lunedì 15 luglio 2019

SAREMO AFRICA



Treno direzione Genova. Entro nello scompartimento. Di quelli rialzati con i gradini, con meno posti a sedere degli altri. È quasi pieno. Africani. Subsahariani. Trovo due sedili liberi, mi siedo lato finestrino. Alla fermata successiva sale un africano piuttosto anziano con una grande borsa di plastica di cose da vendere. Sposto la mia roba e gli faccio cenno di accomodarsi. Ci guardiamo per un secondo poi più nulla. M'incanto a guardare il mare che scorre a pochi metri dalle rotaie. Incantevole residuo di villeggiature d'altri tempi, destinato alla dismissione, tratta dopo tratta. Alle orecchie giunge il suono di una lingua sconosciuta ma famigliare. Alle narici l'odore intenso di un popolo lontano. Resto con lo sguardo sul mare. Improvvisamente sono lungo una linea ferroviaria africana. Straniera in terra altrui. Parrebbe. Il fatto è che sto bene. Quest'intenso senso di straniamento mi procura un inatteso e profondo stato di benessere. Non mi sento per nulla straniera. È tutto normale. Sto abitando il mondo reale. La contaminazione. Inevitabile e pacificatrice. Il pensiero che, non tanto numeri alla mano ma consapevolezza del restringimento del pianeta, saremo Africa sblocca il diaframma. Siamo Africa. Lo saremo sempre più. Così dev'essere. Con lucidità vedo lo svolgersi della storia dell'uomo. E sorrido. Ringrazio. Mi rincresce per chi non riesce a vedere, a sentire. Prego ogni giorno affinché sempre più persone si affranchino dalla paura e riescano a provare il medesimo sollievo che provo io in questo momento.

Giugno 2019

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