mercoledì 31 ottobre 2018

RC AUTO, GENERALI, BERSANI, TRASPARENZA

Non è mia abitudine raccontare dei soprusi e disagi che quotidianamente il cittadino medio deve affrontare perché, salvo oneroso impiego di tempo e denari qualora uno disponesse di entrambi, raramente se ne viene a capo. Oggi però sono particolarmente propensa a farlo.
Intendo fare un po' di pubblicità alla Generali assicurazioni, elencando alcuni fatti.

Il primo. Molto in sintesi altrimenti diventa una soap.
Aprile. Conducente (A) in manovra di retromarcia urta spigolo anteriore parafango auto parcheggiata e lascia propri dati. Il proprietario del mezzo (B) coglie al volo l'opportunità di rifare la fiancata intera e non sente ragioni. A si rivolge alla propria assicurazione facendo presente la situazione e dichiarando che vi è presenza di testimoni a proprio favore e fotografie. L'assicurazione risponde che un perito farà i dovuti rilievi. A ottobre, al momento di pagare il rinnovo della polizza, A, stupito dell'importo, chiede spiegazioni e gli viene risposto che il perito gli ha attribuito la totale colpa. A quindi replica che nessuno ha mai visionato il proprio autoveicolo. Gli viene detto che il perito ha visionato presso una concessionaria un auto dello stesso modello per vedere se le altezze coincidevano. Fine della storia.

Il secondo.
Sempre A riceve la classica lettera di promemoria per la propria polizza auto in scadenza il 5 novembre. Visto il ponte dei Santi seguito da un sabato e domenica e trovandosi nei pressi dell'agenzia assicurativa, decide di andare a saldare l'importo alcuni giorni prima, anziché l'ultimo giorno o in uno dei primi giorni della canonica quindicina. In tale occasione scopre che per politica interna della Generali, che non intende più occuparsi di polizze rc auto e quindi sta man mano sfoltendo il portafoglio ad esse collegato, la sua polizza è stata bloccata e non vi è possibilità di rinnovo. Nessuno si è degnato di comunicarglielo preventivamente e con raccomandata. Se A fosse andato a pagare il premio ad esempio il 7 novembre avrebbe scoperto di guidare da due giorni un'auto priva di copertura assicurativa. E anche qui non credo ci sia da aggiungere altro.

Terzo. E non ultimo.
Qui viene il difficile. Perché ci vuole un po' a spiegare tutta la faccenda, legata tra l'altro alla legge Bersani sui premi assicurativi.
Stando a quanto detto in via ufficiosa da una responsabile del ramo assicurativo, le compagnie, per rifarsi degli sconti possibili con la legge Bersani del 2015, hanno deciso di applicare un sistema di classi interna per la determinazione delle tariffe dei premi. Ad esempio un utente con sinistro (per la cronaca quello di cui sopra) che sia passato da una CU 1 a una CU 3, in questa categoria di classi interna con la Generali passa da una 2 a una 14. Tradotto in soldoni: da 310 euro a 1460 euro. In pratica la percentuale di aumento viene applicata sul montante intero, e cioè nel caso specifico su 775, in quanto lo sconto Bersani è del 60%. Dopo aver consultato una decina di agenzie, il risultato è stato una serie di preventivi tra i mille e i duemila euro. Ammetto di non aver approfondito la questione in termini legali, ma se vero quanto affermato si tratta di un cartello vero e proprio il cui operato vanifica l'obiettivo della legge Bersani di rendere più accessibili i premi assicurativi. Tra l'altro lo storico comportamentale del conducente è ridotto agli ultimi 5 anni e all'interno di questi non considera quelli presso altre compagnie e precedenti all'aver usufruito dello sconto. Decenni di buona condotta vanificati. Un po' di chiarezza e di trasparenza all'atto della stipula permetterebbero agli utenti di valutare meglio se usufruire o meno della suddetta agevolazione economica. La cosa inquietante è poi sentirsi dire che cambiando auto si può nuovamente beneficiare della legge Bersani, come se la mala condotta dipendesse dal mezzo e non dal conducente. Più tutta una serie di altri consigli che confermano la fama da trafficoni di cui noi italiani godiamo.

Se qualcuno può correggermi o illuminarmi in merito a questa questione mi farà un gran favore.
Intanto andrò a piedi. Per principio e perché non posso permettermi di pagare il premio senza chiedere un prestito 

Nel frattempo ho letto qualcosa che conferma la mancanza di trasparenza non di tutti ma di molti assicuratori che si guardano dal spiegare per bene le cose. Vero è che dovremmo essere noi i primi a informarci ma la mole di questioni tra cui districarsi non sempre lo consente e sovente scopriamo le cose quando dobbiamo mettere mano al portafogli. Bisogna pagare fondamentalmente per la propria disattenzione.

giovedì 11 ottobre 2018

AI - INTELLIGENZA ARTIFICIALE


AI – INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Ieri ho partecipato a una giornata di studio, nell'Aula Magna del Rettorato dell'Università di Torino, riguardante l'intelligenza artificiale: "Intelligenza Artificiale. Una realtà tra sogno e magia". Un argomento che seguo da anni e su cui cerco di mantenermi aggiornata. Pur avendo, o forse proprio per questo, una formazione umanistica, amo la scienza e l'innovazione tecnologica nella misura in cui possono migliorare la vita sia individuale che collettiva nonché le condizioni dell'ambiente. E mi interessano in gran misura le implicazioni filosofiche, etiche e, non ultime, legali della questione.
Si sono succeduti vari relatori e, al termine, è seguita una tavola rotonda con studenti dei corsi di Laurea in Informatica e del Politecnico. Si è rimasti sul generale, alla fine si è parlato più che altro dell'Internet delle cose, cioè della tecnologia che permette prestazioni performanti grazie all'estensione della connessione internet a oggetti e luoghi, quindi non propriamente di intelligenza artificiale. Una trattazione direi di primo approccio, nulla che non sapessi già, per cui il mio desiderio di apprendere oltre è stato in parte deluso. Dico in parte perché si è trattato comunque di un'occasione di incontro e perché al termine ho avuto modo di scambiare opinioni con alcuni uditori.
Tra essi una psichiatra che, durante il dibattito e di fronte all'entusiasmo acritico e eccessivamente specialistico degli studenti, ha fatto riferimento alle patologie psichiatriche legate all'utilizzo compulsivo di schermi come unico tramite con il mondo. Patologie da anni ormai contemplate nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell'APA Associazione Psichiatria Americana). Forse la dottoressa è uscita un po' dal tema della discussione ma ciò è servito a evidenziare come le nuove generazioni, capaci e brillanti, difettino di una visione d'insieme, come siano incapaci di guardare dall'alto. Si sono mostrati increduli all'idea che possano esistere simili patologie e non avevano mai fatto caso al fatto che nei rapporti virtuali non si utilizzino alcuni sensi, quali olfatto e tatto, e che possano esserci mutazioni posturali, indebolimento muscolare, abbassamento della vista. Sanno cos'è la linguistica computazionale ma hanno difficoltà a dare una definizione esaustiva di linguaggio. Sono fieri di quella che viene chiamata Quarta Rivoluzione Industriale, Industria 4.0, ma mi chiedo se sappiano cos'è la Terza Rivoluzione Industriale. A questo proposito sono costretta ad ammettere che la definizione che ne do io non corrisponde esattamente a quella che si trova online, intendendola infatti io nell'accezione rifkiniana, se mi passate il termine.
A un certo punto è intervenuta dal pubblico Silvia Rosa Brusin, la nota conduttrice di TG Leonardo. Sottolineando la diretta proporzionalità tra la massima prestazione di un'applicazione e la quantità di dati necessari, e cioè più vuoi che funzioni più dati ci devi mettere, ha sollevato la questione della necessità di legiferare in materia senza regalare la totalità dei nostri dati sensibili privi del benché minimo controllo sull'uso che ne verrà fatto. Anche in questo caso un misto di imbarazzo, forse maggiore vista la notorietà dell'interlocutrice, e di sufficienza, come a dire: sono in là con gli anni, non sono al passo con i tempi, non vedono le potenzialità, hanno paure irrazionali. Di fatto non hanno risposto se non in modo evasivo.
Ho preso parola anch'io chiedendo se ritenevano del tutto fuori luogo discutere di un'etica per le “macchine” visti e considerati gli obiettivi assai concreti dei movimenti transumanisti e postumanisti. Hanno tergiversato qualche secondo e sono passati ad altro senza rispondere. Evidente il fatto che non sapessero di cosa stavo parlando. Spero che qualcuno mosso da curiosità sia andato a documentarsi.
Ammiro la loro dedizione, la fiducia che hanno nel progresso, la capacità di destreggiarsi agevolmente in ambiti tanto complessi ma io non voglio una futura generazione di tecnici abilissimi, ma una di uomini capaci, riflessivi, lungimiranti, in grado di tenere le redini, non solo di oliare i mozzi delle ruote. Perdonate ragazzi, la mia è una generazione di mezzo. Tra i libri e la rete. Forse non riesco a spiegarmi perché ormai abbiamo linguaggi diversi ma concedete a me, alla psichiatra, alla signora Brusin, di ritenerci a buon diritto un amalgama felice di conoscenze. Persone capaci di vedere verso entrambe le sponde e formulare una visione d'insieme, una sintesi altrimenti preclusa.
Dovrebbe essere obbligatorio, nelle facoltà scientifiche, almeno lo studio della filosofia e della geografia sociale ma, vista la recente abolizione del tema di storia dagli esami di Maturità, la vedo dura. Si vuole eliminare dalle menti la capacità di contestualizzare e ciò è di una gravità senza precedenti alla luce della rapidità con cui tutto si sta evolvendo.
Altrettanto grave è che i relatori, per tutto il tempo di questo dibattito innescato dall'uditorio, abbiano lasciato la palla ai giovani e se ne siano stati muti.
Da menzionare, tra le cose sentite, il riferimento fatto da un relatore all'industria dell'etichettatura: il lavoro nascosto e sottopagato dei data- tagger.
Per il resto me ne sono andata via con un senso di perplessità e, credo legittima, preoccupazione.
Stamane, leggendo un articolo sull'argomento, ho trovato questa frase: “la densità delle persone è proporzionale alla densità dei dati.”. Non so spiegarlo in poche parole ma io la frase l'avrei detta almeno alla rovescia. Pensateci.

giovedì 4 ottobre 2018

L'EUROPA NON FUNZIONA?

L'Europa unita non funziona bene. L'euro non funziona bene. Grandi differenze economiche e amministrative, politiche e culturali nei Paesi che la compongono rendono quasi impossibile il funzionamento del progetto unitario. Facile attribuire ad esso la responsabilità di tutto ciò che non va.
Senza riferirmi a una personale appartenenza politica, ho apprezzato il seguente passaggio di Cuperlo riguardo la creazione di una lista civica nazionale, battezzata "Nuova Europa":

... costruiamo attorno al progetto liste inclusive di personalità solide per principi difesi e lotte vissute. Andiamo a cercare chi condivide due sentimenti. L’allarme per il ritorno di un nazionalismo violento pronto a intaccare verità scolpite della democrazia liberale; e il bisogno di rendere all’ideale europeo l’anima sociale che lustri di rigorismo hanno mortificato.

mercoledì 3 ottobre 2018

DECRETO LEGGE SU IMMIGRAZIONE E SICUREZZA


La diffidenza verso lo straniero è ormai, come si usa dire, un sentimento trasversale. L'approvazione delle misure del Decreto legge su immigrazione e sicurezza, che già nella denominazione rivela la spudoratezza di una narrazione bugiarda, ne è la prova.
A dispetto dei dati reali su reati e invasione, l'abbinata dei due termini come un unico concetto passa perché già assimilata.
Calza a pennello un pensiero che ho avuto alcuni giorni fa, e cioè che chi oggi non comprende la gravità della situazione, lo stato d'emergenza in cui siamo (ben diverso da quello sbandierato dai media), ne scoprirà attonito le conseguenze sulla propria pelle tra qualche anno. Se oggi siamo a questo punto è in buona parte il risultato del nostro disinteresse e pressapochismo. Della nostra propensione a credere che qualcun altro risolverà per noi e nel migliore dei modi i problemi, del nostro perenne delegare, del cronico rifiuto a un'assunzione personale di responsabilità. E ora ci ritroviamo di fronte a qualcosa che non ci aspettavamo, almeno non in misura così eticamente compromettente. Un minimo imbarazzo infatti ci coglie nell'apprendere che, ad esempio, la cittadinanza può essere revocata per un sentenza di condanna (che sia di primo grado è grave ma il punto è che fedina penale e cittadinanza non hanno per nessun altro qualcosa a che vedere l'una con l'altra), che il diritto alla difesa non è tutelato e lo sarà sempre meno, che il periodo di soggiorno forzato nei Centri di identificazione ed espulsione passerà da tre a sei mesi. Che nemmeno donne gravide, anziani, disabili, persone che hanno subito stupri, torture, mutilazioni, potranno accedere agli Sprar. Cittadini di prima, seconda, terza classe. Di questo si tratta. E tutto ciò ha preso forma un poco alla volta a partire dal 1995 con la detenzione “amministrativa”, per passare alla Bossi- Fini, a Maroni, a Minniti, con l'istituzione di tribunali speciali per i soli immigrati, anzi, meglio, per i soli migranti, fino al recente Decreto Legge. È così che funziona: un pezzetto alla volta, che un bel mattino è tutto diverso ma non riesci a mettere a fuoco cosa c'è di diverso, perché, finché non ti tocca in prima persona, la tua vita assomiglia più o meno a quella di sempre. Triste pensare che in tanti siano convinti di partecipare a una svolta rivoluzionaria, e impieghino tanta altrimenti necessaria energia in un processo di abiura dei diritti umani. Un delitto sociale perpetrato con noncuranza, da noi stessi a nostro precipuo danno.

martedì 2 ottobre 2018

IL DUBBIO

Lasciando fuori qualsiasi considerazione politica in merito, questa notte seguendo la rassegna stampa relativa alle reazioni dell'Unione Europea, alle variazioni dello spread, e ai commenti generali, riguardo la manovra economica italiana, con Tria che abbandona l'Ecofin (che sarebbe il Consiglio dell'Unione Europea quando è formato dai ministri delle Finanze dei Paesi membri), mi sono chiesta: Ma non è che critiche e condanne ci sarebbero state comunque? E cioè non a causa dell'errore "oggettivo" di una scelta economico finanziaria ma banalmente perché non in sintonia con l'imperativo ideologico imperante di crescita? Non so perché la mia attenzione si è focalizzata sull'accusa di Bruxelles: è tutto fuori dalle regole. Anche una proposta ineccepibile sarebbe stata liquidata malamente se fuori dalle regole? A questo punto della storia contemporanea il dubbio è legittimo.