giovedì 16 giugno 2016

IL PICCOLO GERARCA

Nella città in cui abito c’è una via pedonale che raramente percorro la sera. Capita a volte in inverno,  andando a cenare da amici. Trovo la via deserta, semibuia, i pochi esercizi chiusi, a parte un bar e una pizza al taglio in procinto di esserlo. Ogni volta vedo anche un ragazzino, non saprei dire l’età, forse nove, forse undici dodici anni, che vaga avanti e indietro davanti alle luci delle ultime vetrine accese. Scruta a mento alto tra le aiuole, osserva, si guarda intorno. A volte sta seduto su una sedia di  plastica a guardare fisso davanti a sé. Presumo sia il figlio dei gestori di uno dei due locali. Ha l’espressione seria, quasi accigliata e, quando scorge qualcuno, lo guarda dritto negli occhi con aria di sfida, come a chiedere, qualcosa da ridire? Indossa sempre un’uniforme graduata da carabiniere, per cui quello che normalmente verrebbe definito un ragazzino grassoccio, in tali panni viene da dire che è massiccio, tarchiato, severo. L’effetto è quello di un gerarca nazista nano.

Mi chiedo perché, che senso, ben lontani dal Carnevale, ci sia di indossare, e con tale piglio, un travestimento simile reso maggiormente tetro dal buio e dalla desolazione del luogo. Un capriccio ossessivo assecondato malvolentieri dai genitori? Volontà dei genitori?  Mi inquieta incontrarlo. Lo oltrepasso pensando che travestito da pirata o da mago lo avrei considerato un ragazzino dalla fervida immaginazione.


gennaio

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