@ZygmuntBauman1 @editorilaterza Bello trovare un'elegante sintesi di articoli che ho scritto negli ultimi anni. Spero vivamente che questo breve trattato sia letto diffusamente. Grazie. pic.twitter.com/92nNH6hswg
— barbara panelli (@barbarapanelli) 16 aprile 2019
martedì 16 aprile 2019
ULTIMI LIBRI LETTI (in ordine sparso)
- C. Henderson “Il libo degli esseri a malapena immaginabili” Adelphi
- A. Scurati “L'uomo del secolo” Bompiani
- R. Rucker “La quarta dimensione” Adelphi
- E. Canetti ”Massa e potere” Adelphi
- B. Kingsolver “La collina delle farfalle” Neri Pozza
- M. Magliani “Prima che te lo dicano altri” Chiarelettere
- C. Rovelli “L'odine del tempo” Adelphi
- B. Milanovic “Ingiustizia globale” Luiss
- Z. Bauman "Oltre le nazioni" Laterza
Di prossima lettura:
- J. Coe “Middle England” Feltrinelli
- R. Giannitrapani “Un labirinto incerto” Mondadori
- D. Pilling “L'illusione della crescita” Il Saggiatore
- U. Eco “Migrazioni e intolleranza” La nave di Teseo
- O. Bauer “La questione nazionale” Editori Riuniti
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Zygmunt Bauman
lunedì 18 marzo 2019
A CHE SERVE?
A cosa serve che io continui a studiare? A cosa serve ciò che imparo? A cosa servono questi decenni trascorsi con l'intento di
lasciare qualcosa di buono per chi verrà? Come instillare la voglia
di comprendere al di là delle apparenze? Come trasmettere
l'attenzione di una vita? Come far nascere in chi ad essa si affaccia
il desiderio di dare un senso propositivo e lungimirante alla propria
esistenza? A cosa è servito il credere fortemente nell'essere umano,
se oggi tutto va in malora e l'ignoranza, arrogante o ridanciana che
sia, dilaga? Se l'involuzione mentale è direttamente proporzionale all'innovazione tecnologica?
A cosa serve sapere del
destino degli altri? A cosa serve portare il carico dell'altrui
sofferenza e ogni giorno restare sepolti da notizie che in luoghi
diversi e con dinamiche diverse raccontano la medesima storia?
Sapere ad esempio di
villaggi avvelenati da sversamenti criminali. O della vita che
aspetta i keniani che tornano al loro Paese dopo aver fatto parte del
gruppo Al Shabaab somalo. O della morte dei bambini filippini per una
profilassi sbagliata voluta dal loro governo. O degli intrallazzi di
questo o quel governo.
Dell'assassinio
sistematico di chi denuncia corruzione e abusi. Della disperazione di
chi non avrà mai giustizia. Dello strazio di chi è stato mutilato
nel corpo e nell'anima. A cosa serve cogliere lo sguardo smarrito di
chi vaga tra rovine di incendi, bombe, frane, alluvioni, terremoti?
Di chi è lacerato dalla solitudine. Di chi, magari a distanza di
pianerottolo, fatica a mettere in tavola un pasto. A cosa serve
riconoscere la stanchezza di chi cede? Il vuoto d'espressione di chi
è stato deprivato della fanciullezza? Di chi è stato trasformato in
merce. Di quest'umanità in sovrannumero che vaga senza meta.
Questi volti che escono
dalla carta stampata, per ognuno dei quali migliaia restano nel limbo
di una distanza inenarrabile. Corpi, persone che esistono,
sconosciute, dolenti, che vivono vite remote. Donne, ragazze,
bambine, uomini, ragazzi, bambini. Lineamenti e occhi. Massa infinita
d'anime che si estingue senza sfiorare la vita.
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domenica 17 marzo 2019
FRIDAYSFORFUTURE IMPERIA 15 MARZO 2019
- Oh, raga... io c'ho la boccia di vino!
- ... palle oggi venire a scuola senza macchina.
- Sai che figo se ne fanno una alla settimana di 'ste cose del clima?
- Ci stanno pure dei vecchi.
- Marina dov'é? Già con gli altri per l'ape?
- Ce ne andiamo al bar?
- Il prof ha detto che a lui non gli frega un cazzo.
- Hai visto il video che ha messo Marco? L'ha scaricato da...
- Non c'è manco figa
- Una mi ha detto di leggere un libro, non so cosa, ma fuori fuori, eh...
...........
- ... palle oggi venire a scuola senza macchina.
- Sai che figo se ne fanno una alla settimana di 'ste cose del clima?
- Ci stanno pure dei vecchi.
- Marina dov'é? Già con gli altri per l'ape?
- Ce ne andiamo al bar?
- Il prof ha detto che a lui non gli frega un cazzo.
- Hai visto il video che ha messo Marco? L'ha scaricato da...
- Non c'è manco figa
- Una mi ha detto di leggere un libro, non so cosa, ma fuori fuori, eh...
...........
Non è un dialogo, sono frasi colte vagando in Piazza Roma tra i ragazzi presenti alla scarna manifestazione di ieri a Imperia.
Non ne ho visto uno chinarsi a raccogliere una bottiglietta di plastica, una lattina, una cartaccia. Le ho raccolte io tra i loro piedi. Si sono scostati, nient'altro.
Non generalizzo ma è desolante.
I più piccini, delle elementari, avevano una luce diversa negli occhi. Tra convinzione e smarrimento. Come se pensassero. Noi l'abbiamo capito che è un problema grave, vogliamo veramente fare qualcosa per il pianeta ma siamo piccoli e non possiamo fare granché. Abbiamo fatto dei cartelli, ci siamo messi d'impegno, ma per fortuna ci saranno quelli più grandi che faranno di più, che ci indicheranno la via.
Addossati al muro dell'edificio scolastico con i loro manufatti in bella mostra, guardavano attorno con aria smarrita e un poco perplessa. Secondo me si aspettavano altro.
Se non si riesce a mettere un seme nel loro cuore e nel loro cervello entro il decimo anno d'età, o poco oltre, non ci sono speranze. Ma chi deve metterlo? Genitori distratti e insegnanti privi di vocazione? Anche qui non generalizzo ma la conta dei buoni e dei cattivi non è a favore.
Incrocio lo sguardo di un ragazzino biondo con un cartello, mi sorride e tira su il pollice. Scatto una foto. Ne scatto altre, seguendo il corteo dei più grandi, poi le cancello.
Ritorno verso casa triste. Lungo il percorso ritrovo su una panchina la coppietta che avevo visto arrivare mentre andavo verso la manifestazione. Avevo pensato: approfittano della mattinata senza scuola per stare un po' insieme. Ritrovandoli ancora intenti a parlare all'ombra degli alberi, un po' di tristezza si scioglie. E scatto un'altra foto.
martedì 5 marzo 2019
Letter to @GretaThunberg and to the young people of the #FridaysForFuture JUST A COPY MACHINE
I'm writing these lines to tell you a
story and to ask you to always have confidence in yourselves.
(I apologize but I don't
know English and I translated my letter with the help of an online
translator. I could have asked someone to correct the translation, but I wrote it
instinctively and wanted to send it right away. I think you'll
understand the meaning. Thank you for everything you do. )
My name is Barbara and I
write poetry. In the early '70s, I was in primary school. In a
difficult historical period in which the bourgeois respectability
dominated, I was lucky to have a very good teacher who followed the
Montessori method and who strongly believed in the ability of
children to understand and process problems. She thought it was wrong
to treat them like incapables and keep them in the dark. She always
said that if a child asks a question, it's because he can understand
the answer. Most adults believe the opposite. Adults avoid certain
questions, or give sweetened and stupid answers, justifying
themselves with the excuse that children and young people are too
young and naive to understand. Some
themes are considered too complex or too hard, so it is better to
avoid them to protect innocence and serenity. My teacher said that
the reasons for this reticence are different. Often adults have no
answers worthy of the name or, if they had them, they have lost them
in the course of their lives. Other times, however, they are
embarrassed, because they have answers that they are ashamed of and
that they would not know how to motivate in the face of the rigorous
and stringent logic of a child.
Why are there people
starving to death? Because
there's not enough food for everyone.
But in the supermarket
where we do our shopping there is a lot of food...
They don't have the money to buy it.
And why don't they
have the money? Because they
don't work.
Why don't they work?
Because there's no work for everyone.
But if you don't eat
you die, it's not right that someone can buy food and someone can't.
It's
complicated, you'll understand when you grow up.
This
is the only sentence that adults can get the better of in comparison.
Really sad. I wonder if at least they feel small and mean.
My
teacher, instead, talked to us, children of seven, eight, nine, ten
years, about hunger, thirst, war, torture, injustice, animal testing,
and, ahead of time, about hoarding of resources, access to resources,
environment, pollution, oil, biodiversity, food sophistication, and
about all those negative aspects that stood alongside the myth, very
strong at that time, of an imminent technological progress that would
bring well-being to an ever-growing number of people, until the
moment when there would no longer be poverty, hunger, disease or
injustice. A future in which wisdom would prevail, in which there
would be factories that did not pollute and the rivers would return
clear and rich in life. He put us face to face with the problems to
offer us, minds not yet contaminated by compromise, resignation, and
habit, the mental disposition to elaborate intelligent,
forward-looking and ethical ways and strategies. It is not possible,
she claimed, to find valid solutions to problems starting from the
same mental form that those problems created. I later found out that
she was quoting Einstein. She was a pioneer deeply convinced of the
importance of teaching: she considered it a mission and did not fear
the complaints of our parents. She wanted to make people aware. He
wanted to provide tools. She repeated: you must always ask yourself
the reason of everything, you must doubt, you must go and see with
your own eyes, you must seek the truth, find the connections, the
connections between things, you must find the lowest common
denominator, the hidden red thread. You always have to ask yourself
Cui prodest? Who
gets the most out of it?
You
don't have to be content with what they say, especially if you feel
that something is not right. You must use your brain and put your
heart into it, without ever being afraid. Because life is too short
to be afraid.
We
children, all with a few exceptions, were infected by so much passion
and we were obviously and rightly convinced that, in addition to the
greed, to the profit, to the desire to have power, all aspects of the
human soul of which we had already made a clear idea despite our
tender age, the main cause of all problems was the ignorance, not
knowing things. It would have been enough to eliminate it. We would
have helped to spread awareness, we would have done information, we
would have talked to all the people we would have met. We would
reveal the causes of all evil as we identified them.
A
small group of us, coordinated by me, Luca, and Andrea, took action
in this direction. We, too, dropped out of school to make our voices
heard. We started in primary school and continued in secondary school
until we were thirteen, when our common schooling ceased. Then
everyone went their own way. Many over the years have allowed
themselves to be corrupted or, simply, have surrendered to the
dominant current, the one educated on the basis of the cult of
progress and of infinite development, a generation convinced that the
next ones would automatically be better than theirs. Some of the most
tenacious have managed to do something, others with less luck and
means have paid dearly for their integrity.
We
went through the streets of the city with hundreds of leaflets
anytime dedicated to a different theme, we stopped people and tried
to sensitize them in the hope that they, the adults, who had the
means and the opportunity to act, would also and especially act in
our name, in the name of the children. At our disposal, I repeat,
were the early '70s, we had only one copy machine. That's the thing.
Our ideals, our desire to fight for them, our commitment, had as only
tool available a copy machine. I think, with pain and frustration,
that if then, we of that school and many others that we did not know
but that certainly were in the world, we had had the tools that you
have today, maybe today you would not find on your shoulders a
problem so big and complex. The ideal of progress has been betrayed.
Greed and dishonesty have prevailed and the problems have become
bigger and more complicated by interfacing with each other. And
everything is progressing on this negative slope with exponential
acceleration. I apologize for us not being able to do more. All we
had was paper, pen and heart. In high school and college, no
computers, no internet. The world of connection has come when we were
already in our adult years. We've been fighting battles with letters
and stamps. Now that I am old I look to you with emotion and I would
like to be able to pass on my experiences, my thoughts, my readings,
to facilitate you, to give you time. Because it's time you need and
time is running out.
Today
you have a unique tool that is allowing you to join, so use it and be
grateful for this but do not rely on it alone. Do not trust the sense
of closeness that it brings you. It is and remains only a tool,
although certainly more effective than a copy machine. Your true
weapon are your convictions. Study, read, learn from as many sources
as possible, take over the policy. Don't let yourself be seduced or
satisfied by the beautiful emotion of finding yourself in the streets
and squares together. It's not enough. Time is running fast. It only
takes a moment to harness and control the impetus and the energy that
now animat you. You must be faster than that moment. It takes a
method and a determination individual in addiction to the collective
ones. It takes the strength of your ideas, which are not
questionable. They are right ideas, objective, absolute. Never let
yourself be persuaded otherwise. Stop the falsification that repeats
that our way of life corresponds to modernity, to progress, and it is
the only possible one. That our way of life is non-negotiable. Destroy the infamous mechanism that makes your
life a means to other people's ends. A unique and unrepeatable life
that once lost will be so for eternity.
You
must fight for a global and inclusive policy, one that is above the
quarrels of the sovereign States, above the differences of the
parties, and that does not allow anyone the possibility of vetoing
the important decisions that concern the res publica, namely the ball
of earth, water and air on which we are. We must stop acting in
watertight compartments: we need a single, global strategy. No State
is able to do this on its own and, in any case, no ruler seems
serious about making a far-sighted commitment. Thinking and
implementing an effective strategy for the protection of the planet
is necessarily the first step. It would automatically reduce poverty,
disease, injustice and abuse. It's an unequal battle: you're just
kids against strong powers that would scare anyone but the many bad people are starting to be very old, old, or almost old and will finally die
while you're young and have your life ahead, your generation will
replace them. If you increase in number, if you take this challenge
seriously and honestly, if you stand firm, you will prevail and
prevent them from passing the baton.
To
those who snub you, who look at you sufficiently, to those who mock
you, who deny the evidence, to those who tell you that all is
useless, to those who flatter you by assuring you that things have
always been resolved by themselves and will be resolved again this
time, to those who will try to corrupt you, to those interested only
in status symbols, to all of them you just have to say that nothing
matters, that they are not men, that they are not people, that you
are not interested in dealing with mediocrity, blindness, and
superficility. To women of such a fact you say that they are unworthy
of possessing the ability to give life and that evidently they
reproduce on whim and selfishness, to men you say that they lack
virility. Nothing else. Those who do not understand obvious things
must be helped, but those who persist in denying the evidence must
know your judgment, because a man to be able to call himself such
must feel responsible and committed. Even if he doesn't see the
result of his actions. There is an intergenerational responsibility.
Those who escape from it are mediocre and useless. Tell them they're
ridiculous and not at all credible. Tell this to ordinary people and
to summit organizers, with their postponing for decades actions that
should have been in place long ago. We see how they behave and we
hear what they say when problems occur that are difficult to deal
with: they call them emergencies. But they're not emergencies. These
are the very predictable consequences of what has not been addressed
in due course. In order for problems not to manifest themselves in
the future, they must be solved in the present.
For
the first time in human history, the choices we make will determine
the destiny of all living beings. Talking about civilization and
ethics at this point only makes sense by honestly and pragmatically
considering the protection of the environment. We need to rethink
this all over again. Industry, agriculture, animal husbandry, trade,
resource management, construction, urban planning, communications,
mobility of people and goods,... There's no sector left out. A huge
commitment awaits you but if you do not lose your determination and
lucidity, if you do not give up after the initial enthusiasm, then
perhaps you will succeed and in the history books of the future, you
will be talked about as those who have saved the world.
SOLO UNA FOTOCOPIATRICE
Ragazzi del #FridaysForFuture, vi
scrivo queste righe per raccontarvi una storia e per pregarvi di non perdere mai la fiducia in voi stessi.
Mi chiamo Barbara e
scrivo poesie. Nei primi anni '70 frequentavo le scuole elementari.
In un periodo storico non facile e in cui dominava il perbenismo, ho
avuto la fortuna di avere una maestra bravissima che seguiva il
metodo Montessori e che credeva fortemente nella capacità dei
bambini di comprendere ed elaborare i problemi. Riteneva sbagliato
trattarli come incapaci e tenerli all'oscuro delle cose. Diceva
sempre che se un bambino fa una domanda è perché è in grado di
comprenderne la risposta. Invece la maggior parte degli adulti è
convinta del contrario. Gli adulti evitano certe domande, o danno
risposte edulcorate e stupide, giustificandosi con la scusa che
bambini e ragazzi sono troppo piccoli e ingenui per capire. Alcuni
temi vengono considerati troppo complessi o troppo duri, quindi
meglio evitarli per proteggere innocenza e serenità. La mia maestra
sosteneva che i motivi di tale reticenza sono altri. Spesso gli
adulti non hanno risposte degne di questo nome o, se le avevano, le
hanno smarrite nel corso della vita. Altre volte, invece, sono in
imbarazzo, perché hanno risposte di cui si vergognano e che non
saprebbero motivare di fronte alla logica rigorosa e stringente di un
bambino. Perché ci sono persone che muoiono di fame? Perché non c'è
abbastanza cibo per tutti. Ma nel supermercato dove facciamo la spesa
c'è un sacco di cibo... Non hanno i soldi per comprarlo. E perché
non hanno i soldi? Perché non lavorano. E perché non lavorano?
Perché non c'è lavoro per tutti. Ma se non si mangia si muore, non
è giusto che qualcuno può comprarsi da mangiare e qualcuno no. È
complicato, lo capirai quando sarai grande. Questa è l'unica frase
con cui gli adulti riescono ad avere la meglio nel confronto.
Veramente triste. Mi chiedo se almeno si sentono piccoli e meschini.
La
mia maestra, invece, parlava a noi bambinetti di sette, otto, nove,
dieci anni, di fame, di sete, di guerre, di torture, di ingiustizie,
di sperimentazione animale, e, in anticipo sui tempi, di
accaparramento delle risorse, di accesso alle risorse, di ambiente,
di inquinamento, di petrolio, di biodiversità, di sofisticazione
alimentare, e di tutti quegli aspetti negativi che stavano a fianco del mito, all'epoca fortissimo, di un imminente progresso tecnologico
che avrebbe portato il benessere a un numero sempre crescente di
persone, fino al momento in cui non sarebbero più esistiti né
povertà, né fame, né malattie, né ingiustizie. Un futuro in cui
la saggezza avrebbe prevalso, in cui ci sarebbero state fabbriche che
non inquinavano e i fiumi sarebbero tornati limpidi e ricchi di vita.
Ci metteva faccia a faccia con i problemi per offrire a noi, menti
non ancora contaminate dal compromesso, dalla rassegnazione, e
dall'abitudine, la disposizione mentale per imparare a elaborare modi
e strategie intelligenti, lungimiranti, ed etiche. Non è possibile,
sosteneva, trovare valide soluzioni ai problemi partendo dalla stessa
forma mentale che quei problemi ha creato. Ho scoperto in seguito che
stava citando Einstein. Era una pioniera profondamente convinta
dell'importanza dell'insegnamento: lo considerava una missione e non
temeva le lamentele dei genitori. Voleva formare delle persone
consapevoli. Voleva fornire strumenti. Ripeteva: dovete sempre
chiedervi il perché di tutto, dovete dubitare, dovete andare a
vedere con i vostri occhi, dovete cercare la verità, trovare i
collegamenti, le connessioni tra le cose, trovare il minimo comun
denominatore, il filo rosso nascosto. Dovete sempre chiedervi Cui
prodest? Non dovete
accontentarvi di quello che vi dicono, soprattutto se percepite che
qualcosa non quadra. Dovete usare il cervello e metterci il cuore,
senza avere mai paura. Perché la vita è troppo breve per avere
paura.
Noi
bambini, tutti a parte poche eccezioni, eravamo contagiati da tanta
passione ed eravamo ovviamente e giustamente convinti che, oltre
all'avidità, al lucro, al desiderio di potere, tutti aspetti
dell'animo umano di cui ci eravamo già fatti una chiara idea
nonostante la nostra tenera età, la principale causa di tutti i
problemi fosse l'ignoranza, il non sapere le cose. Sarebbe bastato
rimediare ad essa. Noi avremmo contribuito a diffondere la
consapevolezza, avremmo fatto informazione, avremmo parlato con tutte
le persone che avremmo incontrato. Avremmo rivelato le cause di ogni
male man mano che le avessimo individuate.
Un
gruppetto di noi alunni, coordinati da me, Luca, e Andrea, si attivò
in tal senso. Anche noi marinammo la scuola per far sentire la nostra
voce. Iniziammo alle elementari e proseguimmo nelle medie, fino ai
tredici anni, quando il nostro comune percorso scolare cessò. Poi
ognuno andò per la propria strada. Molti negli anni si sono lasciati
corrompere o, semplicemente, si sono arresi alla corrente dominante,
quella educata in base al culto del progresso e dello sviluppo
infinito, una generazione convinta che quelle successive sarebbero
state automaticamente meglio della loro. Tra i più tenaci alcuni
sono riusciti a fare qualcosa, altri con meno fortuna e mezzi hanno
pagato caro per la propria integrità.
Andavamo
per le strade della città con centinaia di volantini dedicati di
volta in volta a un tema diverso, fermavamo le persone e cercavamo di
sensibilizzarle nella speranza che loro, gli adulti, che avevano i
mezzi e la possibilità di agire, avrebbero agito anche e sopratutto
in nostro nome, nel nome dei figli. A nostra disposizione, lo ripeto,
erano i primi anni '70, avevamo solo una fotocopiatrice. Questo è il
punto. I nostri ideali, il nostro desiderio di combattere per essi,
il nostro impegno, avevano come unico strumento a disposizione una
fotocopiatrice. Penso, con dolore e frustrazione, che se allora, noi
di quella scuola e tanti altri che non abbiamo conosciuto ma che di
sicuro c'erano nel mondo, avessimo avuto gli strumenti che voi avete
oggi, forse oggi voi non vi trovereste sulle spalle un problema così
grande e complesso. L'ideale del progresso è stato tradito.
L'avidità e la disonestà hanno avuto la meglio e i problemi si sono
ingigantiti e sono diventati più complicati interfacciandosi l'un
l'altro. E tutto procede su questa china negativa con
un'accelerazione esponenziale. Vi chiedo scusa per non essere noi
riusciti a fare di più. Avevamo solo carta, penna e cuore. Ai tempi
del liceo e dell'università niente computer, niente internet. Il
mondo della connessione è arrivato in età adulta. Abbiamo
combattuto battaglie con lettere e francobolli. Ora che sono vecchia
guardo a voi con emozione e vorrei potervi trasmettere le mie
esperienze, i miei pensieri, le mie letture, per agevolarvi, per
regalarvi del tempo. Perché è di tempo che avete bisogno e il tempo
stringe.
Voi
oggi avete uno strumento unico che vi sta permettendo di unirvi,
usatelo dunque e siate grati per questo ma non affidatevi solo ad
esso. Non fidatevi del senso di vicinanza che vi procura. Esso è e
rimane solo uno strumento, anche se certo più efficace di una
fotocopiatrice. La vostra vera arma sono le vostre convinzioni.
Studiate, leggete, documentatevi da più fonti possibili,
appropriatevi della politica. Non lasciatevi sedurre o appagare
dall'emozione bellissima di ritrovarvi per le strade e per le piazze
insieme. Non basta, non è sufficiente. Il tempo scorre veloce. Lo
slancio e l'energia che ora vi animano ci vuole un attimo a
imbrigliarle e controllarle. Voi dovete essere più veloci di
quell'attimo. Ci vogliono metodo e determinazione individuali. Ci
vuole la forza delle vostre idee, che non sono opinabili. Sono idee
giuste, oggettive, assolute. Non lasciatevi mai persuadere del
contrario. Smantellate la falsificazione che ripete che il nostro
modo di vivere corrisponde alla modernità, al progresso, ed è
l'unico possibile. Che il nostro stile di vita non è negoziabile. Distruggete l'infame meccanismo che rende la
vostra vita un mezzo per fini altrui. Una vita unica e irripetibile
che una volta perduta lo sarà per l'eternità.
Dovete
lottare per una politica mondiale e inclusiva, che sia al disopra
delle beghe degli Stati sovrani, sopra le divergenze dei partiti, e
che non conceda a nessuno la possibilità di veto sulle decisioni
importanti che riguardano la res publica, e cioè la palla di terra,
acqua e aria su cui siamo. Bisogna smettere di agire a compartimenti
stagno: è necessaria una strategia unica e globale. Nessuno Stato è
in grado di fare ciò autonomamente e, in ogni caso, nessun
governante pare seriamente intenzionato a impegnarsi con
lungimiranza. Pensare e realizzare un'efficace strategia per la
salvaguardia del pianeta è obbligatoriamente il primo passo. Si
ridurrebbero automaticamente povertà, malattie, ingiustizie, abusi.
Si tratta di una battaglia impari: siete solo dei ragazzini contro
dei poteri forti che spaventerebbero chiunque ma i cattivi iniziano a
essere molto vecchi, vecchi, o quasi vecchi e una buona volta
moriranno mentre voi siete giovani e avete la vita davanti, la vostra
generazione sostituirà la loro. Se aumenterete di numero, se
affronterete con serietà e onestà questa sfida, se terrete duro
avrete la meglio e impedirete loro di passare il testimone.
A
quelli che vi snobbano, che vi guardano con sufficienza, a quelli che
vi deridono, che negano l'evidenza, a quelli che vi dicono che tanto
è inutile, a quelli che vi blandiscono assicurandovi che le cose si
sono sempre risolte da sole e si risolveranno anche questa volta, a
quelli che cercheranno di corrompervi, a quelli interessati solo agli
status symbol, a tutti costoro dovete solo dire che non contano
nulla, che non sono uomini, che non sono persone, che non vi
interessa rapportarvi con la mediocrità, con la cecità, e con il
pressapochismo. Alle donne di tal fatta dite che sono indegne di
possedere la capacità di dare la vita e che evidentemente si
riproducono per capriccio e per egoismo, agli uomini dite che mancano
di virilità. Niente altro. Chi non capisce cose ovvie va aiutato, ma
chi si ostina a negare l'evidenza deve conoscere il vostro giudizio,
perché un uomo per potersi definire tale deve sentirsi responsabile
e impegnarsi. Anche se non vedrà il risultato del proprio agire.
Esiste una responsabilità intergenerazionale. Chi si sottrae ad essa
è mediocre e inutile. Dite a costoro che sono ridicoli e poco
credibili. Ditelo alle persone comuni e agli organizzatori di summit,
con il loro posticipare di decenni azioni che avrebbero già dovuto
essere in atto da un pezzo. Lo vediamo come si comportano e sentiamo
cosa dicono quando si verificano dei problemi difficili da
affrontare: li chiamano emergenze. Ma non sono emergenze. Sono le
conseguenze prevedibilissime di ciò che non si è affrontato a tempo
debito. Perché i problemi non si manifestino nel futuro vanno
risolti nel presente.
Per
la prima volta nella storia dell'umanità dalle scelte che faremo
dipenderà il destino di tutti gli esseri viventi. Parlare di civiltà
e di etica a questo punto ha senso solo prendendo in considerazione
onestamente e pragmaticamente la salvaguardia dell'ambiente. Bisogna
ripensare tutto quanto daccapo. L'industria, l'agricoltura, gli
allevamenti, il commercio, la gestione delle risorse, l'edilizia,
l'urbanistica, le vie di comunicazione, la mobilità di persone e
merci... Non c'è un settore che resti fuori. Un impegno immane vi
aspetta ma se non perderete la grinta e la lucidità, se non
mollerete dopo gli entusiasmi iniziali, allora forse ce la farete e
nei libri di storia del futuro, si parlerà di voi come di coloro che
avranno salvato il mondo.
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mercoledì 13 febbraio 2019
IL DESTINO DELLA PUTTANA
All'angolo del Vico
dell'amor perfetto, su piazza delle Vigne a Genova, riconosco
Carmela, prostituta da tutta una vita. A neanche un metro un
crocicchio di africani. Dall'accento capisco che non sono senegalesi.
L'ultima volta che sono stata da queste parti erano senegalesi. Mi
avvicino e la chiamo per nome. Si volta e leggo nello sguardo il
classico, ti ho già vista ma non so chi sei. Sono un amica di
Maurizio, - le dico - mi ha pregato, se ti avessi incontrata, di
portarti i suoi saluti. Lei esita qualche secondo poi fa mente locale
e mi chiede come sta. Le racconto che sta abbastanza bene e che ha
trovato un po' di lavoro dalle parti di Imperia. Tempo addietro aveva
lavorato per qualche mese in via San Luca e aveva stretto amicizia
con alcune signorine, come le chiama lui. Al mattino faceva colazione
in un bar e comprava la colazione per tutte loro. La sera, a termine
giornata, passava a salutarle e a scambiare quattro chiacchiere.
Carmela sorride e dice che è contenta per lui. Poi mi racconta che
la vita è sempre più difficile nei vicoli. Questi - mi confida –
sono più pericolosi. Se ho decifrato correttamente il suo racconto
in un italiano straniero e biascicato, la maggior parte sono ex
bambini soldato. Insensibili e incattiviti. Li guardo. Un paio sono
pieni fino agli occhi di droga. Alcuni si fanno i fatti loro, un
altro paio ci tiene d'occhio. Mi si stringe il cuore. Non vedo uomini
pericolosi. Vedo i figli che quest'umanità imperfetta ha partorito.
Tutti gli errori commessi presentano il conto. Se si costruiscono
inferni, prima o poi si rischia di trovarcisi impantanati. Sono così
vicini e così lontani questi giovani uomini. Con quale linguaggio
avvicinarsi? Detesto il tradimento di ciò cui ho creduto per tutta
la vita. Il senso di fallimento che provo. La rabbia verso chi è più
forte della giustizia. Non quella legale ma quella che determina la
giustezza del vivere. Sono io a essere lontana da loro.
Con tutte le difficoltà
e la precarietà della mia vita so di essere una privilegiata.
Cosa posso dire a questa
donna? Cosa posso raccontarle?
Le prendo la mano tra le
mie, la saluto, le auguro di star bene.
Mi allontano e raggiungo l'amica con cui sono con un
pensiero che si ripete nella testa. Le scelte, il merito, certo
c'entrano ma è solo
per caso, solo per l'aver avuto più di fortuna nella vita, che non
sono come lei in piedi tra i vicoli in attesa.
La mia amica mi fa una foto fuori dal bar delle Vigne nei pressi del Vico dell'amor perfetto.
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NOA
Il ristorante è
accogliente, la cucina buona. Con la mia amica ci siamo concesse due
giorni di vacanza a Genova, città che lei non conosce. La donna che
ci serve al tavolo ha un bel modo di porsi. È
cordiale e guarda dritto negli occhi. Dopo il secondo la mia amica mi
domanda se intendo mangiare anche il dolce. Sono sazia e rispondo che
non potrei mai farcela ad affrontare un boccone in più, inoltre non
amo particolarmente i dolci. Giusto a un bûnet
non saprei dire di no ma non corro rischi visto che si tratta di un
dolce delle Langhe e dubito lo servano in un'osteria di
Genova. Quando la donna si avvicina, la mia amica le chiede cosa c'è
di dolce e lei inizia l'elenco proprio con il bûnet.
Scoppiamo a ridere. Mi tocca ordinarlo. La donna è stupita della
nostra ilarità ed esita con aria interrogativa. Le spieghiamo la
faccenda e ride anche lei. Si crea un'intimità leggera e piacevole.
In quel momento il lavoro è tranquillo, per cui si intrattiene
qualche minuto con noi. Ci raccontiamo a vicenda chi siamo. Poche
parole, l'essenziale per presentarsi in modo informale. Parliamo
anche di lavoro. Lei è egiziana. Vive a Genova da dodici anni.
Separata, suo marito era violento, mantiene una figlia di undici
anni, che è stata operata al cuore pochi mesi fa. Lavora a chiamata
e non guadagna abbastanza per affittare una casa. Può permettersi
soltanto una stanza con il bagno in comune. Le domando dov'è sua
figlia mentre lei lavora. Mi spiega che esiste l'associazione delle
Vigne; volontari che aiutano chi è in difficoltà. Una famiglia di
italiani si occupa della ragazzina durante l'orario del lavoro. Poco
dopo mezzanotte la va a riprendere e tornano nella loro stanza. Dice
che la figlia dovrà subire un altro intervento ed è preoccupata
perché è veramente difficile tirare avanti. Lei non ha paura di
lavorare. Accetta tutti i lavori regolari che le propongono. Vuole
garantirle un avvenire diverso dal proprio. Vuole che studi e che un
marito, se lo vorrà, se lo possa scegliere. L'importante è poterla
curare. Sono fortunata che qui c'è il Gaslini, conclude. Durante
tutto il racconto ha sempre sorriso. Crede nella propria tenacia, e
che la vita possa essere migliore. Ha detto tutto lei, cosa
aggiungere? Solo rimediare a una dimenticanza iniziale.
Io mi chiamo Barbara, e
tu?
Noa, mi chiamo Noa.
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