venerdì 13 novembre 2015

#TTIP e #OMC


Ci dicono che il TTIP serve. Che serve un accordo sovranazionale per la gestione degli scambi commerciali. Per equiparare le regole ed eliminare le disparità economiche tra gli stati. Pienamente d’accordo. Ma questa cosa non è il TTIP. Il TTIP non esaudisce questi propositi. L’unica evidente funzione è tutelare gli investitori*.
Inoltre esiste già un’istituzione preposta a tal fine, l’OMC. Si tratta di migliorarla, e molto, ma c’è. Perché dunque creare un’altra organizzazione simile? Un doppione? Forse perché appunto d’altro si tratta.
Leggevo le dichiarazioni di un esportatore tedesco di macchinari industriali: esportare in Asia, spiegava, non è un problema perché in molti settori gli asiatici si adeguano agli standard tedeschi ma con gli Stati Uniti è più complicato, perché loro misurano in pollici e non in centimetri e ciò comporta maggior lavoro per gli ingegneri e quindi maggiori spese.
Stiamo scherzando? Ci serve il TTIP per risolvere la faccenda dei pollici/centimetri? Attaccarsi a certe motivazioni è un’offesa per l’intelligenza.
Poi, aggiunge, in molti stati i macchinari vengono sottoposti a costosi test per verificare sicurezza e conformità ai requisiti di legge. E dunque? Non va bene?
Certo, ci vorrebbero standard di sicurezza e regole uguali in tutto il pianeta, ma non al ribasso. Perché è al ribasso che qui si sta puntando. L’affermazione qui sopra del nostro esportatore è un’ammissione bell’e buona del fatto che il TTIP serve a eliminare gli ostacoli che comportano spese o diminuzione di guadagno per l’investitore azienda. Come si augurano i sostenitori del trattato, se il TTIP passerà, questi inconvenienti saranno eliminati. Dove per inconvenienti bisogna leggere, normative, leggi nazionali, sicurezza, diritti.
Almeno il buon gusto di non farci passare per scemi continuando a proclamare la necessità di un qualcosa adducendo finalità che potrebbero essere perseguite benissimo da organismi già esistenti.

*nel momento in cui un governo che avesse sottoscritto il TTIP dovesse adottare una legge o una normativa per la tutela di lavoratori, consumatori, ambiente, o quello che è, si esporrebbe alla molto probabile denuncia da parte dell’investitore privato che, ritenendosi danneggiato nei propri interessi,  porterebbe la vertenza davanti all’Icsid (International center for settlement of investiment disputes), un tribunale arbitrale che avrebbe il potere, attraverso un’élite di avvocati, di controllare, oltre a tutte le altre, le legislazioni statunitense ed europea. Il numero di cause nel mondo in cui stati sovrani devono rispondere dei mancati guadagni di multinazionali è in aumento costante, laddove esistono trattati analoghi a quello che s’intende concludere entro fine 2016, al termine di una decina di round negoziali.

Si prevede l’istituzione di un consiglio formato da rappresentanti dei governi americano ed europei (e conosciamo il potere delle lobbies) e si parla di “cooperazione nella regolamentazione” come di un amichevole e bonario discutere insieme tra le parti. In realtà, prima di essere messo ai voti dei parlamenti nazionali qualsiasi provvedimento legislativo interno a uno stato dovrà essere sottoposto al nulla osta del suddetto consiglio che ne valuterà preventivamente la conformità al TTIP.

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