L’assenza da queste pagine procura un senso di colpa. In questo tempo in cui chi prima fa arrivare un messaggio ha più possibilità di raggiungere l’obiettivo che si è prefisso, quello della riflessione diventa un limite. E se poi dobbiamo, nella vita, correre per riuscire a pagare l’affitto e tirare a campare dignitosamente, s’impone nelle mezz’ore sottratte alla frenesia e all’ansia, una scelta difficile. Buttarsi nella mischia del web senza stare troppo a pensarci o fermarsi, abbandonarsi al flusso dei pensieri e cercare di fare il punto?
Potrei mettermi a scrivere di ogni fatto che va a mettere in movimento mente e spirito ma la sostanza resta la stessa, le considerazioni di base identiche. E poi, troppe le vicende, ogni giorno.
E serve questo fiume di parole? Servono anche le mie?
E ancora, evitare l’assenza da una coscienza virtuale, coscienza che dovrebbe servire a migliorare le vicende di quest’umanità smarrita sul proprio pianeta, ne determina un’altra di assenza, più grave, più profonda. Tra scontrini, bollette, e digitali finestre sul mondo, si resta fuori dalla vita. E non va bene.
E poi succedono cose come questa, che apri la posta e trovi una mail che ti dice che hai un nuovo follower su twitter, il nono. Twitter su cui giri i post del tuo blog. E leggi un nome e quel nome è Luis Sepulveda. E ti prende un’emozione profonda che piangi. E speri che legga ogni cosa che hai scritto. Che ci trovi l’ennesima conferma che nessuna parola è vana, nessun’azione lo è. Lo dico a me stessa.
La conferma che qualcuno che trova e raccoglie il testimone c’è sempre. Anche se non lo sai.
Tutti i diritti riservati
10 giugno
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