L'ufficio postale è
gremito. Alcune persone in attesa all'esterno tengono d'occhio il
display con i numeri di chi è in coda. Entro comunque e prendo un
biglietto. Numero 88. Ho ventotto persone davanti. Esco, vado a bermi
un caffè in un bar lì vicino, e ritorno ad attendere il mio turno
restando nei pressi dell'ingresso. Dopo un po' ho solo più dodici
persone davanti. Temevo peggio. Tocca al numero 76. Ma il numero 76,
un tipo accanto a me che ho notato, corpulento, barba da pirata,
accento albanese, è al telefono. Alcuni numeri devono aver
desistito perché mancano all'appello. I tre sportelli operativi
chiamano il 77, e a seguire l'84 e l'85. Nel frattempo il 76 termina
la telefonata e rientra nell'ufficio. Non appena uno sportello si
libera si fa avanti. Entro anche io. Colgo un brontolio sommesso che
in pochi secondi aumenta di tono forse perché il disappunto è
condiviso dalla maggior parte degli astanti.
- Non si fa così.
- Avrebbe dovuto
prendere di nuovo il numero e rimettersi in coda daccapo
- Questi che vanno a
farsi un giro e poi pretendono di passare...
- Chi si crede di
essere.
- È
un extracomunitario.
- Sono
dei prepotenti.
- Devono
tornarsene a casa loro.
- Questi
stranieri non meritano niente.
L'uomo
si volta e reagisce in prima battuta dicendo che era in coda anche se
fuori e che non era andato a farsi un giro. Poi, al crescere
dell'ostilità, manda tutti a quel paese e torna a sbrigare la
propria pratica.
Il
disappunto generale cresce e i commenti rivolti all'uomo si fanno
pesanti.
Intervengo
pacatamente rivolgendomi a tutti in generale:
- Signori,
la vita è già difficile, perché dobbiamo contribuire a
complicarcela? Anziché prima il 76 e dopo il 77, è passato prima
il 77 e dopo il 76. L'attesa è uguale. Certo il signore avrebbe
potuto essere un po' più garbato ma a nessuno fa piacere essere
aggredito.
Per
tutta risposta una signora d'età s'inalbera:
- Questi
extra (dice proprio extra,
non spreca neanche fiato a pronunciare la parola per intero) son
tutti gentaglia. Non sono italiani. Questi extra ci vogliono passare
davanti.
Al
che mi sento in dovere di precisare, educatamente e con il sorriso:
- Signora,
non crede sia scorretto farne una questione di nazionalità? Se
proprio dobbiamo fare una divisione, facciamola tra buoni e cattivi.
Al
che la signora, rivolgendosi ai vicini di sedia, rincara la dose e
io rispondo.
- Questi
extra, prenderli uno a uno, raccoglierli in giro, metterli tutti in
fila, e fucilarli.
- Signora,
queste non sono cose da dire e soprattutto non sono da pensare.
- Non
la riguarda. Di che s'impiccia?
- Be',
se lei fa un'affermazione tanto grave in modo udibile in un luogo
pubblico, mi riguarda eccome. E
poi la memoria, insomma, un po' di cose dovrebbe ricordarsele, a
meno che...
Nello
stesso momento il display segna il turno dell'88. Lascio in sospeso
la frase. Vado allo sportello. Sento bisbigliare alle mie spalle e
colgo:
- Quella
è una che se la fa con gli extracomunitari.
Terminata
l'operazione mi dirigo verso l'uscita, augurando a tutti una buona
giornata, senza sarcasmo né astio. Da tempo sono convinta che il
nemico bisogna spiazzarlo. E
dico nemico per semplificare, si è tutti vittime di qualcuno o
qualcosa, fosse anche solo di se stessi. Comunque sia, gentilezza
contro aggressività. Maggiori possibilità di riuscire in qualcosa di buono. Cerco
nello sguardo dei presenti qualcosa che mi suggerisca i loro
pensieri, le loro emozioni. Giusto un uomo mi guarda dritto negli
occhi e leggo approvazione. La maggior parte distoglie lo sguardo.
Nel frattempo sono entrate persone ignare dell'accaduto. L'albanese
se n'è andato da un pezzo.
Lo
so. È
solo un piccolo fatto ma mentre
m'incammino sento un peso nell'anima. Una gran tristezza. Per queste
persone che vivono spente, vuote, aride. Timorose della morte e
perciò aggrappate alle quattro cose che danno loro sicurezza
convinte che rappresentino la sostanza della vita. Del tutto incapaci
di empatia. Solo più predisposte ad alimentare le difficoltà e il
malcontento, rovinando in primis le proprie giornate. Mentre
costeggio i banchi del mercato penso frasi in ordine sparso.
Un'impresa immane spetta alle persone di buona volontà. Il senso di
impotenza. La tentazione di arrendersi. Il rifiuto di farlo.
Nessun commento:
Posta un commento