martedì 27 dicembre 2016

NATALE ERRANTE

Fin verso le undici ho vagabondato per le strade di New York con le tavole di Giacomo Bevilacqua*. Il cielo terso dalla finestra di fronte al mio letto ben si accordava con quello dei suoi disegni. Terminata la seconda abbondante tazza di caffè, mi sono alzata e vestita per uscire.

Dopo dodici anni ho brindato insieme al mio ex compagno di una vita, suo fratello, la moglie con l'attuale marito, mio nipote, la sua fidanzata. È stato piacevole, se pur un poco strano dopo tanto tempo. Quando si sono messi a tavola me ne sono andata per raggiungere casa di mia madre. Lasciarla sola con quell'acida di mia nonna e con un marito le cui mani ormai si sono fuse l’una con il telecomando televisivo, l’altra con lo smartphone, mi pareva crudele.

Mi sono messa in auto alle 13.30. Strade deserte.
Seduta a una fermata del bus, vedo una donna anziana, di buona corporatura, abbottonata nel cappotto beige, un foulard in testa, la borsa della spesa ai piedi. La supero ma al primo incrocio devio per tornare indietro. Raggiungo nuovamente la fermata e mi accosto tirando giù il finestrino. Chiedo alla donna se le serve un passaggio. Non credo, le dico, che l’autobus passi a breve. Non risponde. Mi guarda e sorride. Le do il tempo di valutare la sicurezza di salire sull’auto di una sconosciuta, sorridendole a mia volta. Dove deve andare, le chiedo. Continua a sorridermi e non risponde. I suoi occhi dicono: grazie ma non ho bisogno di un passaggio, sto bene qui. La saluto augurandole buon natale, faccio inversione, e mi allontano.

Devo percorrere circa mezz’ora di strada. Il percorso è periferia, centro, costa, campagna. Faccio caso a chi vedo. Arrivando in centro qualche automobile la incrocio. Qualcuno in ritardo per un pranzo, qualcuno che l’ha già stranamente terminato, qualcuno che starà andando al lavoro o ne starà tornando. Noto le persone a piedi. Poche, isolate. Camminano per far passare il tempo.  È evidente dall’andatura. Sono le persone sole. Quelle che hanno deciso di non stare chiuse in casa ma di godere della bella giornata. Forse incontreranno qualcuno con cui scambiare due parole. Si appropriano della città ferma e silenziosa. Lo faccio anch’io spesso di errare nelle ore deserte. Anche oggi, in fondo. Mi sto spostando per toccare squarci della mio passato in pacifica solitudine.

L’ultimo tratto è tra gli ulivi. Accosto e mi siedo sul ciglio tra l’erba per qualche minuto prima di raggiungere casa di mia madre. Si sta bene. C’è un buon odore nell’aria.

25 dicembre 2016



*“Il suono del mondo a memoria” Bao edizioni

Nessun commento: