Ho voglia di silenzio. Vorrei
fare una vacanza. Anche qui a casa. Tanto son tempi di magra. Una decina di
giorni. Staccare il telefono. Disconnettermi. Senza persone che si offendano,
senza persone che si preoccupino. Soprattutto senza perdere il lavoro o
occasioni di lavoro, senza compromettere nulla. Amici e conoscenti si possono avvisare. Ti guardano strano ma
poi se ne fanno una ragione. Ma è il mondo intero che ti vuole reperibile. In
qualsiasi ambito professionale e lavorativo ci si ritrovi, non ci si può
esimere. Se si è precari, disoccupati, flessibili, mobili, la faccenda è la
medesima. Ci si è messi in vendita sulla rete e non ci si può concedere il
lusso di rispondere a un’email o a un
Whatsapp in differita di qualche ora o, sia mai, di un paio di giorni.
Prendersi una pausa diventa una scelta radicale. È assurdo, è sbagliato, è
offensivo. Tutta questa faccenda della comunicazione, per come ce la stanno
passando, è un insulto all'intelligenza. Non perché non sia utile trasmettere
informazioni e dati in tempo reale ma
perché l’impegno necessario, o propugnato come tale, per stare al passo è inaccettabile.
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