venerdì 27 gennaio 2017

RIFLESSIONI NOTTURNE SULLA DEMOCRAZIA

“I nomi collettivi servono a fare confusione. Popolo, pubblico… Un bel giorno ti accorgi che siamo noi; invece credevi che fossero gli altri.”
Ennio Flaiano


La democrazia rappresentativa è il meglio che siamo riusciti a mettere insieme, purtroppo però l’opinione prevalente non ha necessariamente maggior valore. Ritorna il dubbio, da molti ponderato nel corso della storia, se le democrazie siano in grado di sopravvivere all'espressione della volontà della maggioranza.
Mai come in questi giorni si dibatte sulla questione. Il referendum britannico, l’elezione di Trump, l’ascesa dei movimenti populisti, il recente referendum nostrano, tutto si presta ad avvalorare la tesi che il suffragio universale non sia quella gran pensata.
A mio parere le manifestazioni più preoccupanti sono altre, meno plateali, quotidiane, di sonnolenta omologazione e perdita di pensiero critico, di cecità e non ascolto con la presunzione di saperla lunga su tutto.
Allo stesso tempo però credo che questo sistematico svilire gli esiti delle consultazioni popolari, l’instillare la convinzione che quello che pensa la gente non sia giusto, perché la gente, poverina (!), è inconsapevole, manipolata, costretta da bisogni e paure, ecco, credo che questa cassa di risonanza sia utile a chi voglia confondere tra le tante anche le voci giuste e ben consapevoli, quelle che si levano a reclamare giustizia, che si levano a proporre strade alternative, che si levano a denunciare, a gridare verità.
E funziona, infatti queste voci non vengono udite se non per brevi lassi di tempo, e solo udite, mica  comprese, altrimenti certe cose non verrebbero dimenticate, non verrebbero rimosse. Non si continuerebbe a vivere accettando di credere a questa narrazione del progresso con sotto agli occhi le prove del contrario. Ogni narrazione comporta una responsabilità da parte del narrante (e di colui che eventualmente è il committente della narrazione) ma anche da parte di coloro che la odono, soprattutto se ne sottoscrivono, con una fruizione passiva, l’autenticità anche laddove non ci fosse.
È in atto da un pezzo una immensa opera di denigrazione, di calunnia, di offesa nei confronti del pensiero critico e quindi libero. Si è fatto in modo di rendere cerebrolesa una gran parte della popolazione terrestre, le si è data la possibilità di mettersi in mostra ed esprimersi full time, poi, ora, di fronte all'evidente livello di mediocrità, mentre si rivendica la necessità di restituire a un'èlite competente la gestione di tutto quanto, si possono tacciare di superficialità anche le voci serie. Le si confonde, le si mescola, le si denigra o deride, facendo perdere ad esse la forza dirompente che potrebbero avere.
Da chi, poi, dovrebbe essere rappresentata quest’élite? Dagli intellettuali che rimarcano ovvietà nelle loro analisi a fatti avvenuti? Dall'oligarchia economica e finanziaria? Da tecnici in ogni settore?
Che valore hanno le riflessioni, i moniti, le parole, i suggerimenti, gli studi e l’impegno di quanti hanno previsto? Che valore le proposte lungimiranti ed eque, a tal punto rivoluzionarie nella loro assennatezza da spaventare chi preferisce che tutto cambi purché nulla cambi? 
Cassandre indegne persino di riconoscimento a posteriori?  A quanto pare.
Vorrei un governo mondiale composto da precursori illuminati, visionari onesti, rivoluzionari rispettosi, sognatori responsabili, inventori altruisti. E in giro per il mondo di persone simili, come ce ne sono state, continuano ad essercene. Ma non siamo tutti così, dobbiamo accettarlo. Abbiamo tutti diritto a dire la nostra ma non tutti siamo in grado di sostenere la responsabilità che l'applicazione di una persona un voto comporta appunto per ognuno di noi. Non possiamo esprimere una volontà solo in base all'emozione, al bisogno, all'educazione ricevuta, al contesto particolare in cui viviamo, alle difficoltà o meno che dobbiamo affrontare.
Visto che oggi è il giorno della memoria, mi viene in mente che Primo Levi diceva che se comprendere le cose è praticamente impossibile, impegnarsi a conoscerle è un imperativo non negoziabile. Farlo però implica l'avere a disposizione una quantità non indifferente di un bene che ci viene da tempo esponenzialmente sottratto, il tempo. Senza tempo non ci può essere pensiero critico, senza pensiero critico non ci può essere scelta consapevole, senza scelta consapevole non ci può essere responsabilità, senza responsabilità non ci può essere potere, neanche quello limitato all'apposizione di una crocetta.

Avete presente, ad esempio, quando, a distanza di tempo, il coinvolgimento emotivo ormai scemato, si scoprono verità (nella limitata nostra storia nazionale gli esempi abbondano)? Ci si indigna e poi si volta pagina. Ne abbiamo voltate mai tante di pagine noi esseri umani per poter sopravvivere, che ora le verità possono essere scoperte quasi in tempo reale che non riusciamo a restare sul pezzo per più di un paio di giorni. Alcuni certo sì, la maggioranza delle persone però no. Non è una colpa, è che non ce la si può fare. Serve una intima motivazione, serve determinazione, serve un sacco di tempo, e anche una buona dose di masochismo.
Come in mezzo al mare. Hai voglia a dare bracciate. A volte abbandonarsi alla corrente è l’unica salvezza.
Questo per dire che non tutti possono esprimersi sulla gestione della nostra vita comune ma visto che principi illuminati, guide votate al bene comune, non ne esistono, la questione si fa decisamente spinosa.
Quindi manteniamo alta la guardia, rifiutiamo superficialità, generalizzazioni, tutto ciò che oggi va sotto la comune etichetta di populismo ma imponiamoci di imparare a dare potere, non voglio dire a chi (uno, pochi, tanti, tutti, che siano, sinceramente non m'importa) ma semplicemente a ciò che lo merita. Per dirla con le parole del grande Italo Calvino…
L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

(Italo Calvino, Le città invisibili)


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