giovedì 8 dicembre 2016

TRUMP E LA CINA

A proposito delle varie intenzioni di Trump, quelle di innalzare una barriera di dazi nei confronti della Cina, e sabotare definitivamente il TTP (Trans Pacific Partnership), accordo nato soprattutto per contenerla la Cina, rischiano di essere una scelta strategica decisamente poco felice per gli Stati Uniti.
La Cina è il maggior creditore degli Stati Uniti e, a fronte di una tale politica da parte del neo presidente Usa, potrebbe vendere buona parte dei bond in suo possesso a garanzia del credito facendone crollare il valore e salire gli interessi con gravi conseguenze per l’economia americana e non solo. Inoltre si rafforzerebbe il Free Trade Area of the Asia Pacific che oltre ai Paesi dell’Asean, includerebbe appunto Cina, Australia, Giappone, Nuova Zelanda, India, Corea del sud, dando corpo a un nuovo blocco economico che sposterebbe di molto gli equilibri geopolitici. Trump rischia di ottenere il risultato opposto a quello che si prefissa. 

Ogni scelta in ambito economico e finanziario deve tener conto di una tale mole di fattori e implicazioni, effetti domino transnazionali,  ripercussioni sociali, ambientali, giuridiche, che si potrebbe dire che siamo in una situazione di stallo. In effetti non c’è decisione scevra da una qualche ripercussione negativa. Abbiamo creato un meccanismo sofisticato, complesso, ed enorme al punto che abbiamo il terrore che, a introdurre modifiche dirette all'equità, questo si inceppi o addirittura si scardini e frantumi lasciando il caos. Ci mettiamo delle pezze con la creazione compulsiva di organismi preposti a, di accordi commerciali, di sistemi di controllo, una rete infinita di sigle, acronimi diversi che ripetono però lo stesso contenuto e indicano la stessa direzione. Abbiamo così tanta paura e siamo a tal punto arroganti che ci rifiutiamo non tanto di riconoscere la gravità della situazione globale ma quasi l’esistenza del problema. Lo marginalizziamo. Lo riconduciamo a categorie per convincerci di poterlo controllare. Il mondo che siamo riusciti a mettere insieme è troppo fragile per essere cambiato. Di questo siamo convinti.


Il fatto che si tratti di un meccanismo fragile per cui intoccabile non lo rende però giusto. E, vista l’assenza di una reale volontà di ripensarlo, comprensibile che a qualcuno per ignoranza e fanatismo, a qualcun altro per disperazione, venga voglia di distruggerlo.

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