo con questi unici ridotti linguaggi?
  

*[…][populous] duas tantum anxius optat panem et circenses

24 aprile 2015


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domenica 26 aprile 2015

#CULTURA

"Ha cultura chi acquista coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri, ciò che da essi lo diversifica e ciò che ad essi lo unisce."
Angelo Tasca

mercoledì 22 aprile 2015

AFFONDA BARCONE DI MIGRANTI AL LARGO DELLA LIBIA: SI TEMONO 900 MORTI

L'articolo 10 della Costituzione italiana recita: “… Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. …”
E qui si va oltre le libertà democratiche: si tratta di vita o di morte.

Quello che sta accadendo in molte parti del mondo è assimilabile a un’enorme casa in fiamme. Chi avrebbe il cuore di intimare ad armi spiegate a chi ne fugge di non uscire all'esterno per salvarsi la vita?
Eppure.

La proposta di bloccare il flusso di migranti dalle coste libiche (o quelle di volta in volta ritenute da arginarsi) determinerebbe solo un cambiamento di rotte e diverse dinamiche di traffici di esseri umani ma non eliminerebbe questi viaggi disperati, solo li renderebbe più lunghi, complessi, e pericolosi.
Idem per l'accanimento contro i cosiddetti scafisti. L'ultimo gradino in basso di una scala. Su di esso si accalcano uomini miserabili e disgraziati. Spregiudicati senz'altro e ormai privi di scrupoli. Ma nulla di più. E, di certo, per ognuno che se ne arresti, molti altri sono già pronti prendere posto.

Esistono solo due soluzioni.
La prima è mandare al diavolo ogni paranoia, prendere atto di una realtà per ovvi motivi irreversibile e destinata a consolidarsi, riconoscere di esserci tutti su un medesimo barcone, e decidere i modi migliori per un’integrazione tanto inevitabile quanto, a questo punto della nostra storia umana, auspicabile.
La seconda è fottersene. Sarebbe la scelta più onesta. Più coerente con l'unica cosa che al dunque concretamente facciamo. Tante tante parole.
Tanto 'sti 900 da qui a un mese ce li saremo scordati esattamente come tutti gli altri. Sono soltanto fottuti numeri.
E se un giorno ci potremo camminare sopra, ci faremo su una bella colata d'asfalto.

20 aprile 2015


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giovedì 9 aprile 2015

#COMUNICAREINPS

Non ho mai amato lamentare le disfunzioni dei servizi al pubblico perché si tende sempre a parlarne male trascurando ciò che invece funziona bene, solo che ci sono delle occasioni in cui la frustrazione ha la meglio.

Il primo disagio a metà gennaio nel tentativo di procedere alla richiesta del certificato ISEE. Ora è tutto più veloce e pratico con l’accesso online tramite PIN, a parte il fatto che il sistema si blocca a ogni piè sospinto. Dopo alcuni pomeriggi di prove, stampo e compilo la domanda in formato cartaceo. Mi reco alla sede Inps dove scopro che esiste una postazione con computer a disposizione del cittadino che può così effettuare la procedura. Soltanto che non c’è assistenza. Il programma s’inceppa comunque e alla richiesta d’aiuto, rispondono che non sono in grado di fornirne: offrono semplicemente un pc a chi non ce l’ha. A quel punto tiro fuori il cartaceo ma mi dicono che tanto deve andare tutto a Roma e che loro non saprebbero come fare: deve essere tutto inviato online. L’andirivieni casa Inps si protrae per un po’, finché verso fine febbraio uno zelante impiegato di un patronato agricolo riesce a inoltrare la domanda. A oggi non sono ancora riuscita ad avere il certificato richiesto, in quanto l’accesso viene negato o s’interrompe dopo brevissimo.
Il secondo disagio stamane. Sono in malattia e ho necessità di comunicare che domani pomeriggio dovrò fare una visita specialistica nell’orario di reperibilità per visita fiscale. Mi è stato spiegato che è necessario contattare l’ufficio preposto alle visite fiscali un giorno prima e segnalare l’assenza. Cerco il numero e trovo quello dell’Asl, solo che mi rispondono che loro si occupano solo delle visite a dipendenti pubblici e che devo chiamare direttamente l’Inps di Viale della Rimembranza. Compongo il numero del centralino e mi risponde una voce registrata che mi offre varie opzioni tranne quella che mi serve. Provo comunque a digitare tutti i numeri suggeriti ma inesorabile la voce metallica si ripropone.
Vado sul sito Inps
e leggo Malattia: comunicazione cambio reperibilità, non ho un fax e provo a inviare una mail ma cliccando sulla letterina e mi si chiede di configurare la posta elettronica con outlook cosa che non ho intenzione di fare. Escludo l’invio tramite posta certificata non avendo io una casella Pec. Potrei attivarne una per l’occasione ma non so quanto ci vuole e il tempo scorre veloce e, mentre ci penso, nel riquadro a sinistra leggo Funzione medico legale, clicco e trovo il nome di un medico con relativo numero telefonico. Sono ancora in tempo. È dalle 9.30 che faccio tentativi e sono solo le 11.40(!). L’ufficio chiude alle 12.00. Bene. Chiamo ma la linea cade immediatamente con strani versi. Riprovo più volte con il medesimo esito. Alla fine vado sulla Pec e trovo anche un indirizzo mail in chiaro. Quello della direzione Inps di Imperia.

Ho deciso: scrivo lì e vedremo.

aprile 2015

(tutti i diritti riservati)

domenica 5 aprile 2015

FANTASCIENZA

Questa sera ho seguito i programmi di Rai3: prima l’ultima puntata di ScalaMercalli, poi il Tg della notte. Per l’ennesima volta dubitare che stessero parlando dello stesso pianeta in cui vivo. In cui vive la maggior parte delle persone che conosco. Sono tutt’altro che all’oscuro di ciò che accade nel mondo, ma il susseguirsi di immagini, di parole, di volti… un’infinita umanità di diseredati. Come in quei film di fantascienza, scenari surreali e lotta per la sopravvivenza. Un parossismo di disperazione, come se l’eccezione fossimo noi.
E lo siamo, questo è il fatto.



4 aprile 2015

HO UCCISO UNA GATTA

Oggi ho ucciso una gatta.
Tornavo in scooter dal pulire una casa. Non andavo veloce ma tenevo la destra, un metro dal bordo strada, in quel tratto un basso cordolo di cemento a confinare l’erba alta.  È saltata fuori con un balzo gettandosi sotto la ruota. Avessi avuto almeno qualche metro di reazione mi sarei buttata di lato, sarei caduta, non importa. Invece ho sentito il suo corpo sotto il mio peso. Mi sono fermata, l’ho raccolta e l’ho tenuta in braccio accarezzandola e parlandole finché è morta, pochi minuti dopo. Sono accorse dai palazzi lì accanto alcune persone che badano a una colonia di gatti e siamo stati insieme fino alla fine. Ho pensato di chiamare il soccorso veterinario ma era evidente che non sarebbe sopravvissuta al tempo della telefonata. Si è gonfiata subito nel basso addome di emorragia interna e gengive e lingua in pochi istanti sono sbiancati, e ha perso urina e feci, l’intestino spaccato.
Hanno portato un sacco nero per portarla via. Solo per il trasporto, ha detto un uomo, poi la mettiamo nella terra. Nella terra senza plastica, stia tranquilla, l’importante è che non si sia fatta male lei. Sto bene, grazie, io sto bene, sto bene.
Solo qualcosa all'anima, che in quel momento avrebbe fatto a cambio senza esitazione, la mia vita per la sua. Solo qualcosa all'anima.



4 Aprile 2015



www.lavocedinomas.org/news/i-miserabili-della-discarica-di-tegucigalpa

mercoledì 1 aprile 2015

#PETROLIO 1

Nel 2007, con dati aggiornati al 2011, ho scritto un articolo sulla TRI, la terza rivoluzione industriale, e ho dedicato una larga parte alla realtà dei combustibili fossili. Rileggere quanto scritto allora, alla luce dei fatti odierni, procura un certo disagio. Ribadisco le affermazioni a sostegno dei cambiamenti sostenuti dalla TRI ma lo scenario legato al petrolio è apparentemente mutato.
Presumo sia una fase le cui conseguenze non pregiudichino le considerazioni di base fatte a suo tempo ma sta di fatto che tutto pare contraddire le previsioni nefaste sull’incremento del prezzo a barile e l’esaurimento delle risorse petrolifere.
Come mia abitudine per arrivare a considerazioni su quanto si sta verificando, elencherò un po’ di dati e informazioni raccolti negli ultimi mesi. Serve a chi legge come premessa e a me per riordinare le idee.

- La Cina sta riaprendo la via della seta: una linea ferroviaria lunga 13000 chilometri per raggiungere l’Europa, fino alla Spagna. Il 90% delle merci cinesi viaggia oggi via mare ma Pechino intende cambiare direzione, riducendo tempi e costi dei trasporti. La nuova via della seta è il progetto con cui la Cina s’impegna a creare un’enorme zona di libero scambio verso ovest, anche e soprattutto per contrastare la potenza del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership)* e del TPP (Trans-Pacific Partnership)**. Una serie di enormi investimenti per creare una nuova rete di gasdotti e oleodotti che colleghino l’Asia centrale alla Siberia, per incrementare l’accaparramento di materie prime in Africa e Sudamerica, e per implementare l’estrazione di petrolio nel mar Cinese meridionale e orientale, il cosiddetto nuovo Golfo Persico.

- Negli Usa la rivoluzione dello shale (gas di scisto) si sta rivelando una bolla. Wall Street ha ideologicamente foraggiato gli investimenti nel settore ma molte aziende stanno già facendo i conti con la realtà: costi fuori controllo, problemi ambientali, opposizione della cittadinanza, creazione di enormi infrastrutture partendo da zero nel mezzo del nulla. In pochi anni negli USA sono stati scavati migliaia di pozzi ma l’80% di essi rischia di essere antieconomico per la scarsa durata degli stessi in relazione agli investimenti necessari e ai costi ambientali. Per mantenere elevata la produzione e adeguato il ritorno economico, sarebbe necessario procedere a continue escavazioni con impiego di decine di miliardi di dollari all'anno. Dei sei maggiori pozzi che, negli USA, corrispondono all'85% della produzione, cinque hanno tassi di declino tra l’80% e il 95% in 3 anni. Inoltre i prezzi di vendita rischiano di divenire sempre più bassi per l’aumento di disponibilità di idrocarburi sul mercato, anche se lo shale può reggere prezzi più bassi rispetto a quanto possono fare le economie di molte nazioni che hanno i propri PIL dipendenti in certi casi fino al 90% dal commercio degli idrocarburi 
Ad esempio l’Iran per stare a galla deve vendere a 140 dollari al barile, Mosca a 117 (il mercato idrocarburi finanzia il 50% del Pil), il Venezuela a 120.
La tecnica del fracking:

- L’Algeria è la terza riserva mondiale per gas di scisto, nonché il primo produttore di gas e il terzo di petrolio in Africa. Esiste un forte movimento di opposizione al fracking e ci sono state diverse manifestazioni contro l’azienda energetica di Stato, la Sonatrach, che ha affidato all'americana Halliburton le operazioni.
- La Libia è tra i primi paesi possessori di riserve petrolifere in Africa e tra i primi produttori insieme ad Algeria, Nigeria e Angola. Ma mentre da giugno a ottobre 2014 aveva incrementato la produzione di 500.000 barili al giorno raggiungendo quota 900.000, da novembre a gennaio 2015 questa è scesa a 325.000 barili per arrivare oggi a una condizione di blocco della produzione, con la chiusura anche di Sidra, il principale porto petrolifero. Inoltre vi è l’ambigua figura del generale Haftar, prima sostenitore di Gheddafi, poi dopo la rovinosa guerra in Chad dove viene fatto prigioniero, suo nemico. Rilasciato grazie a un accordo con gli Stati Uniti, vola in America e prende là cittadinanza rimanendovi per 20 anni mentre in patria viene condannato a morte. Torna l’anno scorso con l’Operazione dignità per risolvere con un colpo di stato fallito il caos in Libia e attualmente è capo delle forze armate nominato dal governo internazionalmente riconosciuto di Tobruk. Intanto, a sud di Sirte, i jihadisti dello Stato Islamico hanno attaccato due campi petroliferi, Al Bahi e Al Mabrouk, controllati da Tripoli, e scontri per altri pozzi sono in corso
- Anche in Nigeria c’è stato un incremento della produzione, pari a 400.000 barili al giorno.
- L’Arabia saudita non taglia la produzione e ribadisce la propria egemonia contro Russia, Usa e Iran, anche se ciò può comportare un avvicinamento di Rouhani verso gli Usa e di Putin verso Assad. Neanche i paesi dell’Opec*, nonostante l’instabilità del Nordafrica, tagliano la produzione e contribuiscono a un eccesso dell’offerta. Riyadh è comunque riuscita a sottrarre clienti anche ad altri produttori, tra cui Venezuela e Nigeria (anch'essi nell’Opec, come l’Iraq e la stessa Arabia Saudita) praticando prezzi competitivi. Le consegne sarebbero cresciute non solo in Asia, ma anche negli Stati Uniti e in Europa. Riad ha abbassato i prezzi di vendita all’EU aggiungendo pressione al mercato. Gli Emirati lo hanno già fatto e la stessa strada seguiranno Iran, Iraq e Kuwait.
Per alcuni giorni ci sono state delle riduzioni sugli sconti con un aumento dei prezzi di listino da parte di alcuni Paesi Opec: oltre all’Arabia Saudita, hanno comunicato rialzi anche Emirati Arabi Uniti e Qatar. Però le scorte petrolifere dovrebbero comunque crescere ancora e ciò tornerebbe ad accrescere la pressione sulle società più indebitate nel settore.
- Negli Stati Uniti la produzione di shale oil continua a crescere anche se le compagnie petrolifere hanno annunciato pesanti tagli agli investimenti e il numero delle trivelle sia quasi dimezzato. Le scorte americane sono arrivate a livelli che non raggiungevano dagli anni ’30. Rischia di non esserci più spazio nei serbatoi di stoccaggio a meno che Washington non decida di rimuovere il divieto di esportazione di greggio in vigore dagli anni ’70, come chiedono le compagnie petrolifere. Ma se anche questo accadesse, non sarebbe comunque una soluzione. Inoltre il debito delle compagnie petrolifere ricomincia a fare paura. Con il petrolio di nuovo in discesa - sono tornate a deprezzarsi anche le obbligazioni “spazzatura” che negli Stati Uniti hanno finanziato in particolare lo sviluppo del fracking.
- Gazprom Il colosso russo del gas, che affianca Rosneft, il colosso del petrolio, ha liquidato i consorziati South Stream (Eni, Edf, Basf – Italia, Francia e Germania), rimborsando capitale e interessi, dopo lo stop sulla costruzione della faraonica infrastruttura che avrebbe aperto una rotta alternativa per il gas russo verso l’Europa rispetto alla via attraverso l’Ucraina.
- Mentre le potenze del mondo occidentale sono impegnate per raggiungere entro fine mese un accordo sul nucleare iraniano, i colossi economici dell’Asia confidano nella rimozione delle sanzioni e si preparano a comprare il petrolio di Teheran. Il governo iraniano ritiene di poter aumentare la produzione di almeno un milione di barili al giorno in breve tempo a seguito del raggiungimento dell’accordo sulle sanzioni.
- Il ribasso del prezzo del petrolio ha risvegliato la domanda europea, ma non ha frenato a sufficienza la produzione negli USA che continua a crescere al punto che presto non si saprà più dove metterla. 

Mi fermo qui: ce n’è a sufficienza. Di base arrivo a due conclusioni. La prima è che, nonostante alcuni esperti ritengano che un’ulteriore discesa dei prezzi, porterebbe a dei tagli programmati e concordati della produzione a livello internazionale, l’affare è ancora troppo allettante per essere mollato. Meglio tirarne fuori più che si può, accrescere le proprie scorte, sbaragliare gli avversari e puntare al controllo del mercato. La produzione non Opec, in gran parte proveniente dagli Usa, continua infatti ad aumentare arrivando a quasi 60 milioni di barili al giorno e se si somma questa cifra a quella della produzione Opec, si arriva a 95 milioni di barili al giorno. L’abbassamento dei prezzi ha incentivato la domanda nel vecchio continente, e anche gli acquisti da parte di raffinerie che vedono la possibilità di margini di guadagno superiori al solito e da parte di speculatori che pensano ad accumulare scorte, ma entrambi i fenomeni non possono essere né duraturi né risolutivi. Tornano quindi sicuramente comodi i disordini socio politici in nord Africa. Il sistema idrocarburi, per quanto obsoleto, ridicolo e folle, deve stare in piedi a qualunque costo. E quando, ad esempio, si dice che ormai la Libia è diventata irrilevante per quanto riguarda l’offerta petrolifera, viene inevitabilmente da pensare che serve che lo sia e che tale irrilevanza sia stata indotta per tamponare la situazione di surplus dell’offerta. E tutte queste notizie, sale, scende, risale, riscende, quello trivella di lì, quell'altro di là, uno rallenta, l’altro accelera, da una parte si ribellano, dall'altra invadono, per quanto interessanti ed esplicative, non sono altro che un susseguirsi di mosse di una partita che vedrà dei vincitori che sicuramente non saremo noi abitanti di questo pianeta. La seconda considerazione è che riflettendo sul fatto che negli anni ’30 con l’energia prodotta da un barile di petrolio se ne producevano cento, mentre oggi con un barile se ne producono cinque, e sull’evidente ed indiscutibile effetto che l’utilizzo smodato degli idrocarburi ha su ambiente, clima e salute, bisognerebbe prendere a calci questa masnada di avvoltoi senza scrupoli che impediscono una rivoluzione energetica necessaria, tecnicamente ed economicamente, checché ne dicano,  già realizzabile,  e anche finalmente sostenibile.

Qualche giorno fa ho visto un servizio televisivo sullo status symbol rappresentato dall'auto in Cina. Hanno intervistato un uomo sulla quarantina in un autosalone. Era a scegliere un veicolo alla portata del suo stipendio di 350 euro mensili e, tra le tante auto in vendita, ce n’era anche una adatta alle sue possibilità. Insieme a lui c’erano gli anziani genitori e la figlioletta di otto, nove anni. Non ricordo le esatte parole ma sono state più o meno queste: “ Guardate i miei genitori: sono commossi. Per loro sarebbe stato inconcepibile anche solo l’idea di acquistare un’automobile. Sono molto fieri di me. E sono felice per mia figlia, perché se le cose andranno avanti così, per lei sarà normale comprare una bella vettura come quelle laggiù. Si potrà permettere di comprarla e di riempire il serbatoio senza problemi.”
Non ce la possiamo fare. Ora che bisogna smettere, ci sono miliardi di persone che iniziano a emozionarsi come i nostri nonni quando si facevano l’automobile. Vaglielo a spiegare che sono entrati a giochi finiti.

Per concludere, una frase che scrissi in calce a un altro post:

E i peggiori tormenti auguro a colui che sogna di battere all'asta, tenendolo ben alto in vista con il braccio disteso, l’ultimo secchio di greggio.            (giugno 2012 – post “Dichiarazione di guerra”)


                                                   25 marzo 2015

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