giovedì 9 maggio 2019

CENTINAIA DI NEONATI ABBANDONATI


Orrore in Italia. Abbandonati nei campi, lungo le strade o nei cumuli di spazzatura, continua il ritrovamento di neonati. Ormai sono centinaia. Per la maggior parte di essi ormai è troppo tardi. Le immagini strazianti dei piccoli corpi senza vita danno la misura della tragedia che si sta consumando.”

Cose che succedono.
Come sarebbe a dire, cose che succedono?
Certo, succedono. Cose così e altre simili o peggiori. Quotidianamente. Qual è il problema?
Ma è inaudito! Non è possibile permettere un abominio simile.
Tanto, cosa possiamo farci?
Muoverci tutti insieme, pretendere l'intervento delle istituzioni, coinvolgere le nazioni unite, insomma, qualsiasi cosa pur di mettere fine a questa strage di innocenti.
Bene. Avete ragione. Ora però sostituite Italia con Iraq.
Iraq? Stai parlando dell'Iraq? Ma mi hai fatto venire un colpo. Perché hai detto Italia? Sei proprio stronza.

Iraq dove alle donne fuggite dalle zone roccaforte dell'Isis, violentate prima dai combattenti dello Stato Islamico, poi dai militari della parte avversa, e ora nei campi profughi dalle guardie che dovrebbero tutelarne l'incolumità, allo stremo delle forze non resta che tentare di abortire da sé o abbandonare i neonati, cui solo un futuro di vendetta è garantito.
Senza contare i circa quindicimila bambini che muoiono ogni giorno di fame, quelli costretti a imbracciare le armi, quelli venduti e comprati per vari utilizzi. Quelli storditi dalle droghe, quelli costretti a vivere tra i rifiuti, o nelle fogne per ripararsi dalle intemperie. 
Eccetera, eccetera, eccetera.
Ognuno di essi ha un volto e uno sguardo. Ognuno di essi ha emozioni e prova dolore.
Solo che sono lontani, non sono qui. Non sono i nostri bambini.

Lo so, è difficile portare il peso del dolore del mondo. Passa la voglia di vivere. Perché se scomponiamo i milioni in unità e concediamo a ognuno identità e storia, allora comprendiamo l'entità del nostro fallimento di esseri umani. Io mi sento così. Sento di avere fallito.
La provocazione qui sopra è solo un penoso tentativo di colmare l'incomprensibile divario tra chi sente troppo e chi non sente nulla. E forse non nasce più dalla speranza di riuscire a fare qualcosa, dalla speranza che il sapere sia sprone sufficiente. Forse è solo per l'invidia nei confronti di chi riesce a farsi scivolare tutto di dosso.

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