martedì 26 marzo 2013

GENPETS


La performance di Adam Brandejas ha sortito un effetto contraddittorio. Le riflessioni legittime che il lavoro dell’artista ha suscitato sono state private del loro intrinseco valore, schiacciate dall’onda del, si tratta dell’ennesima bufala. Manca quell’acume che permette di esclamare: e allora? 
Cosa sono i Genpets? Secondo il sito del Bio-Genica (Genetic Engineering and Manufacturing Inc. Canada), i Genpets sono animaletti antropomorfi geneticamente modificati venduti a scaffale in uno stato di pseudo letargo all’interno di confezioni singole, dotate di tubo di alimentazione. Una volta spacchettati e seguita una procedura di “risveglio”, i nostri Genpets vivranno. 
Respireranno, si nutriranno e tutto quanto segue. 
Pare che lo stesso sito faccia parte della performance di questo artista provocatore, anche se ne dubito: credo sia illegale dichiarare pubblicamente l’esistenza di una società inesistente. Inoltre è molto probabile che la stragrande maggioranza delle persone sia all’oscuro della performance di cui sopra e possa prendere per buona la pubblicità di tali “prodotti”. E credo che questa conseguenza sia parte integrante prevista e auspicata da parte del signor Brandejas. Un’opera che si autoalimenta e muta partendo da uno spunto iniziale, senza rimanere legata all’intento dell’autore. Chi fruisce dell’opera ne diventa infatti coautore. Personalmente, da un punto di vista artistico, trovo l’idea affascinante e coerente. Uno specchio della nostra società, in cui gli avvenimenti e gli effetti pare si sgancino agevolmente dalle cause che li hanno determinati. Anzi è auspicabile che ciò avvenga, che si perda il senso logico delle cose. 
Altrimenti sarebbe ben più arduo, di quanto già ci appare, il vivere. 
La rete pullula di forum sull’argomento. Dai complottisti agli ansiosi, lo sdegno dilaga, fino al momento della derisione: è risultato che si tratta di Animatronics, fatti di circuiti e non di cellule organiche. Ma è decisamente secondario che si tratti di piccoli robot piuttosto che di “esserini viventi”. E le provocazioni di Brandejas penso si muovano in tale direzione. Per portarci alla domanda fondamentale: quanto ci sta accadendo ci porterà al riconoscimento dell’altro, comunque si presenti, come simile o, invece, all’abitudine di fronte all’ennesima offesa? 
Come cita la fantomatica ditta produttrice: “gli animali sono immobilizzati nella loro confezione per garantire l’assenza di danni al prodotto e per permettere la visualizzazione ottimale ai consumatori” Non si tratta di avvicinarsi al non umano, come certe correnti filosofiche contemporanee intendono, e cioè imparare ad accogliere il diverso, ma abituarsi a essere disumani, ad accettare la nostra disumanizzazione, e banalmente diventare refrattari all’etica e allo sdegno. Accade quotidianamente, lo sappiamo, ogni giorno di fronte ai reportages dai luoghi di guerra. Tutti uguali e tutti all’ora dei pasti. 

Non ci si può far carico di tanta desolazione. E allora son numeri, cifre, statistiche. Non volti e nomi. Le immagini che arrivano sono inutili, non servono, non ci servono. Se non a farci pranzare a spaghetti e fosforo bianco con sempre maggior disinvoltura. 

Osservo il Genpet e penso a tutti gli studi e ricerche effettuati in campo bio-ingegneristico, penso alle tecnologie bio-elettroniche e ai nano circuiti con impiego di Dna semiconduttore* ( per ora credo solo di origine muride), penso al livello cui è giunta la manipolazione genetica, al fatto che quando una cosa diviene di dominio pubblico, in realtà gli studi, i prototipi, le sperimentazioni sono molto oltre, penso al manifesto dei transumanisti, penso a tutto questo e a molto altro ancora e dico che non mi piace. 
Dai Tamagochi ai cani robot che esprimono stati d’animo fino ai Genpets (se pur, in questo caso, una performance), è un attimo. Riuscire ad amare un essere sintetico ed elettronico ci faciliterà le cose quando ci diranno che, nella nuova versione, avrà anche qualcosa di “veramente” umano. Ci faranno tenerezza. E saremo tanto distratti da non pensare che, portato alle estreme conseguenze, questo processo dovrebbe implicare anche un discorso di tutela dei diritti. Sono state fatte battaglie perché agli animali da laboratorio non venissero recise le corde vocali per eliminare versi e urla durante gli esperimenti (procedura a tutela solo delle nostre sensibili orecchie), abbiamo chiesto per loro una prigionia sopportabile e una morte indolore. Dovremo fare altrettanto. Un bambolotto che respirerà di suo, andrà tutelato, non fosse altro per il dolore che potrebbe provare se qualcuno per gioco lo soffocasse. Ma si fa ai bambini veri, e questa pare una discussione sterile. 

 * I circuiti realizzati con materiale neuronale

 http://www.brandejs.ca/

2011 


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