domenica 12 marzo 2017

ENRICO

Da bambino, una decina d’anni, rubò un pallone dalla mia auto, dimenticato lì da amici dopo una scampagnata. Quando mi accorsi della mancanza chiesi ai ragazzini che normalmente giocavano nei paraggi se si fossero accorti di qualcosa. Negarono tutti, lui compreso. Il giorno successivo lo vidi dalla finestra palleggiare assorto. Scesi in strada e quando mi vide nascose il pallone dietro la schiena. Gli sorrisi e gli suggerii  per il futuro di chiedere: la vita sarebbe stata più semplice. Ci conoscemmo così. Una volta, sapendo della confidenza che era nata tra noi, un suo amico già grande lo usò come ambasciatore di un messaggio galante per me. Bussò alla porta e me lo riferì parola per parola. Sorrisi, gli offrii una bibita e gli chiesi di fan notare al suo amico, che in realtà era il fratello di un suo amico, che ero troppo grande per lui. Mi rispose che lo avrebbe fatto senz'altro.
Negli anni mi trasferii a vivere altrove ma, nel tempo, lo incontrai alcune volte e scambiammo sempre qualche parola. Gentile e amichevole continuava a guardarmi con un po’ di soggezione, anche se non ne aveva motivo. All'epoca gli avevo fatto un po’ la morale ma non l’avevo sgridato, era un bravo ragazzino. Poi, parecchio tempo dopo mi presentò sua moglie. In seguito mi raccontò come si sentiva quando il  matrimonio finì. E così, un pezzetto alla volta e in modo occasionale, mi ha reso partecipe della sua vita.  
Qualche giorno fa, si è sparato. Non lo vedevo da un paio d’anni. L’ho saputo ieri per caso. La vita ci smarrisce l’un l’altro. Funziona così. Spero per lui che almeno sia stato un atto consapevole e non di pura disperazione. Solo questo. Lo scrivo con grande tristezza e con totale rispetto.

11 marzo 2017

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