Credo di aver pensato alla morte
ogni giorno della mia vita da quando ho avuto un pensiero consapevole. L’ho
sempre considerata come un accadimento necessario per quanto doloroso. Vedevo ingiallire
le foglie degli alberi, le vedevo cadere
e, seccando, frantumarsi in pezzetti
sempre più microscopici, l’anno seguente ne apparivano di nuove, e ciò che
provavo era l’intuizione della perfezione.
Quando a otto anni trovai mio
nonno morto nel letto, a parte il sollievo evidente che la morte rispetto alla
lunga agonia che aveva sofferto gli stava procurando, mitigai il dolore
pensando: perché mai gli esseri umani dovrebbero avere un destino diverso da
piante e animali?
Per consolare mia nonna che, con
diverse scuse, avevo cercato di tenere il più a lungo possibile lontana dalla
stanza da letto, ricordo che le dissi, tra le altre cose, che era impossibile
non morire. Pensa, le dissi, se nessuno morisse, non basterebbe lo spazio, il
cibo, le case, non basterebbe l’universo intero alla lunga.
Quando al liceo studiando fisica
lessi questa cosa, che tutto va inesorabilmente dal caldo al freddo e mai il
contrario, la seconda legge della termodinamica, pensai che gli uomini in realtà l'energia la consumano solo e non ne producono per nulla (la scovano, la trasformano, la usano, la commerciano, ...), per cui aumentando il numero di umani in
modo esponenziale, l’energia in tutte le sue forme si sarebbe esaurita anch'essa
sempre più velocemente degradandosi senza poter essere più utilizzabile. Quindi
la morte è funzionale alla vita, fu la mia conclusione e, da allora, ci convivo
serenamente.
Il lutto e la perdita, lacerano l'anima
ma la morte in sé non ha nulla di brutto.
La morte è solo una delle sembianze
attraverso cui la vita si manifesta.
Certo è che i nostri metodi di
sepoltura mettono barriere al ciclo naturale e i nostri cimiteri sono
ingombranti. Quasi dieci anni fa lessi il libro "Stecchiti" di Mary Roach e in un
capitolo trovai la storia di una donna dell’Europa del nord che aveva avviato,
animata da autentico amore per il prossimo e per il creato, un’azienda per il
compostaggio dei cadaveri. Pensai che fosse un’ottima idea e che volentieri
avrei fatto fare quella fine al mio corpo, solo che considerando l’inquinamento
generato dal trasporto dello stesso, avrei vanificato l’intento di diminuire la
mia impronta ecologica. L’idea del chilometro zero restava basilare. Ora però
si sta diffondendo, se pur lentamente, una filosofia verde anche nel settore
pompe funebri, per cui dalle bare fai da te in semplici assi di legno all’intrigante
Capsula Mundi, forse realizzerò questa mia minima ultima volontà. Se da vivi
far danno ci è quasi inevitabile, che almeno da morti si possa esserne
esonerati.
p.s. tra le notizie sull'argomento ho trovato, a proposito della cremazione, la possibilità offerta da una ditta di pompe funebri, di procedere alla diamantificazione del defunto partendo dalle sue ceneri!
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