Più cerco di capire la società in cui sono immersa, più mi convinco di essere nel mezzo di una profonda trasformazione, di cui la maggior parte di noi non è consapevole. Ho sempre ritenuto che le cause di questa estraneità fossero la non attenzione, la superficialità o, peggio, il disinteresse, ma la mia idea di trasformazioni sociali è sempre stata quella dedotta dai libri di storia, quelli classici di scuola, con un prima e un dopo definiti e netti. Ma tra il prima e il dopo c’è un lasso di tempo che raramente questi libri contemplano. Trovarsi lì, immersi nel flusso e riflusso confuso di idee che sottendono i grandi mutamenti, non è facile. Vedere con chiarezza richiede un grande sforzo intellettivo che non è comunque garanzia di comprensione.
Badare al linguaggio, a come si trasforma, aiuta, perché fa intravvedere, e inquieta, perché arduo riconoscerne la reale portata. Le nuove parole, i nuovi abbinamenti di termini, penetrano nei nostri cervelli e ci cambiano in modo apparentemente indolore. Nei fatti vediamo che alcune faccende non vanno, e che altre vanno proprio male, ma non riusciamo a capire come ci siamo arrivati a un certo stato di cose. Il fermento è ovunque e non sappiamo dove ci porterà.
Vorrei poter arrivare a vivere quel momento che viene dopo, in cui ci si può volgere indietro e vedere ciò che è stato. Guardare a tutta la fatica e i conflitti che hanno condotto a una nuova era come a qualcosa di superato.
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