Crediamo che progredire
significhi avere più dei nostri predecessori. Non riusciamo ad
affrancarci da questa convinzione. Di fronte alle evidenti e
dilaganti ingiustizie e sofferenze, tutt'al più tacitiamo la nostra
coscienza al pensiero di quel po' di filantropia nel mondo che mette
una pezza qua e là. Ma la filantropia è siffatta per lasciare le
cose come stanno: da una parte chi dà e dall'altra chi riceve. Nulla
nella filantropia ha mai portato né porterà a un cambio di
paradigma. Forse perché non abbiamo ben chiaro cosa significhi benessere degli altri, cosa sia il benessere degli altri. Per come ci muoviamo, continueranno a esistere gruppi di persone che daranno
sostegno ad altre senza che venga messa in atto una strategia per far
sì che diminuisca il numero di coloro cui è necessario dare. Lo
stesso dicasi per la carità che esaurisce la propria funzione nel
momento in cui viene esercitata. È
il momento di dire basta. Il punto è che dal momento in cui
nasciamo abbiamo dei debiti intrinseci l'uno con l'altro. Ognuno di
noi è responsabile per ogni bambino morto per disidratazione, fame,
annegato, saltato in aria. Ognuno di noi lo è per ogni conflitto in
atto. Siamo responsabili in solidum per tutto quanto. Ma il massimo
che riusciamo a fare è donare il corrispettivo di un paio di
colazioni al bar. Dovremmo invece indignarci per ogni spot in cui ci
chiedono due euro, raccontandoci la favola che due euro sono pochi
per il singolo ma tanti singoli insieme possono fare la differenza.
La differenza la farebbe insultare e mettere alle strette chi ci prende per i fondelli e
dilapida milioni di euro per sovvenzioni a settori mortiferi. Chi
incentiva il razzismo o le diversità quali che siano per dividere
chi è sfruttato. Chi rende illegale rispondere alla propria
coscienza aiutando chi chiede aiuto, riparo, cibo. Ovunque nel mondo
proliferano leggi per impedire qualsiasi atto privato di solidarietà.
L'unica identità che ci viene riconosciuta è quella in cui noi
accettiamo di esistere per produrre, vendere e comprare. E
trasformarci a nostra volta, come è, in prodotti. La povertà è la
vergogna, è il tabù di questo millennio storto e malato. Su queste
basi la storia dell'umanità è finita.
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