Ho sognato rivoluzioni. Ho
fantasticato di questi splendidi ragazzi intelligenti e beneficiati da una
tecnologia impensabile anche solo venti anni fa. Ho pensato che se io, con i
modesti mezzi a disposizione quando avevo la loro età, ho maturato una visione,
essi, immersi in essa, la vivranno e condivideranno a un livello tale che potranno
essere artefici di un’entrata trionfale nel terzo millennio. Ho presunto il
medesimo pathos che animava me e che ancora mi tormenta e mantiene viva. Ho
ritenuto che se la velocità e il continuo flusso di dati e informazioni li ha
distolti e distoglie dalla
contemplazione e dall'apprendimento che ne deriva, io, come altri, avrei potuto
compensare offrendo il contributo di una vita all'insegna dell’osservazione,
della ricerca dei minimi comun denominatori, del filo rosso che tutto unisce.
Ho fantasticato di trasmettere le peculiarità di un approccio umanistico, dove
tutti i saperi sono legati e interdipendenti. Le peculiarità dello spirito
critico, dell’analisi e della sintesi. Ho sognato che avrei visto occhi
sgranati nello smarrimento di un’improvvisa lucidità, lo stupore di trovarsi
tra le mani una chiave di lettura capace di ridurre il frastuono e far emergere
la sostanza delle cose e la connessione tra esse. Il comprendere
improvvisamente la forza, la potenza di poter unire le proprie capacità e la
facilità di attuarle, alla consapevolezza e a una folgorante visione di
insieme. Quello stato di grazia e quella passione che nella storia umana hanno permesso a individui comuni di cambiare in meglio le
sorti del mondo.
Invece è stata sufficiente una
cena in compagnia di alcuni esponenti di questa meravigliosa, seducente,
magmatica generazione, per desiderare solo più di finire la bottiglia e tornarmene
a casa.
Dicembre 2016
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