lunedì 2 marzo 2015

#CONFLITTI BELLICI

Mi piaceva giocare a Risiko da ragazza, con mio padre. Alla lunga, però, le carte degli obiettivi le sapevamo a memoria, per cui lui s’ingegnò a scriverne degli altri su dei foglietti che incollò con cura coprendo quelli che ormai erano per noi facilmente individuabili nell’avversario. Non ricordo come, aveva anche studiato un sistema per limitare l’incidenza dei dadi nell’esito del gioco. Si era davvero sbizzarrito nello scrivere quei nuovi obiettivi. Conquistare catene di stati che partivano da un golfo per raggiungerne un altro attraverso tutti i continenti. Conquistare tutti gli stati che fossero uniti da un confine via mare, uno stretto, un canale. Conquistare tutti quelli con fiumi importanti, tutti quelli maggiori produttori di una certa risorsa (precisi e dettagliati elenchi stavano in mezzo al libretto con le regole del Risiko). Non era così facile a quel punto impostare la propria strategia bellica perché il fatto che il nemico occupasse certi territori non significava più che fossero quelli cui era principalmente interessato. Ma non era tanto questo a essere importante o rivelatore, quanto la sopravvenuta coscienza della complessità, delle diverse prospettive, e della necessità di saper veramente vedere.
Stasera leggo gli articoli conservati da giornali che come sempre non ho avuto il tempo di leggere. Ho preso l’atlante (del ’95) e l’ho sfogliato alla ricerca dei luoghi i cui nomi incontro durante la lettura. È così evidente cosa sta accadendo nel mondo e perché. E lo è altrettanto la forza del cambiamento in cui siamo immersi. È in atto una di quelle trasformazioni epocali nella storia dell’uomo, la cui portata conosceranno i nostri figli e nipoti.
Il punto non è capire che tutti i fatti che avvengono attorno a noi, e sempre più vicino, parlano di un’evidente questione di potere, dominio, risorse, supremazia culturale da una parte, e di disperazione, bisogno, rabbia dall’altra, ma che se ci sono questa corsa chiaramente diffusa e spasmodica all’accapparramento e alla conquista, e in contemporanea un determinato e metodico innalzamento di muri, che siano di cemento, filo spinato o parole poco conta, significa che un motivo c’è. Un comun denominatore. Il filo rosso che dovremmo individuare se vogliamo comprendere gli avvenimenti.
Nel caso specifico, si tratta della comprovata trasformazione in atto del pianeta, della vita sul pianeta. A causa nostra e malgrado noi. E chi può cerca di pararsi il posteriore per il maggior tempo possibile con qualunque mezzo a disposizione.


Febbraio 2015


(tutti i diritti riservati)

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