giovedì 2 gennaio 2014

TWITTER

I post che scrivo girano in automatico su twitter. Non sono tweet, anzi sono esattamente il contrario. Un uso improprio forse ma ho la formazione da tema di scuola, e la battuta pronta, l’intervento immediato e conciso, oltreché chiaramente opportuno, il commento sagace, o il rimando tempestivo alle parole di qualcun altro non sono mai stati il mio forte. Anche perché non passo le mie giornate a leggere tutto quello che si scrive, piuttosto a sbarcare il lunario. Certo ho un’idea aggiornata di cosa accade nel mondo ma non mi viene proprio da buttar lì poche righe e farle entrare nel flusso. 

A volte penso che se ai tempi del liceo ci fossero stati il pc e anche internet, la mia compagna di liceo Gallesio ed io avremmo fatto faville, e, forse, non sarei stata costretta a interrompere gli studi a vent’anni. Ma questo è un pensiero a parte. 

Poi mi domando, sbirciando sui vari account di twitter e notando l’alto numero di following che certe persone hanno, ma veramente c’è chi segue tutto sul serio? Chi, pur scremando, d’accordo, legge per lo meno la gran parte di ciò che viene twittato dalle persone seguite? Io proprio non ce la faccio. Ho l’impressione che sia un po’ come la raccolta delle figurine, che si tiri ad averne il maggior numero e di giocatori buoni, di quelli che in cambio te ne danno un mazzetto. Me l’han detto in parecchi, se vuoi che ti leggano devi avere il maggior numero di follower possibile e nel mucchio qualcuno ti leggerà, e per averne un tot devi seguirne almeno dieci volte tanto. Certo ritwittare e conversare danno prestigio e visibilità, quanto la validità dei contenuti, e non basta avere i grossi numeri, ma non riesco a togliermi dalla testa che si tratti più che altro di voler stare in mostra. Di gratificare quella parte in noi che vuole sentirsi partecipe senza troppa fatica. 

Lascerò che sulla mia pagina twitter continuino a finire i post del blog, su cui scrivo con i tempi che mi appartengono, consapevole che difficilmente saranno letti, ma sento insinuarsi sempre più forte l’intenzione di abbandonare l’esperienza intrapresa da poco meno di un anno per tornare, nel poco tempo che ho da dedicare all’intelletto, alla narrativa. Mettere mano alle troppe cose lasciate nel cassetto. Il libro stampato continua ad essere nel mio immaginario più rassicurante ed efficace.

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