Non frequento i forum di
discussione: ci capito saltuariamente cercando informazioni su qualche
prodotto. Non m’inserisco nelle conversazioni ma leggo gli interventi.
Stamattina l’ho fatto perché cercavo precisazioni sulla posologia del Monuril.
A parte la diffusa convinzione che non si tratti di un antibiotico ma di un
disinfettante da prendersi associato ad altro antibiotico, per l’ennesima volta
mi sono scontrata con un’inquietante, per la sua diffusione, non conoscenza
della lingua italiana. E parlo di basi. Da pensare che certi errori vengano
fatti apposta. L’ignoranza non è una colpa e un paio di righe fa ero tentata di
scusarmi per quella che potrebbe essere interpretata come supponenza, ma non
intendo farlo perché è grave e inquietante quello che vien fuori. Sa di
analfabetismo. Sa di discriminazione. E se davvero il livello di scrittura è
questo che incontro mentre leggo, come si può pretendere una comprensione di
lettura da parte di queste persone?
I fiumi d’inchiostro, reale o
virtuale, che ogni istante ci travolgono, e tra i quali dovremmo saper
distinguere quelli d’acqua sana cui abbeverarci, per poterci districare e
riuscire a capire qualcosa di ciò che accade attorno a noi, a cosa servono? Chi
li legge? E cosa ne trae?
Gli ammennicoli elettronici,
nostre nuove propaggini per l’interconnessione e la comunicazione, dunque solo
per App, WathsApp, Onlineshop, e Candy Crush Saga? Induzione tanto pressante al quasi esclusivo
utilizzo ludico di strumenti altrimenti rivoluzionari, da richiamare alla
mente Giovenale*. Anziché contribuire alla crescita intellettiva, arrivano a
ottunderla anche in chi possiede una base culturale.
Come fanno queste persone ad
avere una visione analitica dei fatti? Come fanno a distinguere tra una tesi e
un’altra? A dare una valutazione sociale, economica, politica consapevole? Come
faranno a cavarsela coloro che stanno crescendo con questi unici ridotti
linguaggi?
*[…][populous] duas tantum anxius optat panem
et circenses
24 aprile 2015
(tutti i diritti riservati)
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