Ieri sera sono andata al cinema a
vedere il documentario di Ken Loach “Lo spirito del ‘45”. In inglese
sottotitolato. Non certo un film d’evasione ma sempre nell’accattivante stile
del regista. Chiaramente si è partiti da
relativamente lontano per spiegare l’oggi, e, senza pedanterie, il succo del
discorso, il messaggio che dovrebbe arrivare, è stato sapientemente riassunto
in poche frasi sintetiche riproposte più volte nel corso del filmato. Poche
parole e tanto su cui riflettere.
All’uscita del cinema la gran
parte dei commenti, espressi tra risatine e lazzi, era sull’essersi assopiti,
sulla barbosità, sul bianco e nero, sul dispiacere di aver perso un certo
programma in tivù, sul fatto che di Loach son meglio le commedie, sulla
considerazione che il documentario non fosse male ma Loach alla fine parla
sempre delle stesse cose…
Insomma, poteva risparmiarsi la
fatica il buon Loach, perché di ciò che ha detto non è arrivato un emerito
nulla. Sarà anche un modo di esorcizzare e proteggersi, lo sminuire e il mascherare
con vociare garrulo il silenzio meditativo che avrebbe dovuto accompagnare
l’uscita dalla sala ma non ne sono così certa. Alla fine refrattari li si diventa sul serio. Per sopravvivere.
Altrimenti si dovrebbe mettere tutto in discussione, a iniziare dalla nostra
quotidianità.
2 marzo 2015
(tutti i diritti riservati)
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