Ci dicono che il TTIP serve. Che
serve un accordo sovranazionale per la gestione degli scambi commerciali. Per
equiparare le regole ed eliminare le disparità economiche tra gli stati.
Pienamente d’accordo. Ma questa cosa non è il TTIP. Il TTIP non esaudisce
questi propositi. L’unica evidente funzione è tutelare gli investitori*.
Inoltre esiste già un’istituzione
preposta a tal fine, l’OMC. Si tratta di migliorarla, e molto, ma c’è. Perché
dunque creare un’altra organizzazione simile? Un doppione? Forse perché appunto
d’altro si tratta.
Leggevo le dichiarazioni di un
esportatore tedesco di macchinari industriali: esportare in Asia, spiegava, non
è un problema perché in molti settori gli asiatici si adeguano agli standard
tedeschi ma con gli Stati Uniti è più complicato, perché loro misurano in
pollici e non in centimetri e ciò comporta maggior lavoro per gli ingegneri e
quindi maggiori spese.
Stiamo scherzando? Ci serve il
TTIP per risolvere la faccenda dei pollici/centimetri? Attaccarsi a certe
motivazioni è un’offesa per l’intelligenza.
Poi, aggiunge, in molti stati i
macchinari vengono sottoposti a costosi test per verificare sicurezza e
conformità ai requisiti di legge. E dunque? Non va bene?
Certo, ci vorrebbero standard di
sicurezza e regole uguali in tutto il pianeta, ma non al ribasso. Perché è al
ribasso che qui si sta puntando. L’affermazione qui sopra del nostro
esportatore è un’ammissione bell’e buona del fatto che il TTIP serve a
eliminare gli ostacoli che comportano spese o diminuzione di guadagno per
l’investitore azienda. Come si augurano i sostenitori del trattato, se il TTIP passerà, questi inconvenienti saranno
eliminati. Dove per inconvenienti bisogna leggere, normative, leggi
nazionali, sicurezza, diritti.
Almeno il buon gusto di non farci
passare per scemi continuando a proclamare la necessità di un qualcosa
adducendo finalità che potrebbero essere perseguite benissimo da organismi già
esistenti.
*nel momento in cui un governo
che avesse sottoscritto il TTIP dovesse adottare una legge o una normativa per
la tutela di lavoratori, consumatori, ambiente, o quello che è, si esporrebbe alla
molto probabile denuncia da parte dell’investitore privato che, ritenendosi
danneggiato nei propri interessi, porterebbe la vertenza davanti all’Icsid
(International center for settlement of investiment disputes), un tribunale
arbitrale che avrebbe il potere, attraverso un’élite di avvocati, di
controllare, oltre a tutte le altre, le legislazioni statunitense ed europea.
Il numero di cause nel mondo in cui stati sovrani devono rispondere dei mancati
guadagni di multinazionali è in aumento costante, laddove esistono trattati
analoghi a quello che s’intende concludere entro fine 2016, al termine di una
decina di round negoziali.
Si prevede l’istituzione di un
consiglio formato da rappresentanti dei governi americano ed europei (e
conosciamo il potere delle lobbies) e si parla di “cooperazione nella
regolamentazione” come di un amichevole e bonario discutere insieme tra le
parti. In realtà, prima di essere messo
ai voti dei parlamenti nazionali qualsiasi provvedimento legislativo interno a
uno stato dovrà essere sottoposto al nulla osta del suddetto consiglio che ne
valuterà preventivamente la conformità al TTIP.
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