giovedì 12 novembre 2015

LE NUOVE CITTÀ


Stanno sorgendo ovunque, sono solo le prime ma diventeranno tantissime.
Prima le chiamavamo bidonvilles se erano lontane, periferie degradate se erano nostrane, e in entrambi i casi le relegavamo alla sfera del purtroppo ci sono anche i reietti, purtroppo c’è anche una parte di esseri umani che soffre povertà e malattia ma pian piano rimedieremo.  Ora invece si tratta di nuovi agglomerati che sorgono nei Paesi sviluppati, accampamenti, zone nate di transito, dove il flusso crescente di persone fa sì che molte di esse diventino stanziali. Perché necessariamente all’interno di tali comunità deve aumentare l’organizzazione sociale e pratica, e qualcuno che la gestisca deve esserci. Tanti troveranno un ruolo e uno spazio e lo faranno proprio.
Quante realtà disperate e inizialmente provvisorie ci sono ormai in ogni parte del mondo? E con caratteristiche tanto lontane dal nostro immaginario quotidiano quanto vicine a certa cinematografia apocalittica. Basta pensare ai bambini tubo di Ulan Bator.

La “Giungla” di Calais è l’embrione di una di queste nuove città. Come a Ceuta e a Melilla. Città che cresceranno. Non più nelle periferie urbane, attorno a nuclei custodi di cibo e opportunità, ma a ridosso di confini, di reti, di muri, di fossi, di mari. Di qualsivoglia barriera che separi da una condizione di vita considerata migliore.

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