martedì 10 dicembre 2013

RIVOLUZIONE 3

9 dicembre, ore 13.00 
Non so che a sprazzi ciò che accade nel resto d’Italia. Domani leggerò i giornali. 

Imperia. 
Incroci principali, casello autostradale e binari bloccati. Tutti su Oneglia e fino a quella terra di nessuno dove ha sede il Comune. A porte sprangate e presidiate da alcune divise. Crocicchi di giornalisti, politicanti, osservatori con aria di sufficienza. Dentro al Comune i rappresentanti della società civile, eletti ma rintanati, e i dipendenti statali. Qualcuno a sbirciare dalle finestre e dal terrazzo sul tetto a filmare con un Ipad. I piccoli esercizi commerciali chiusi. Aperti supermercati e negozi in franchising. Poche facce note o, meglio, tante assenze evidenti. Ma si era sparsa la voce: dietro c’è Forza Nuova. Voci nel corteo rincarano la dose: è Scajola che li manovra per mettere alle strette l’attuale giunta. Come dire: se l’idea è buona ma se ne appropria anche un nemico allora è contaminata. Il pensiero di partecipare per mettere in minoranza chi cavalca il malcontento non ha sfiorato le menti dei sedicenti autentici rivoluzionari. 
Tanti i commercianti, ma se non ci fosse stata la faccenda ancora calda della Tarsu, presumibilmente non ci sarebbero stati. In piazza contro le tasse. Per moltissimi nel Paese sarà stato così. Motivazione legittima a fronte di balzelli esosi/ingiusti e senza adeguata corresponsione di servizi. Se un deus ex machina, però, calasse dal cielo ad annullare cartelle esattoriali e bollettini postali, il bianco e nero lascerebbe posto al colore, uscirebbe il sole e gran parte dei manifestanti se ne tornerebbe a casa. Con buona pace della rivoluzione. 

Un signore dal ponte Impero vuole salire all’ospedale a trovare la moglie. Ci andrai un’altra volta. Oggi no. E non sentono ragioni. 
Una giovane donna sudamericana in scooter chiede di passare per andare a lavorare. Glielo impediscono. Lei replica: voi non avete idea…dovreste conoscere la realtà del mio Paese… Risposta: Puttana brasiliana tornatene da dove sei venuta. 
Ecco, sconfitti prima di partire. Non capire un emerito cazzo. 

Frammentazione del malessere.
Ognuno angustiato per le personali beghe. Preoccupato per il proprio orticello. Offeso nella dignità e giustamente stanco. Così estenuato da essere pronto ad affidarsi a voci urlanti e marziali.
Incapacità di vedere il comun denominatore. Ciò che fiacca e strema le genti di tutto il pianeta. Di scorgerne le cause prime. Di identificare una responsabilità definita.
Un’abbagliante teoria di specchietti per le allodole. L’assessore locale, il sindacalista venduto, il “decaduto” nazionale, la furba cancelliera, i parlamentari ladri e incompetenti, l’euro e l'Europa, gli immigrati, gli investitori esteri, le banche, il vicino di casa …
Da troppo tempo ammaliati da zuccherose promesse, improvvisamente con l’acqua alla gola, confusi ci si arrabatta a trovare un colpevole prossimo.
Ogni “gruppo” con il proprio malcontento vuole essere riconosciuto come categoria, desidera una specifica e mirata attenzione. E almeno questo viene concesso. Concesso dall’alto perché funzionale. Ogni disagio va incanalato in un movimento. In nome di una pseudo democrazia, di pseudo diritti che rendono difficoltosa l’unione, e favoriscono una sorta di narcisismo delle differenze che disperde l’energia e agevola il mantenimento della condizione che determina il malessere. Il classico cane che si morde la coda. E intanto ci sembra di far chissà cosa. 

Il Movimento 9 dicembre. Un ceto medio impoverito, famiglie alla canna del gas, una destra da strada, manovrata o meno, studenti, ultras, estrema sinistra, autonomi, disoccupati, trasportatori, coltivatori, un bel miscuglio di disperazione, speranza, furbizia, rabbia, e qualche burattinaio. 

Urlano: chiudete, chiudete, dovete aderire alla manifestazione. 
Suona proprio male nella memoria. Anche quella recente di Alba dorata. 
Come il volantino con la scritta I VERI ITALIANI SI FERMANO. I veri. 

Sono giuste le parole scritte, ma l'aria che respiro non mi convince.

Non mi piace nessuna tipologia di violenza. 
Non mi piace la violenza praticata dal potere. Ancora meno quella praticata da chi il potere lo vuole mettere gambe all’aria. Perché inevitabilmente si ritorcerà contro i disperati. 

Divide et impera. O come scriveva Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo: bisogna che tutto cambi affinché tutto resti com’è. 






9 dicembre 


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