domenica 25 settembre 2016

BIG BANG


Ricordo mio padre, frequentavo le medie, in una discussione sulla nascita dell’universo. Diceva che non può esistere un punto di inizio assoluto, in quanto presupporrebbe un “prima” in cui l’essere ancora non è e ciò è una contraddizione. Accomunava l’idea scientifica di un momento in cui tutto, per concentrazione estrema e calore, si sarebbe violentemente espanso, all'idea altrettanto poco plausibile della creazione. Prima ci dovrebbe essere il nulla, diceva, il non essere, ma il non essere appunto in quanto tale non è. All'epoca ritenni che il ragionamento filasse e ne sono profondamente e consapevolmente ancora persuasa.
Oggi leggo su Pagina99 un articolo che riprende la questione sulla scia di un dibattito nato negli ultimi anni in ambito accademico scientifico. Iniziano a essere parecchi i detrattori del modello Big Bang, detto anche “singolarità iniziale”, definizione di per sé eloquente. Alcuni cercano di mediare tra le attuali conoscenze sicuramente perfettibili, teoria delle stringhe, fisica quantistica, gravità, e via discorrendo, ma certo è che la strada è lunga e il percorso complesso.
Resto dell’idea che la logica abbia già fornito una risposta. Restano da definire termini e modalità.



Settembre 2016

sabato 24 settembre 2016

LAVARSI IN MARE

Per un problema idraulico non ho modo di fare la doccia in casa da due giorni. Siamo  a fine settembre e il clima, secondo me, è ancora mite anche se il mare ha già odore di mareggiate. Mi ci sono lavata nuotando e da due giorni giro in moto ancora nei miei vestitini estivi con i riccioli del sale e la pelle di alghe. Mai come in questi due giorni ho incrociato tanti sorrisi maschili. Evidentemente emano trasgressività in mezzo a quanti, la maggior parte, adattano l’abbigliamento in base alle date del calendario.

BAGNI FUORI STAGIONE

Da bambini non fa freddo. Il gioco e la gioia riscaldano. È quella parte di me ancora tredicenne che mi consente di fare il bagno a qualsiasi ora e in qualsiasi condizione climatica.

I LUNEDÌ AL SOLE


12 settembre, la stagione agli sgoccioli, il lavoro diminuisce. Me ne sono venuta sul molo di buon’ora, come per andare a lavorare. Al sole. Con un libro e le pinne. Mi viene in mente un bel film spagnolo di dieci, quindici anni fa, con Javier Bardem: “I lunedì al sole”. I protagonisti, disoccupati, anch'essi si ritrovavano il lunedì di buon’ora sul mole, al sole.


12 settembre 2016

LA PAZZIA

La pazzia viene dalla frustrazione. La pazzia viene dalla rabbia. La pazzia viene dal dolore.
Ci sono onde e odori. Suoni e situazioni. Ci sono cibi e digiuni. Ogni cosa ci nutre, ci prosciuga. Ogni cosa ci muta. Nel sangue, nella chimica. Le ghiandole inaridiscono, si seccano, o gonfie non prendono pause. Allora bisogna stimolare, in altri casi chetare.
Ma la pazzia viene dal dolore, Viene dalla rabbia. Dalla frustrazione.
Accettare che non esiste un comune linguaggio umano è un impresa vittoriosa per pochi. Per tutti gli altri restano negazione o pazzia.


Agosto 2016

martedì 30 agosto 2016

IL QUOTIDIANO AL BAR

Tra gli altri, alcuni buoni articoli su La Stampa di oggi 30 agosto.
Bello l’articolo di Gian Luigi Beccaria dedicato alla lingua italiana: “Dimentica l’antilingua e parla come mangi”. Viene segnalato anche il suo ultimo libro “L’italiano che resta. Le parole, le storie.” edizioni Einaudi.
Contenta di aver letto anche del documentario “Ombre dal fondo” di Domenico Quirico, buon giornalista di cui ho già consigliato il libro “Esodo”, insieme a Paola Piacenza, giornalista del Corriere della sera.
Interessante e da approfondire l’articolo sulle motivazioni della tacita coalizione tra Siria, Iraq e Turchia contro i curdi.

Infine, nella scelta di testi letterari rievocanti terremoti, scelgo quello in cui subito mi sono riconosciuta, di Lucio Anneo Seneca, e lo riporto nella foto che segue.





giovedì 25 agosto 2016

SUL MOLO

Uno braghette gialle, fisìco spesso
l'altro magro tatuato
entrambi cinquanta suonati
una donna inerte
di poco più giovane
una biondina
sotto i trenta
il figlio bambino del tipo tatuato

Man bassa di ricci. Almeno li mangiano. A decine, con ostentazione. Noi sì che siamo uomini veri che sanno sopravvivere nella natura.
Fanno man bassa anche del molo. Il tipo in braghette ha un tono che manco Mussolini.
Dice che nell'entroterra i paesi son tutti Cottolenghi. Si incociano tra loro, dice, basta vedere sull'elenco del telefono. Gli stessi cognomi. Han facce strette e brutte, dice.
Arriva sulla riva una famiglia con sedie pieghevoli e armamentario completo da ricreare un salotto.
Guarda che spastici, dice.
Arriva un'indiano che vende cocco. Non è simpatico e il cocco lo mette a due euro al pezzo.
Il tatuato, dammi quattro pezzi, dice. Sarebbero otto euro. L'indiano gliene chiede sei e aggiunge un secondo pezzo in omaggio per il bambino che si sta divorando il primo.
Il tatuato gli allunga tre euro e, in soldoni, gli intima di camminare. Al venditore non sta bene e chiede il dovuto. Gli viene risposto che deve ringraziare di prenderne tre. Allora l'indiano si riprende dal bambino il pezzo dato in omaggio.
Il tatuato gli urla ladro, lo minaccia, ti getto in mare, e gli va contro con fare aggressivo. Quello retrocede. Se lo spinge si fracassa sugli scogli.
Il molo è affollato. Nessuno interviene, tanto meno io. Per incredulità. Per stanchezza.
Me ne vergogno.
L'indiano se ne va. Una signora lo trattiene e gli dà due euro come mia nonna mi infilava complice qualche moneta in tasca per i dolciumi.
Bella figura di merda, esordisco.
Il tatuato si volta con l'espressione di chi ha trovato sostegno. Lo deludo. Non alludevo all'indiano.
Spero che almeno gli venga un solenne mal di pancia con tutti quei ricci.

Una mezz'ora dopo, una donna sui quaranta e un bambino sui sette, otto anni, arrivano in cima al molo. Sono tedeschi. Il figlio trova una bottiglia di plastica tra gli scogli e la getta in mare.
La madre lo riprende e gli intima di recuperarla, al punto da calarlo in mare. Il bambino frigna, allora lei lo tira fuori e con un legno, recuperato anch'esso tra gli scogli, riesce ad avvicinare la bottiglia e prenderla.
Si sa, i tedeschi sono avanti in queste cose, penso. Solo che la donna getta la bottiglia esattamente nel punto in cui il figlio l'aveva trovata.
Mi alzo con flemma ieratica, passo sui piedi alla donna, mi chino, allungo il braccio, raccolgo la bottiglia, la accartoccio, torno al mio posto e la infilo nella borsa. Senza una parola.
Ma come stai girata? Cosa ti dice il cervello? La capisci la gravità, le capisci le implicazioni di questo tuo apparentemente banale e insulso gesto del cazzo?

Considerato che non ho il potere di farli sparire, l'unica opzione che resta è che dobbiamo schiattare. Tutti. Con buona pace delle anime pure.

E no, non sono tollerante.


21.08.2016