domenica 28 febbraio 2016

SPESE MILITARI

Per un ambizioso progetto letterario ho letto alcuni saggi storici e, tra questi, uno che tratta dell’industria meccanica italiana, nello specifico torinese, dal primo conflitto mondiale al secondo. La guerra ha fornito, con tutte le discriminanti del caso, un grande impulso alla produzione, diversificandola e specializzandola. La classica gallina dalle uova d’oro. Ora che siamo, a livello mondiale, in ristrettezze, o in austerity se preferite, una parte dei tagli è andata a colpire, specialmente in Europa, anche i settori militari e di conseguenza tutti i produttori di armi di ogni foggia e misura. Aziende divenute nei decenni  troppo grandi per fallire. E che non intendono fallire, tanto meno ne corrono il rischio, a dispetto di qualsiasi pressione popolare  ed eventuale decisione governativa.
Infatti nell'ultimo periodo c’è stata un’inversione di tendenza e diversi Paesi dell’Unione europea hanno riaperto i cordoni della borsa e generosamente. Complice la diffusione crescente di paura e preoccupazione per la propria sicurezza da parte del popolo che si adegua ai tagli dello stato sociale e accetta come magnanimità, cura e attenzione l’implemento di fondi in ambito difensivo. Per alcuni i migranti sono una vera manna.

Soluzioni intelligenti, lungimiranti, e ambiziose, convoglierebbero il denaro diversamente.

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