Trascrivere ciò che si studia è sempre stato un buon metodo di apprendimento .Ricordo che, ai tempi del liceo, la mia compagna di banco ed io utilizzavamo questo metodo per mandare più facilmente a memoria le lezioni. Si presta maggior attenzione, come quando si legge ad alta voce.
Trascrivere però per me ha anche un altro valore: è un espressione di rispetto e gratitudine nei confronti di chi ha scritto in modo onesto, bello, efficace qualcosa che condividiamo. Limitarsi, come usa oggi, nella migliore delle ipotesi a un copia e incolla o nella peggiore a un like, è troppo comodo. Non comporta una vera partecipazione.
Per questo dopo aver letto stamattina l'editoriale di Giovanni De mauro su Internazionale, ho deciso di mettermi qui e copiarlo parola dopo parola.
TENTARE
Ci sono questioni che definiscono un'epoca e di fronte alle quali non si può rimanere neutrali. La crisi dei migranti è una di queste. O pensiamo che tutti abbiano il diritto di muoversi liberamente, di attraversare le frontiere e di vivere dove preferiscono, indipendentemente dal paese in cui sono nati, dalla loro condizione economica e dal colore della pelle, oppure al contrario pensiamo che questo diritto ce l'abbiano solo alcuni, e che tutto dipenda dal passaporto che si ha in tasca e da quanti soldi si hanno in banca. Non è un caso se Angela Davis ha definito il movimento dei migranti il movimento del ventunesimo secolo. Perché la posizione che abbiamo sulla crisi dei migranti, le risposte che diamo, quelle di lungo periodo e quelle immediate, nelle città o in quanto nazioni, sull'autobus o al lavoro, dicono chi siamo come individui e come collettività. Dicono che idea abbiamo delle relazioni tra le persone, se troviamo accettabile vivere sapendo che il nostro benessere è reso possibile dallo sfruttamento di altri esseri umani e delle loro risorse, o se invece pensiamo che questo non sia tollerabile. Se siamo convinti che il mondo vada bene com'è, oppure se pensiamo che sia necessario tentare di cambiarlo per renderlo un posto migliore e più giusto.
Giovanni De Mauro
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