lunedì 14 dicembre 2015

#COP21

Scrivevo quanto segue circa una settimana fa.

L’obiettivo della #COP21 preannunciano sarà universale e vincolante. Molto bene. Però a partire eventualmente dal 2020. Perché? Dal momento che si concorda sulla necessità di raggiungere la neutralità carbonica entro la fine del secolo sennò fine del film, perché non da domani?
Le grandi aziende iniziano a dichiarare pubblicamente ciò che sanno da un pezzo: il cambiamento climatico in atto potrebbe compromettere i loro affari (il fenomeno del Land grabbing insegna). E le assicurazioni chiedono che i 100 miliardi all’anno, da dedicare a progetti finalizzati alla trasformazione dei metodi di approvvigionamento energetico, vadano in buona parte a finanziare l’istallazione di stazioni meteo, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, in modo da permettere di creare modelli precisi di previsione e poter così determinare al meglio polizze e premi, in particolare laddove c’è ancora terreno vergine. Rischi calcolati significano guadagni. Si temono inoltre disinvestimenti azionari nei confronti di aziende che sfruttano o producano combustibili fossili.  Insomma l’incognita del cambiamento climatico deve smettere di essere tale perché una volta sotto controllo, nel senso di prevedibile a prescindere dagli scenari, può far guadagnare! Quindi almeno sul fatto che il problema esista, forse, finalmente non si deve più discutere.
Inoltre sappiamo che i migranti e gli sfollati per cause ambientali sono stati ben più di 150 milioni negli ultimi sei anni. Quelli generati dalle guerre, sono tre volte di meno. Peccato che le stesse (deliri di onnipotenza a parte) siano tristi conseguenze di conflitti legati agli stravolgimenti ambientali, alla corsa all’accaparramento delle risorse da parte di chi può farlo, e alla diaspora di disperati. Quindi la cifra sale e le cause sono le stesse. Pensiamo alla siccità che ha colpito la Siria nei quattro anni fino al 2010 rendendola deserta al 60%: un po’ di peso la cosa l’avrà avuto. Ai contenziosi legati ai fiumi e all’erezione di dighe (Nilo, Eufrate, Mekong, …). Al conflitto israelo-palestinese. Insomma una marea di Paesi crollerà in ginocchio e altri ne approfitteranno. Per quanto a lungo dipenderà dalla latitudine.
Eppure a questi profughi la Convenzione di Ginevra non riconosce lo stato di rifugiati. O scappano da una guerra o sono persone che migrano volontariamente per fini economici. Non sono contemplate altre opzioni. Si nega l’evidenza, anzi l’esistenza stessa di un’intera categoria umana. In pratica, un genocidio. Solo perpetrato non da un dittatore folle ma da un élite finanziaria e politica, anzi da una congrega, sostenuta da una moltitudine di accoliti, per lo più tanto avidi quanto ignoranti.
In un contagio progressivo che arriva fino a ognuno di noi.

Eppure c'è ancora chi taccia di frivolezza coloro che si preoccupano dei problemi ambientali, come se fosse o una moda da intellettuali o una fissazione di persone rese paranoiche da una cattiva informazione, insomma una preoccupazione marginale rispetto ai problemi veri.

9 dicembre 2015


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