Abbiamo a disposizione una marea
di informazioni e non possiamo farne nulla.
Non possiamo noi in quanto individui singoli nella quotidianità delle
nostre esistenze. Non possiamo né gestirle, né quindi metterle a frutto. Già
dimostriamo di non saperlo fare quando sono poche e semplici: andiamo in
corto circuito nel momento in cui una di esse mette in discussione la struttura
della nostra vita. Nell’era dei data center e delle clouds, come fare, cosa
fare, se non delegare? L’ultima, inevitabile, consequenziale delega.
La maggior parte delle notizie
cui accediamo online, quelle che ci appaiono quando apriamo una pagina web, non
quelle che andiamo a cercare con selezione delle fonti, è il risultato del
lavoro di bot: programmi che lavorano a partire dai nostri percorsi online per
creare un habitat a noi confacente o con richiami a ciò che grosso modo ci
potrebbe interessare. Nel giro di un decennio o poco più la maggior parte di
ciò che visualizzeremo e leggeremo avrà tale origine. Personalizzata.
Riceveremo notizie da sempre meno fonti in un processo di internet centrismo già
ampiamente riscontrabile. Più che una finestra sul mondo il nostro pc diventa
una finestra su noi. Ognuno con la propria in cui riconoscersi, sentirsi
compreso e quindi gratificato. Avremo l’impressione di essere aggiornati e
informati, di non esserci persi nulla di ciò che importa non perdere, di essere
condivisi, e ciò grazie alla natura stessa dei social network che si autodefinisce
comunitaria ma si limita ad amalgamare opinioni affini. Per chi cede alla malia
di questo flusso il destino è inesorabilmente uno: potenziale cliente. O come
dice l’amico Maurizio Maggiani, carne da dividendo.
novembre 2014
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