lunedì 14 dicembre 2015

#COP21 seconda parte

L’hanno partorito. Dopo un travaglio di vent’anni, ce l’hanno fatta. L’hanno partorito e ha un gran bel faccino che commuove ma è corrotto da una qualche tara mortifera. Si vede.

Me lo sono letto il documento finale della #COP21.
Certo, sarebbe potuta andare molto peggio visti i precedenti quindi è andata bene. Una lunga sfilza di ammissioni riguardo la gravità del problema e la promessa di un sincero impegno da parte di tutti, senza esclusione, a risolverlo. Il tutto condito con l’impegno a dare una mano economica ai Paesi in via di sviluppo, peraltro i più esposti (per ora) ai danni procurati dal cambiamento climatico in atto. Bene, un gran bel punto di partenza ma, ragazzi, guardate che questo doveva essere un punto d’arrivo. Vi dovevate incontrare per mettere dei paletti e anche ben piantati.

Perciò, in soldoni, solo di promesse si tratta: nessuna Carbon tax, non esiste una data per l’azzeramento delle emissioni, i controlli consisteranno in un’autocertificazione degli Stati su quanto succede a casa loro.
Praticamente, ogni cinque anni, ci si incontrerà e ci si racconterà cosa si è fatto, promettendo di fare meglio per il quinquennio seguente. Stop. Non c’è altro.
E ciò che si sarà fatto sarà stato su base volontaria, in quanto non esiste alcuna regolamentazione vincolante o sanzione in assenza di ottemperanza.

Per finire, l'accordo entrerà in vigore nel 2020 a seguito di ratificazione di almeno 55 Stati che rappresentino il 55% delle emissioni globali. C’è l’invito a provvedere alla sottoscrizione, chi vuole, durante la cerimonia di apertura alla firma convocata per il 22 aprile 2016 a New York, a disposizione fino al 21 aprile 2017.

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