giovedì 11 aprile 2013

DONNE CON LE GONNE

Il 25 novembre è stata la giornata contro il silenzio delle donne che subiscono abusi, contro il silenzio attorno alle donne che subiscono abusi. Qualsiasi genere di abuso. Nel mondo milioni di donne pagano il fio di essere tali vivendo una vita priva di diritti, patiscono il peso di duri lavori, il peso della guerra, della fame, del dover senza mezzi sostenere una famiglia, patiscono il peso della mutilazione, dell’umiliazione, della violenza famigliare, dello stupro di massa, dell’aborto selettivo, della segregazione. Si dice che se a dirigere il mondo ci fossero le donne, le cose andrebbero un po’ meglio. Si lotta per maggiori quote rosa nei parlamenti e si biasima la mercificazione della donna, ostentata nei più diversi ambiti come carne da sesso. Nella società civile le donne sono in prima linea e, in genere, prendono molto sul serio gli impegni assunti. Come professioniste non temono la concorrenza maschile e ottengono ottimi risultati. È parziale, quindi scorretta, l’analisi che da un po’ di tempo si fa dell’universo femminile, di cui si mette sotto ai riflettori soltanto la porzione tristemente e vergognosamente ricondotta a pura forma e paillettes, si compatiscono le poverette che non sanno sottrarsi a tale processo e ci si indigna per lo squallore, per la volgarità, per la pochezza. Diversi mesi fa, un mio amico psicologo mi disse che le donne sono, se non colpevoli, corresponsabili per ciò che subiscono. Mi arrabbiai e fui infastidita da un’affermazione tanto molesta. Mi pareva la vecchia solfa sulla donna in minigonna che “era meglio se non se la metteva”. A distanza di tempo rivedo le mie posizioni. E lo faccio dal novero di quei quasi sette milioni ufficiali di donne che, solo in Italia, hanno subito violenze o abusi almeno una volta nella vita. Quindi con una certa cognizione di causa. Farsi vedere insicure, raccontare i propri problemi al primo venuto, chiedere una mano et similia è come fornire un lasciapassare; se ci si presenta come vittime non si può pretendere di essere considerate diversamente e c’è chi le vittime le sostiene e chi ne approfitta. E questo è un caso. Lasciamo fuori da questa sede le violenze sui bambini, sulle bambine visto che parliamo del genere femminile, discorso che porterebbe troppo lontano e restiamo nella fascia d’età della ragione e della libera scelta, tanto per intenderci. Ho fatto una ricerca sul mondo della pedopornografia online e in tale viaggio mi sono imbattuta e dovuta confrontare con un mondo di donne che non sospettavo tanto vasto e agguerrito. E questo è un altro caso. Resta fondamentale, soprattutto quando si vanno a fare considerazioni sulla sessualità, la domanda se la natura manifestata da molte di noi sia innata o se sia l’esito infelice di secoli di manipolazione del pensiero e del costume, ma quello che importa è quello che è. È con il risultato che bisogna fare i conti. Fantasie perverse, crudeli, cruente, assurde, nascono da menti femminili. Donne che si violentano l’un l’altra, che introducono nei propri corpi oggetti e sostanze con modalità e in quantità variabili, migliaia di filmati fai da te di donne che incitano e godono della violenza su se stesse e su altre donne, su ragazze, su adolescenti, su bambine. Ogni giorno centinaia di migliaia di ore dedicate alla masturbazione virtuale, al protagonismo in webcam, all’esibizione di orifizi, di protesi mammarie, di fronti al botulino, di inquietanti attrezzi maneggiati con destrezza. Poco prima di metter su la cena. Nessun moralismo. Solo i numeri sono sconcertanti. Niente di meglio da fare? È la nostra vendetta surreale? 
Abbiamo venduto l’anima al diavolo senza troppi scrupoli perché siamo sempre state dotate di un gran senso pratico nei momenti critici, anche le più sprovvedute e maldestre? Rigurgitiamo ciò che per secoli abbiamo dovuto ingoiare, a costo di annichilire noi stesse? Piuttosto che permettere a qualcun altro di continuare a farlo? Ci volete per soddisfare i vostri istinti più biechi? Bene noi ne abbiamo di più infimi. Forse così avrete paura. Le donne a dirigere il mondo? Sarebbe un interessante esperimento. E senza tirare in ballo Tatcher, Palin, Rice e compagne, che certo non fanno onore al genere. Mie care ragazzine delle medie che vi infilate giocosi gadgets tra le cosce, che vi leccate a vicenda rigorosamente online, che giocherellate con i vostri più intimi piercing, adolescenti che pestate i piedi per tette nuove come regalo di promozione, che in gruppo vi date alla fellatio del vostro compagno di classe, a tutte voi ha insegnato la mamma a fare così? O è stata la terribile televisione? O che altro? E poi, questa ricorrente mancanza di solidarietà di genere, la mancanza di sostegno tra donne di una stessa famiglia, la competizione tra donne in carriera, l’invidia, gli sguardi di disprezzo, la voglia di andare in guerra, indossare un uniforme e imbracciare un fucile, di sottostare a regole strette senza tempo né modo di farsi domande. Da dove viene tutto ciò? Rinneghiamo noi stesse? Rifiutiamo l’altra perché ci rappresenta? Si tratta di selezione? Di adattamento? La volontà di divenire un essere ibrido in grado di sopravvivere a tutto? Godiamo dello stupro perché l’abbiamo subito e pensiamo che non è poi così terribile, per cui te, bella, non stare a farne una tragedia? Abbiamo camminato così a lungo nella notte che alla fine quelle che hanno imparato senza soccombere, pensano che ci sia solo notte in cui camminare? O siamo geneticamente stronze? Non me ne vogliano le donne che non si riconoscono in quello che ho scritto anche se a buon diritto potrebbero; il fatto è che il fenomeno di cui sopra è così vasto e pieno ancora di zone d’ombra, che è doveroso metterlo in piazza. E, appunto, farci i conti. 

novembre 2009 

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