venerdì 28 settembre 2018

CONTRO LA PLASTICA COMPOSTABILE


A fine agosto con un'amica ho trascorso una giornata in una spiaggia libera organizzata con un'ampia zona attrezzata in modo eccellente per umani con cani. Oltre a ciò, ovunque bidoni per la raccolta differenziata e tutti i contenitori alimentari del chiosco in materiale "compostabile". Derivati da canna da zucchero e amido di mais.
Ecco, io sono contraria all'utilizzo di tali materiali. So che può apparire quasi una bestemmia in questo mondo soffocato dalla plastica e che scegliere materiali biodegradabili possa apparire un comportamento virtuoso, etico, e responsabile, ma qualcosa non quadra. La prima impressione è stata di trovarsi in un'oasi felice, una rarità che dovrebbe essere regola. Chi potrebbe non auspicare una società tanto attenta all'ambiente? Il fatto è che si tratta dell'ennesima soluzione di superficie.
Quanta terra serve per produrre sufficiente canna da zucchero e mais da soppiantare l'utilizzo della plastica o diventare biocarburanti? Quante tonnellate annue di pesticidi e fertilizzanti occorrono? Quali danni irreversibili al suolo portano tali monocolture? Quali sono le condizioni dei lavoratori costretti a lavorare a cottimo e privi di tutele? Quali sono i reali costi di questa rivoluzione green?
Il punto non è sostituire la plastica ma rifiutare la cultura dell'usa e getta. Non è cambiando i materiali di qualcosa che utilizzeremo una sola volta che risolveremo il problema. Semplicemente lo sostituiremo con un problema diverso ma altrettanto serio. Dovremmo intanto iniziare facendo un reset del nostro modo di intendere la quotidianità. A partire, ad esempio, dalle grigliate tra amici, dalle mense, dalle scuole e ospedali, da tutti quei luoghi in cui si potrebbe con poco sforzo ritornare a ceramica e vetro. Smettere di credere che le risorse siano infinite. E non solo rinunciare agli imballaggi in plastica ma meditare anche sui cibi che vi sono contenuti, su quale sostenibilità abbiano. Piantarla una buona volta con la degenere filosofia dell' All you can eat. Di ogni prodotto imparare il concetto di supply chains, le catene di approvvigionamento, e non considerare solo il risultato all'interno del nostro portamonete. Riflettere che se paghiamo 750 grammi di passata di pomodoro 58 centesimi, forse qualcun altro da qualche parte sta pagando al posto nostro i costi nascosti che a noi sono risparmiati per renderci consumatori massivi e acritici. Del tutto, poi, incapaci di valutare fenomeni sociali e operare oculate scelte politiche.
Chi non comprende oggi la gravità della situazione, chi elude le domande implicite nell'attuale stato delle cose, ne scoprirà attonito le conseguenze tra qualche anno e l'unica cosa che potrà fare sarà incattivire sempre più, in un processo collettivo e inesorabile di caduta verso il basso.


6 settembre 2018

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