Oggi ho ucciso un pezzo di mare.
Probabilmente lo faccio più spesso di quanto io creda.
Mi sono concessa una porzione
telline alla camarguese con un bicchiere di vino bianco. Minuscole telline
servite in abbondanza ogni giorno e quasi in ogni locale della Camargue.
Ai tavolini accanto, fritture di
minuscoli pesci, altrettanto minuscoli moscardini in insalata con le patate.
In una frenesia di
somministrazione e ingestione.
Per metterci il carico, il vino è stato servito in
bicchieri di plastica trasparente.
Notando che osservavo i vassoi serviti al tavolino accanto, il cameriere mi ha offerto un assaggio di frittura.
Lungo la battigia, di anno in
anno, trovo sempre meno conchiglie.
Singolare quanto all'estero ci si
senta liberi di parlare la propria lingua incuranti di ciò che si dice, al
punto da fare osservazioni su chi passa vicino, certi di non essere compresi.
Oggi, 25 aprile, Saint Maries de la mer pullula di italiani. Tutti
indistintamente commentano come mai farebbero a casa propria.
Mi sono messa sulla spiaggia a
leggere dietro a un muretto al riparo dal vento. Mi sono spogliata e sono
rimasta in biancheria (sobria e castigata in cotone grigio). Non mi sono
accorta di una presenza maschile arrivata sulla passeggiata alle mie spalle ma
ho sentito i passi e la voce di una donna che lo apostrofava:
«Ho capito perché ti sei fermato
qui.». Ad alta voce a neanche due metri da me che mi sono sollevata a guardare
nella loro direzione incontrando lo sguardo di lei.
«Ma inutile che fai il finto
tonto... tanto non hai visto bene, si è girata, avrà più di quarant'anni.»
Considerato che ne ho
praticamente cinquanta, è andata bene così.
Mi chiedo perché, visto che in
alcune panetterie fanno delle baguettes squisite, molti francesi acquistino
quelle dei supermercati, cotte da surgelate, identiche a quelle che trovo nei
supermercati in Italia.
Ho visto una corrida in
televisione. La cocarde. Mi è piaciuta. Una meraviglia quei bei ragazzi
atletici che praticamente volano. Un po' rudi con l'animale ma d'altronde
giocano con un toro.
Al ristorante delle telline un
suonatore ambulante di chitarra ha intonato canzoni popolari spagnole. Avrà
avuto più di cinquant'anni, basso, scuro di pelle, sinceramente
cordiale, e una gran bella voce.
E occhi simili a quelli di chi mi suggerì questa destinazione diversi anni fa.
Una piccola Spagna in cui si
parla francese.
Mi piace guidare in Camargue.
Mi sento blasfema nel dirlo,
pensando a tutti gli articoli che ho scritto sulle automobili, ma percorrere in
auto queste strade mi rilassa in modo inaspettato. Nessun ostacolo alla vista,
il giorno che non finisce, il vento, i canneti, laghi improvvisi, animali che
attraversano.
Nessun rischio di perdersi e la
voglia di proseguire all'infinito.
Svegliarmi, fare un caffè, berlo
al freddo davanti alla staccionata, scavalcarla in camicia da notte e chiamare
i due stalloni arabi per dar loro il buongiorno. Fraternizzare con il gallo ma
non riuscirci con il gatto suo amico. Riempirmi gli occhi di verde e di blu.
Sdraiarmi nel campo con i cavalli che brucano vicino e nel cielo uccelli
migratori che planano verso le risaie da pochi giorni allagate.
Ogni essere umano dovrebbe poter
vivere così. In assoluta empatia con ciò che lo circonda.
Avremmo solo bisogno di spazio,
di verde e di azzurro. Solo di questo. Di spazio in ogni sua forma e manifestazione. Ed è ciò che ci stanno sottraendo, che permettiamo ci venga sottratto.
Dopo che ho visto cosa è in grado di saltare un toro, certe recinzioni mi preoccupano.
Ho scoperto che mi piace la pianura.
È strano sentirmi a casa a Saint Gilles.
Ho persino un mio posto segreto cui si arriva violando un divieto d'accesso. Mi siedo e guardo il piccolo Rodano passare. Un ottimo posto per scrivere. Un'ottima prospettiva da cui riconsiderare le cose.
Il livello di inquinanti che il Rodano porta a campi, vigne, e saline, è impressionante.
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