martedì 19 marzo 2013

GLOBAL GOVERNANCE

Ho capito. Sto sfogliando le pagine 2,3,4,5 del Secolo XIX del 14/04/12 e capisco. Guardo il viso di Napolitano e quello di Monti. Non c’è alternativa. Alla global governance. È il passo necessario. Ma non come finora si sta intendendo la faccenda. 
Dobbiamo arrivare a una sorta di governatorato mondiale che abbia in carico la cura e la gestione di tematiche fondamentali per tutti, e a cui organismi internazionali quali OMC, FMI, FED dovrebbero sottostare. Nessuna Nazione avrà mai la forza e la capacità di affrontare da sola le sfide urgenti che ci si parano davanti, e sono sfide che non possono essere gestite unilateralmente e in modi diversi. Più che mai la visione d’insieme e la coscienza delle conseguenze globali di ogni azione debbono essere al primo posto. E’ l’unica strada da percorrere ed è una questione di coerenza e onestà. 
Credo nella T.R.I. (Terza Rivoluzione Industriale), sono un’umanista, educata a principi illuministi e razionalisti. Amo la filosofia, la ricerca della verità. Amo lo spazio immenso che ci circonda. Sento l’ambizione di dimostrare che siamo una gran bella specie animale, che possiamo essere nobili e grandi, che potremmo esprimere e trasformare in atti tanta nobiltà e grandezza, e penso che siamo intelligenti e, pertanto, non possiamo non vedere come stanno le cose, quali sono i fenomeni e le dinamiche inevitabili che attraversano il pianeta e la società umana. A questo punto bisogna mettersi tutti d’accordo. 
Solo una federazione mondiale può portare equilibrio, giustizia e buona qualità della vita per tutti. E non parlo di una confederazione di corporazioni che faccia il bello e il cattivo tempo o di trickle down chiaramente (quell’effetto per cui se una classe sociale, per quanto ristretta, sta bene, prima o poi ne beneficiano un po’ tutti, appunto per effetto sgocciolamento). Un’autentica società globale multiculturale, non la globalizzazione delle multinazionali. Quella dell’1 per cento dell’umanità. 
Solo rimane il problema della corruttibilità dell’animo umano, dell’ambizione e dell’ingordigia, della patologica vocazione all’accumulo esponenziale. Ci vorrebbe un gruppo dirigente, saggio, equo e incorrotto, votato al benessere comune (!!). 
Inoltre sarebbe necessario imporre, visto che non c’è più il tempo per stare ad aspettare il raggiungimento autonomo di consapevolezza da parte di un bel po’ di miliardi di persone, alcune regole che permettano di guadare questa fase di transizione in tempo utile. Utile per tutti. 
E, secondo me, qualcuno ci sta provando da un pezzo. Non so se per lo stesso nobile fine di cui sopra. Di fatto vengono imposte nuove regole e non c’è trasparenza. Ma non si può stare mica a dire e a spiegare tutto. Bisogna agire. Puri nell’anima, perché l’inganno è per … un buon fine (magari alcuni tra loro ci crederanno pure). Ma l’occasione, come si dice, ….. O, meglio, l’entourage di coloro che hanno il potere e i mezzi per attivare, seguire e controllare il processo, non è pulito. E non si tratta di essere cospirazionisti: se leggiamo i fatti con un minimo di approccio analitico risulta evidente che qualcosa non va. Se leggo i nomi di coloro che appartengono a gruppi come CFR, Bilderberger, FMI, BRI, GEM, WTO, FED, think thank vari, fondazioni, consigli di amministrazione di multinazionali, e quant’altro, presenza rilevante di gesuiti, massoni e affiliati vari a parte, ne trovo di ricorrenti, con evidenti e preoccupanti conflitti di interesse; ci sono anche persone meno “inserite”, di diversa estrazione nazionale, culturale e sociale, e non dubito che molti di essi siano animati da una sincera volontà di fare la cosa giusta, o perlomeno quella migliore, ma… C’è una lunga serie di ma. 
Ad esempio il discorso di fondazioni e di organizzazioni no profit sostenute da aziende e gruppi finanziari. Sono enti che non pagano le tasse, dispongono di ingenti risorse, economiche, politiche e intellettuali, e non debbono rendere conto delle proprie attività. Hanno di fatto in mano la chance di far fruttare tali ricchezze per ottenere un potere sempre maggiore che a sua volta alimenta il flusso di denaro e quindi di ulteriore potere a disposizione. Manipolare tali fondazioni è facile. Attraverso molte di queste strutture, la finanza paga il dazio per controllare il dissenso, per ridurre l’ambito dell’attività politica, per creare consenso riguardo alle proprie decisioni economiche, e, quindi, ai mutamenti sociali che ne conseguono. Sostiene, premia e incentiva con posti di lavoro i ricercatori e gli studiosi che perorano una visione utile ai propri obiettivi ( e a sentire le dichiarazioni ridicole di taluni esperti in vari settori…). L’equità, la giustizia, il bene sociale, la tutela del pianeta, i nobili fini di tante fondazioni e associazioni divengono, gioco forza, merce di scambio. Consenso (se pur non sempre consapevole) contro donazioni e si è fatto tutti il proprio dovere. Così è facile governare il mondo! E i nomi sono sempre gli stessi o, comunque, parenti, amici, compagni di formazione. Con lo stesso sistema del esco di qui ed entro di là che lega la politica ai consigli di amministrazione. 
Come si può serenamente accettare dunque un processo che il comune buon senso, a questo punto della nostra storia umana, deve farci riconoscere come giusto e necessario? Una cessione di sovranità costruttiva. Non questa congerie di monopoli tutt’altro che democratica. Questa globalizzazione fasulla. 

Io credo comunque, e non mi stancherò mai di ripetere: abbiamo, e in abbondanza, risorse materiali, energetiche, etiche, scientifiche e intellettuali per entrare nel nuovo millennio a testa alta e il dovere di farlo, e dobbiamo tutti quanti sul pianeta avere una direzione comune in tal senso. Si è sempre stati in pochi percentualmente a dare il via a quelli che nel tempo si sono rivelati cambiamenti epocali, quindi non deve spaventarci che la maggior parte delle persone sia lontana dalla consapevolezza delle problematiche reali (la salvaguardia del pianeta, l’utilizzo di risorse rinnovabili e l’estensione dei diritti fondamentali a tutti gli esseri umani - e non - in primis), o che ritenga che trasformare questo sistema non sia più possibile. 
Già, non dobbiamo avere paura, ma portare avanti il testimone per il tratto che ci tocca. Una progettualità a lungo termine, una visione di quello che potrà concretamente essere il futuro, e la fierezza di aver partecipato.

14 aprile 2012 


p.s. del 27 febbraio 2013: è morto Stephane Hessel, un uomo vivo, lungimirante e coraggioso
 

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