domenica 8 gennaio 2017

COS’È UN OGM?

Che senso ha la recente diatriba sugli ogm (organismo geneticamente modificato), con le aziende che premono affinché le nuove varietà vegetali ottenute modificando il dna senza introduzione di materiale esterno non vengano definite appunto ogm? In molti Paesi infatti, in assenza di tale introduzione, si commercializzano senza problemi nuove varietà a prescindere dalle tecniche con cui sono state ottenute, mentre in Europa viene definito ogm ogni organismo le cui modificazioni non sono spontanee e dovute alle ricombinazioni che avvengono in natura ma appunto indotte dall’intervento umano sul dna. Io credo che le parole abbiano un significato e che una modifica sul dna anche senza l’introduzione di materiale genetico esterno determini la nascita di un organismo geneticamente modificato, quindi come tale deve essere definito. Perché abbiamo paura di chiamare le cose con il loro nome? Nel caso specifico sicuramente perché la dicitura ogm vale un marchio di infamia e comprometterebbe l’accettazione sociale e quindi commerciale, ma questo è.
Altro è entrare nel merito della questione ed essere favorevoli o meno a tali procedure. Certamente le nuove tecniche, non più da film dell’orrore come agli esordi, devono ricondurre alla riflessione tutti quanti e, a parte le modifiche a favore di una crescente resistenza a pesticidi e anticrittogamici*, la maggior parte delle altre, vista la condizione generale del pianeta, ad esempio i problemi idrici, sono da valutarsi con estremo interesse studiandoci sopra.


*una caratteristica, questa della resistenza alle sostanze chimiche che si vuole approvata e adeguatamente finanziata non solo per poter vendere maggiori quantità di veleni, come di fatto accade in barba alle promesse, ma anche perché potrebbe risultare molto utile in relazione all’aumento di tossicità degli habitat. Terre, acque di superficie, falde, pioggia, a tal misura infetti da poter a breve, se non vi sarà una reale rivoluzione mentale, mettere a rischio prima l’agricoltura intensiva poi anche quella tradizionale sostenibile che non farà in tempo a riprendere lo spazio che le è stato in tanti casi vilmente e violentemente sottratto.

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