domenica 5 maggio 2019

FUCILARE GLI EXTRA


L'ufficio postale è gremito. Alcune persone in attesa all'esterno tengono d'occhio il display con i numeri di chi è in coda. Entro comunque e prendo un biglietto. Numero 88. Ho ventotto persone davanti. Esco, vado a bermi un caffè in un bar lì vicino, e ritorno ad attendere il mio turno restando nei pressi dell'ingresso. Dopo un po' ho solo più dodici persone davanti. Temevo peggio. Tocca al numero 76. Ma il numero 76, un tipo accanto a me che ho notato, corpulento, barba da pirata, accento albanese, è al telefono. Alcuni numeri devono aver desistito perché mancano all'appello. I tre sportelli operativi chiamano il 77, e a seguire l'84 e l'85. Nel frattempo il 76 termina la telefonata e rientra nell'ufficio. Non appena uno sportello si libera si fa avanti. Entro anche io. Colgo un brontolio sommesso che in pochi secondi aumenta di tono forse perché il disappunto è condiviso dalla maggior parte degli astanti.
- Non si fa così.
- Avrebbe dovuto prendere di nuovo il numero e rimettersi in coda daccapo
- Questi che vanno a farsi un giro e poi pretendono di passare...
- Chi si crede di essere.
È un extracomunitario.
- Sono dei prepotenti.
- Devono tornarsene a casa loro.
- Questi stranieri non meritano niente.
L'uomo si volta e reagisce in prima battuta dicendo che era in coda anche se fuori e che non era andato a farsi un giro. Poi, al crescere dell'ostilità, manda tutti a quel paese e torna a sbrigare la propria pratica.
Il disappunto generale cresce e i commenti rivolti all'uomo si fanno pesanti.
Intervengo pacatamente rivolgendomi a tutti in generale:
- Signori, la vita è già difficile, perché dobbiamo contribuire a complicarcela? Anziché prima il 76 e dopo il 77, è passato prima il 77 e dopo il 76. L'attesa è uguale. Certo il signore avrebbe potuto essere un po' più garbato ma a nessuno fa piacere essere aggredito.
Per tutta risposta una signora d'età s'inalbera:
- Questi extra (dice proprio extra, non spreca neanche fiato a pronunciare la parola per intero) son tutti gentaglia. Non sono italiani. Questi extra ci vogliono passare davanti.
Al che mi sento in dovere di precisare, educatamente e con il sorriso:
- Signora, non crede sia scorretto farne una questione di nazionalità? Se proprio dobbiamo fare una divisione, facciamola tra buoni e cattivi.
Al che la signora, rivolgendosi ai vicini di sedia, rincara la dose e io rispondo.
- Questi extra, prenderli uno a uno, raccoglierli in giro, metterli tutti in fila, e fucilarli.
- Signora, queste non sono cose da dire e soprattutto non sono da pensare.
- Non la riguarda. Di che s'impiccia?
- Be', se lei fa un'affermazione tanto grave in modo udibile in un luogo pubblico, mi riguarda eccome. E poi la memoria, insomma, un po' di cose dovrebbe ricordarsele, a meno che...
Nello stesso momento il display segna il turno dell'88. Lascio in sospeso la frase. Vado allo sportello. Sento bisbigliare alle mie spalle e colgo:
- Quella è una che se la fa con gli extracomunitari.
Terminata l'operazione mi dirigo verso l'uscita, augurando a tutti una buona giornata, senza sarcasmo né astio. Da tempo sono convinta che il nemico bisogna spiazzarlo. E dico nemico per semplificare, si è tutti vittime di qualcuno o qualcosa, fosse anche solo di se stessi. Comunque sia, gentilezza contro aggressività. Maggiori possibilità di riuscire in qualcosa di buono. Cerco nello sguardo dei presenti qualcosa che mi suggerisca i loro pensieri, le loro emozioni. Giusto un uomo mi guarda dritto negli occhi e leggo approvazione. La maggior parte distoglie lo sguardo. Nel frattempo sono entrate persone ignare dell'accaduto. L'albanese se n'è andato da un pezzo.

Lo so. È solo un piccolo fatto ma mentre m'incammino sento un peso nell'anima. Una gran tristezza. Per queste persone che vivono spente, vuote, aride. Timorose della morte e perciò aggrappate alle quattro cose che danno loro sicurezza convinte che rappresentino la sostanza della vita. Del tutto incapaci di empatia. Solo più predisposte ad alimentare le difficoltà e il malcontento, rovinando in primis le proprie giornate. Mentre costeggio i banchi del mercato penso frasi in ordine sparso. Un'impresa immane spetta alle persone di buona volontà. Il senso di impotenza. La tentazione di arrendersi. Il rifiuto di farlo.

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