venerdì 26 maggio 2017

ANCORA SULLE PAROLE

Stavo pensando a quanto ho scritto alcuni giorni fa sulle parole, il linguaggio, la comunicazione, e anche su quanto ho scritto in passato sull'argomento e mi è venuta in mente una cosa. Probabilmente l'abbandonarsi acritico da parte di molti ad argomenti futili, al rimbalzare di pettegolezzi e vicende quotidiane e personali, alla ricerca di leggerezza, trascorrendo quindi la maggior parte del tempo in una sorta di ottusa e quieta inconsapevolezza, temendo ed evitando l'ascolto o la lettura di quanto metterebbe in discussione convinzioni e stili di vita, dev'essere un fenomeno istintivo legato alla sopravvivenza della specie. Una sorta di grooming sociale che permette l'aggregazione, presupposto fondamentale per un ritmo riproduttivo soddisfacente e facilitazioni nel gestire la  vita quotidiana, obiettivi difficili da raggiungere in una condizione di isolamento.
Interessarsi e mantenere desto l'interesse su argomenti apparentemente astratti e complessi, in cui è assente la narrazione di avvenimenti e vicende in modo tradizionale e facilmente riconducibile alle esperienze di ognuno, comporta uno sforzo e una dedizione non comuni. Implica una crescente difficoltà di comunicazione e comprensione con i propri simili, quindi un crescente isolamento che, appunto, non è funzionale alla sopravvivenza della specie. È comprensibile che la maggioranza delle persone segua la predisposizione a mantenere il linguaggio a un livello che consenta essenzialmente lo scambio di informazioni in funzione di un riconoscimento sociale e di accudimento reciproco, lasciando fuori dalla porta tutto il resto. Inoltre troppa consapevolezza può condurre alla paralisi, all'inazione, addirittura a diventare metaforicamente autistici.
Credo però sempre nella forza degli spiriti liberi. Credo che, in altro modo, essi siano un ingrediente indispensabile alla sopravvivenza della specie, e confido nella loro assunzione di responsabilità tanto quanto nella loro capacità di reggere sia il peso di questa sia quello di non essere spesso compresi, se non quando equivocati.

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