giovedì 20 aprile 2017

TRUMP, ERDOGAN, KIM JONG-UN E IL DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE

Erdogan ha ottenuto quello che voleva, gli altri due si son messi a tirare bombe più grosse degli altri. 
Giusto pescando tra le ultime notizie.
Le persone un po' dappertutto continuano a morire malamente, gli errori vengono ripetuti con ostinazione caparbia, empatia e intelligenza latitano.
Non vedo cos'altro poter aggiungere.
Mi appello al cosiddetto diritto alla disconnessione. Ma non solo per la domenica. Tutti i santi giorni. Almeno per un po'. Mi prendo una pausa: userò il tempo così recuperato per studiare e scrivere. I personaggi del libro che dovrei decidermi a iniziare mi perseguitano come magnifiche presenze.
Direi che, se tutto va bene, mi farò viva verso fine maggio.
Nel frattempo cercate di godervi la primavera.

PENSIERO

E' curioso a vedere, che gli uomini di molto merito hanno sempre le maniere semplici, e che sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco merito.

Giacomo Leopardi - Zibaldone (Firenze, 31 Maggio 1831)







TELEFONI 2

Ho voglia di silenzio. Vorrei fare una vacanza. Anche qui a casa. Tanto son tempi di magra. Una decina di giorni. Staccare il telefono. Disconnettermi. Senza persone che si offendano, senza persone che si preoccupino. Soprattutto senza perdere il lavoro o occasioni di lavoro, senza compromettere nulla. Amici e conoscenti  si possono avvisare. Ti guardano strano ma poi se ne fanno una ragione. Ma è il mondo intero che ti vuole reperibile. In qualsiasi ambito professionale e lavorativo ci si ritrovi, non ci si può esimere. Se si è precari, disoccupati, flessibili, mobili, la faccenda è la medesima. Ci si è messi in vendita sulla rete e non ci si può concedere il lusso di rispondere a un’email  o a un Whatsapp in differita di qualche ora o, sia mai, di un paio di giorni. Prendersi una pausa diventa una scelta radicale. È assurdo, è sbagliato, è offensivo. Tutta questa faccenda della comunicazione, per come ce la stanno passando, è un insulto all'intelligenza. Non perché non sia utile trasmettere informazioni e dati in tempo reale ma perché l’impegno necessario, o propugnato come tale, per stare al passo è inaccettabile. 

TELEFONI

Follia, pazzia, non so neanche io che definizione usare. Per poter telefonare, a quanto pare, è necessario arrendersi alla follia generale, all'assurdo. L’assurdo delle quattro ore in un centro assistenza affollato ascoltando le surreali spiegazioni fornite ad ognuno sul perché si possa o non si possa fare una determinata cosa, sul perché l’I phone 4 ricevuto in regalo sia obsoleto per un trasferimento dati dallo smartphone di cui dobbiamo disfarci perché la batteria è andata e costa la metà di un telefono nuovo. O sul fatto che non si possa accedere a un’offerta perché si arriva da un certo operatore anziché da un altro. O che per rientrare presso un gestore sia prima necessario passare da uno intermedio. Una babele di conversazioni e controversie sul nulla. La totale mancanza di rispetto nei confronti di persone costrette a sprecare una quantità di tempo spropositata per poter compiere un’azione normale come il telefonare. Tempo speso a fornire account, password, e quant'altro, per risalire a tutti i dati e poterli trasferire. E non basta mai, non funziona, bisogna creare un altro account, inventarsi nuove password, trascrivere tutto e non capire più qual'è di una cosa e qual'è di un'altra, e allo stesso tempo sapere che hanno già tutto, sanno già benissimo tutto, basterebbero due, tre passaggi, e invece, in nome di una privacy palesemente violata, ci rubano ore costringendoci a fornire dati, creare nuove password sicure, fare backup sulle clouds, salvare rubriche e foto online, spacciando la costrizione a non averne neanche più un briciolo di privacy come qualcosa di fatto su misura per noi, per facilitarci la vita. E arrivare a casa con il nuovo inevitabile acquisto e cercare di chiamare qualcuno e non trovare l’icona del telefono. faticare a distinguerla. E viene una gran voglia di schiantarlo contro il muro.

UNA POESIA DI FRANCO ARMINIO

Spesso gli uomini si ammalano 
per essere aiutati.
Allora bisogna aiutarli prima che si ammalino.
Salutare un vecchio non è gentilezza
è un progetto di sviluppo locale.
Camminare all'aperto è vedere
le cose che stanno fuori.
Ogni cosa ha bisogno di essere vista,
anche una vecchia conca piena di terra,
una piccola catasta di legna
davanti alla porta, un cane zoppo.
Quando guardiamo con clemenza
facciamo piccole feste silenziose,
come se fosse il compleanno di un balcone,
l'onomastico di una rosa.


Tratta dalla bella raccolta "Cedi la strada agli alberi" edizioni Chiarelettere

HO SOGNATO RIVOLUZIONI

Ho sognato rivoluzioni. Ho fantasticato di questi splendidi ragazzi intelligenti e beneficiati da una tecnologia impensabile anche solo venti anni fa. Ho pensato che se io, con i modesti mezzi a disposizione quando avevo la loro età, ho maturato una visione, essi, immersi in essa, la vivranno e condivideranno a un livello tale che potranno essere artefici di un’entrata trionfale nel terzo millennio. Ho presunto il medesimo pathos che animava me e che ancora mi tormenta e mantiene viva. Ho ritenuto che se la velocità e il continuo flusso di dati e informazioni li ha distolti  e distoglie dalla contemplazione e dall'apprendimento che ne deriva, io, come altri, avrei potuto compensare offrendo il contributo di una vita all'insegna dell’osservazione, della ricerca dei minimi comun denominatori, del filo rosso che tutto unisce. Ho fantasticato di trasmettere le peculiarità di un approccio umanistico, dove tutti i saperi sono legati e interdipendenti. Le peculiarità dello spirito critico, dell’analisi e della sintesi. Ho sognato che avrei visto occhi sgranati nello smarrimento di un’improvvisa lucidità, lo stupore di trovarsi tra le mani una chiave di lettura capace di ridurre il frastuono e far emergere la sostanza delle cose e la connessione tra esse. Il comprendere improvvisamente la forza, la potenza di poter unire le proprie capacità e la facilità di attuarle, alla consapevolezza e a una folgorante visione di insieme. Quello stato di grazia e quella passione che nella storia umana hanno permesso a  individui comuni di cambiare in meglio le sorti del mondo.
Invece è stata sufficiente una cena in compagnia di alcuni esponenti di questa meravigliosa, seducente, magmatica generazione, per desiderare solo più di finire la bottiglia e tornarmene a casa.

Dicembre 2016

venerdì 7 aprile 2017

IL GATTO DI DEL PIERO

Animalisti vogliate scusare ma tutta quest’indignazione per l’ultimo spot pubblicitario con del Piero mi  pare un solenne spreco di energia.
Da una posizione ben nota di assoluto rispetto verso ogni forma di vita, quando l’ho visto non ho provato il minimo disappunto, neanche minimamente sfiorata da un senso di fastidio per un qualche diritto o dignità offesi.  Al contrario mi ha divertito, di quell'ironia semplice e innocua che mette di buon umore. 
Restando in ambito pubblicitario sono altri gli spot raccapriccianti che nella loro banalità apparente ottundono le nostre menti.

Insomma, non stiamo con il cervello ingessato. E poi a far finta di far qualcosa di importante si ha l’alibi per non fare dell’altro.