Lasciando fuori qualsiasi considerazione politica in merito, questa notte seguendo la rassegna stampa relativa alle reazioni dell'Unione Europea, alle variazioni dello spread, e ai commenti generali, riguardo la manovra economica italiana, con Tria che abbandona l'Ecofin (che sarebbe il Consiglio dell'Unione Europea quando è formato dai ministri delle Finanze dei Paesi membri), mi sono chiesta: Ma non è che critiche e condanne ci sarebbero state comunque? E cioè non a causa dell'errore "oggettivo" di una scelta economico finanziaria ma banalmente perché non in sintonia con l'imperativo ideologico imperante di crescita? Non so perché la mia attenzione si è focalizzata sull'accusa di Bruxelles: è tutto fuori dalle regole. Anche una proposta ineccepibile sarebbe stata liquidata malamente se fuori dalle regole? A questo punto della storia contemporanea il dubbio è legittimo.
martedì 2 ottobre 2018
IL DUBBIO
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venerdì 28 settembre 2018
CONTRO LA PLASTICA COMPOSTABILE
A fine agosto con
un'amica ho trascorso una giornata in una spiaggia libera organizzata
con un'ampia zona attrezzata in modo eccellente per umani con cani.
Oltre a ciò, ovunque bidoni per la raccolta differenziata e tutti i
contenitori alimentari del chiosco in materiale "compostabile".
Derivati da canna da zucchero e amido di mais.
Ecco, io sono contraria
all'utilizzo di tali materiali. So che può apparire quasi una
bestemmia in questo mondo soffocato dalla plastica e che scegliere
materiali biodegradabili possa apparire un comportamento virtuoso,
etico, e responsabile, ma qualcosa non quadra. La prima impressione è
stata di trovarsi in un'oasi felice, una rarità che dovrebbe essere
regola. Chi potrebbe non auspicare una società tanto attenta
all'ambiente? Il fatto è che si tratta dell'ennesima soluzione di
superficie.
Quanta terra serve per
produrre sufficiente canna da zucchero e mais da soppiantare
l'utilizzo della plastica o diventare biocarburanti? Quante
tonnellate annue di pesticidi e fertilizzanti occorrono? Quali danni
irreversibili al suolo portano tali monocolture? Quali sono le
condizioni dei lavoratori costretti a lavorare a cottimo e privi di
tutele? Quali sono i reali costi di questa rivoluzione green?
Il punto non è
sostituire la plastica ma rifiutare la cultura dell'usa e getta. Non
è cambiando i materiali di qualcosa che utilizzeremo una sola volta
che risolveremo il problema. Semplicemente lo
sostituiremo con un problema diverso ma altrettanto serio. Dovremmo intanto iniziare facendo un reset del nostro
modo di intendere la quotidianità. A partire, ad esempio, dalle
grigliate tra amici, dalle mense, dalle scuole e ospedali, da tutti
quei luoghi in cui si potrebbe con poco sforzo ritornare a ceramica e
vetro. Smettere di credere che le risorse siano infinite. E non solo
rinunciare agli imballaggi in plastica ma meditare anche sui cibi che vi
sono contenuti, su quale sostenibilità abbiano. Piantarla una buona
volta con la degenere filosofia dell' All you can eat. Di ogni
prodotto imparare il concetto di supply chains, le catene di
approvvigionamento, e non considerare solo il risultato all'interno
del nostro portamonete. Riflettere che se paghiamo 750 grammi di
passata di pomodoro 58 centesimi, forse qualcun altro da qualche
parte sta pagando al posto nostro i costi nascosti che a noi sono
risparmiati per renderci consumatori massivi e acritici. Del tutto,
poi, incapaci di valutare fenomeni sociali e operare oculate scelte
politiche.
Chi non comprende oggi la
gravità della situazione, chi elude le domande implicite
nell'attuale stato delle cose, ne scoprirà attonito le conseguenze
tra qualche anno e l'unica cosa che potrà fare sarà incattivire
sempre più, in un processo collettivo e inesorabile di caduta verso
il basso.
6 settembre 2018
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UNA POESIA
VONGOLE
Dopo il respiro lento a dare la sabbia
questo momento lungo ammonticchiate
sotto a un’acqua che si scalda di
grado in grado
state severe chiuse ostinate
A trattenere immobili tra le valve
la vita unica vostra conosciuta
fino alla resa speranza che il calore
mortale
non venga dall'esterno il dolore
Forse appartiene al cosmo
del dentro, allora aprirsi
ingoiare il fiato di liquido fresco
che ancora forse verrà da fuori
Le stolte!
Alcune con quale tenacia invece
resistono a schiudersi.
Lo sanno
Ma infine anche l’ultima cede
2014
(presente nell'antologia Riflessi di Ponente - Edizioni La Vita Felice)
mercoledì 19 settembre 2018
IL MOLO DAGLI SCOGLI MORBIDI
È
interessante osservare come nascono convenzioni e narrazioni nei
gruppi sociali. È
sufficiente dare un'area circoscritta frequentata e vissuta da un
certo numero di individui per constatare, dopo un certo lasso di
tempo, la nascita di codici comportamentali propri ed esclusivi di
quella data area. Non importa che tali codici siano comprensibili
all'esterno, che venga pregiudicata la comunicazione, conta solo che
consentano il mutuo riconoscimento all'interno del gruppo
costituitosi.
I
linguaggi sono il risultato dell'incrocio delle esperienze e delle
indoli individuali ma sono in gran misura veicolati dai luoghi,
luoghi che
fungono da mezzo di comunicazione anche tra parlanti privi di
conoscenza reciproca e di idioma comune. Dai luoghi nascono emozioni e idee. Dai luoghi nascono parole. Quindi pensieri, intenzioni, azioni.
Ed
è di un luogo che voglio raccontare: un molo di Borgo Prino a
Imperia frequentato da villeggianti, più o meno gli
stessi di anno in anno, e da autoctoni. Ognuno si fa i fatti propri,
ci si scambia un segno di saluto e un sorriso per l'abitudine a
incrociarsi e talvolta un paio di battute su clima e mare. Nessuno lo
insozza o lascia rifiuti. È un bel posto, ci si sta bene e tutti fanno in modo che ci
si continui a star bene. A me piace andarvi al mattino molto presto e
ho un mio scoglio preferito che, tra me e me, ho sempre considerato
uno scoglio morbido perché comunque mi ci sdrai sto sempre comoda.
Capita che arrivi in ritardo e trovi il molo deserto a parte qualcuno
che ha già occupato il “mio” scoglio. Evidentemente, penso, non
sono l'unica a trovarlo morbido, e dirotto su uno degli altri scogli
che, nel tempo, ho appurato sufficientemente comodi. Ho sempre notato
che i frequentatori del molo hanno, ognuno, una zona preferita ma,
alla terza occasione in cui, percorrendo il molo per andar via, ho
sentito dire da qualcuno rivolto a chi era in sua compagnia, mi metto
qui perché questo è uno scoglio morbido, ho avuto conferma della
forza che hanno i luoghi nel creare il linguaggio. Di farlo sgorgare
nell'animo delle persone in modo indipendente le une dalle altre. Mi
ha messo di buon umore scoprire che degli scogli abbiano potuto comunicare l'idea della morbidezza a più persone senza che queste ne abbiano
parlato tra loro.
Penso
a quante persone vivono in luoghi inospitali. Che siano baraccopoli,
terreni minati, terra crepata priva di acqua, periferie degradate,
abitazioni malsane, o qualunque altra condizione analoga. Quali
linguaggi possono nascere da tali luoghi? Quali pensieri e azioni? E
noi, esseri umani, continuiamo a imbruttire ciò che resta. Salvo
proporre a caro prezzo e per pochi un surrogato di bellezza con opere
di gentrificazione e con la creazione di ricche enclavi circondate da
alti muri,
Sul
molo del Prino, ognuno ha trovato il proprio scoglio morbido, quello
che meglio si adatta alle proprie ossa, ma ci si scambia il giaciglio
di buon grado perché si è capito che si sta bene ovunque ci si
metta e che tutti hanno rispetto del luogo e lo tengono bene. E ci si
scambiano sguardi cordiali, soddisfatti del comune benessere.
È
la bellezza che educa il cuore. Senza di essa l'intelligenza non avrà
peso sufficiente.
Resto
dell'idea che di questa terra si debba fare un unico luogo comune,
bello, sano e accogliente, da condividere. Ed è ancora possibile
farlo.
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sabato 15 settembre 2018
RIFLESSI DI PONENTE
Il piacere di essere presente nell'antologia poetica edita da La Vita Felice, dedicata alla Liguria di Ponente. Un ringraziamento all'editore Gerardo Mastrullo e al curatore e amico Carlo Giorgetti.
SESSO E APOCALISSE A ISTANBUL
Raramente
scrivo recensioni di libri. Mi piace consigliare la lettura di quelli
che, per un motivo o per l'altro, possono a mio giudizio arricchire
chi legge ma ritengo non esistano recensioni esaustive. Credo sia
giusta l'asserzione che di un testo esistano tante versioni quanti
sono coloro che lo leggono. Ho però deciso di recensire, ancor prima
di leggerlo, l'ultimo romanzo di Giuseppe Conte, “Sesso e
apocalisse a Istanbul”, stuzzicata dai molti giudizi negativi che
ho sentito. Riassumendo i commenti sono stati: un testo privo di
contenuti e idee, un'accozzaglia di volgarità fine a se stesse, il
delirio di una persona con frustrazioni non più controllabili.
Ho
terminato di leggere mezz'ora fa e ho deciso di scriverne
immediatamente.
Partirei
dall'avvertenza al lettore, in cui l'autore dichiara sostanzialmente
che Io è un altro. Non si tratta, per me, di un
mettere le mani avanti o lavarsele a fronte di prevedibili critiche
ma di una chiara dichiarazione d'intenti che mi ha fatto pensare alla
teoria recitativa di Stanislavskij. Teoria che presuppone
l'abbandono dello “stato attorico”, in cui l'interprete simula
stati d'animo che non sono suoi, per arrivare a una condizione in cui l'attore cede invece se stesso al personaggio in
un'operazione di identificazione assoluta, preparata da uno studio
accurato del personaggio e del suo ambiente, al punto che lo
spettatore non potrà che vedere sulla scena il solo personaggio e
non più l'attore. Conte di riferisce secondo me a un procedimento
analogo, l'unico che potesse permettergli di raccontare ciò che
racconta senza apparire didascalico o saccente. Ha deciso di essere
specchio del mondo e il mondo è volgare. Non lo è lo scrittore.
Egli semplicemente presta se stesso e la propria capacità narrativa
a un narratore che è lui ma non è più lui.
Quanto
alla mancanza di contenuti ed idee, direi che ce ne sono in
abbondanza anche se appena accennati. Nessun approfondimento, nessun
giudizio, se non breve e lasciato scivolare qua e là, forse nella
speranza che, in questa società con deficit d'attenzione, possa
essere proprio la brevità a far attecchire un qualche spunto di
riflessione. Solo un disseminare informazioni e accadimenti con una
noncuranza che è specchio puntuale della noncuranza con cui
accogliamo ed espelliamo in gran fretta, anche per limiti di
capienza, l'eccesso di fatti che sono la nostra storia umana
contemporanea.
I
fatti di piazza Taksim e del Gezi Park, l'evolversi delle posizioni
dell'Europa nei confronti della Turchia, e della Grecia, il
capitalismo autoritario della Cina in Africa, la diaspora delle
bellezze dell'Est dopo il crollo dell'Unione sovietica, il commercio
di carne umana, il fascismo e la finanza globale, la povertà in
Russia, compensata un tempo da sogni di grandezza che culminavano nel
volo di Gagarin e oggi dal poter accedere a qualche ammennicolo
elettronico e a qualche soggiorno all'estero, il mai abbastanza
approfondito fenomeno sociale dei foreign fighters, i concetti di
fede e di purezza, di una forza vergine e di una lotta che dovrebbero
spazzare via dal mondo ogni forma di sopraffazione ed empietà e far
regnare nel mondo onore e giustizia. E, ancora, la Siria in fiamme,
il traffico di armi per Assad, di armi contro Assad, di armi per i
Curdi, di armi per il Califfato contro i Curdi, il concetto di vita
dell'universo, l'entropia, la denuncia della banalizzazione del
concetto di tragedia.
Quindi
il sesso, la cui presenza permea il libro dall'inizio alla fine. Ho
trovato un solo paragrafo che ritengo eccessivo, per il resto le
particolareggiate descrizioni di atti sessuali riflettono quella che
è l'attuale e predominante tipologia di fruizione del sesso. Non c'è
erotismo, non è eccitante. La felice scelta del verbo zoomare,
che ho incontrato nel terzo capitolo, è rivelatoria in tal senso,
apocalittica. Tutto ciò che è normalmente nascosto, intimo,
segreto, viene offerto in fotogrammi macro. Cavità, orifizi, umori.
I contatti sono tra genitali non tra persone. Chi abbia anche solo
una conoscenza sommaria dell'universo sessuale online, senza arrivare
al mondo del web sommerso che, personalmente, ho avuto modo di
sondare per una ricerca giornalistica, non potrà che riconoscerne
una fedele narrazione, a mio parere persino edulcorata. Più che di
volgarità il libro è colmo di disincanto, è un libro triste che sa
di resa. Dove non si può far altro che ricondurre l'esistenza a quel
momento in cui siamo tutti uguali come dinanzi alla morte. In cui
perdiamo identità e desideriamo solo annullarci nella materia oscura
di un tratto intestinale, nella cecità della carne.
Il
disgusto provato da diversi lettori è prova dello stato di generale
e indotta anestesia, perché tale disgusto dovrebbe essere pregresso alla lettura di un testo come questo. Dovrebbe manifestarsi quotidianamente e determinare un fermo e concreto
rifiuto delle reiterate offese nei confronti
dell'essere umano, dell'intelligenza, dell'humanitas, del pianeta,
in sintesi della vita in tutte le sue manifestazioni.
Mi
rincresce non aver letto il libro prima di partecipare alla
presentazione: avrei chiesto a Giuseppe Conte conferma o meno della
mia analisi.
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giovedì 6 settembre 2018
CONSIGLI DI LETTURA 4
Tra i libri letti quest'estate:
- l'autobiografia in tre volumi di Elias Canetti - Adelphi
- Georg Buechner - Teatro- Adelphi
- Michael Brooks - L'astrologo quantistico - Bollati Boringhieri
- Oliver Sacks - Il fiume della coscienza - Biblioteca Adelphi
- G. Simenon - Betty - Adelphi
- H.G. Wells - I primi uomini sulla luna - Mursia
- Claudio Morandini - Le pietre - Exorma
- Jason Brennan - Contro la democrazia - Luiss
- l'autobiografia in tre volumi di Elias Canetti - Adelphi
- Georg Buechner - Teatro- Adelphi
- Michael Brooks - L'astrologo quantistico - Bollati Boringhieri
- Oliver Sacks - Il fiume della coscienza - Biblioteca Adelphi
- G. Simenon - Betty - Adelphi
- H.G. Wells - I primi uomini sulla luna - Mursia
- Claudio Morandini - Le pietre - Exorma
- Jason Brennan - Contro la democrazia - Luiss
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